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Per il subcontinente è una nuova pagina

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cambi di prospettiva

Per il subcontinente è una nuova pagina

La visita di Barack Obama a Cuba, che ha avviato un processo di graduale normalizzazione dei rapporti fra Washington e L’Avana dopo oltre mezzo secolo di aspri e insanabili contrasti, è avvenuta in una fase coincidente in America Latina con la fine di una lunga epoca segnata nella sua geografia politica dalla compresenza o dall’avvicendamento al potere di movimenti e regimi sia di estrema destra populista e autoritaria sia di estrema sinistra radical-rivoluzionaria.

Oggi che sono scomparsi anche gli ultimi retaggi del caudillismo, si sta assistendo all’epilogo, o comunque a un progressivo declino, tanto dell’ascendente esercitato da un tardo-giustizialismo di matrice peronista quanto dei teoremi di un “nuovo socialismo” concepiti dal chávismo e di un revival del mito bolivarista riproposto per una rivalsa in chiave marxisteggiante delle originarie matrici etniche indie. Quanto a ciò che resta del castrismo, nato da una rivoluzione comunista sui generis, esso sopravviverà per il momento, ma senza più i forti tratti distinitivi d’un tempo (dopo l’uscita di scena di Fidel, col suo personalissimo carisma) né con la stessa marcata ortodossia anti-imperialista: bensì in virtù, soprattutto, del suo orgoglioso spirito nazional-patriottico che ha aiutato Cuba a resistere alle pressioni della superpotenza americana. Anche se adesso Raul Castro dovrà allentare la morsa sui dissidenti interni per cercare di ottenere da Washington l’abolizione dell’embargo.

Sta di fatto che l’America Latina non tornerà più a essere un “cortile di casa” del potente “Fratello del Nord”. Sebbene gli Stati Uniti non mancheranno di far sentire la loro voce, non dovrebbe manifestarsi, anche nel caso dell’avvento alla Casa Bianca di Donald Trump, una reviviscenza di certe proiezioni egemoniche da parte degli Usa nel subcontinente americano.

Peraltro, un’autentica democrazia, sorretta da una cultura genuina della libertà e dei diritti civili, è ancora una pianta gracile in vari paesi latino-americani, dato che nelle viscere delle loro società persiste (come ha sottolineato più volte Mario Vargas Llosa) una forte carica di violenza e di sovversivismo, che costituisce un brodo di coltura per il sopravvento sia di una demagogia tribunizia sia di avventurosi pronunciamenti di marca golpista.

Anche per contribuire alla neutralizzazione di queste deleterie minacce e in considerazione dei molteplici legami storici del Vecchio Continente con l’emisfero occidentale, è auspicabile che la Ue provveda infine, nel suo insieme, a concepire e a mettere a punto una strategia efficace e coerente nei riguardi dell’America latina. Ciò che finora non è avvenuto.

Ma adesso s’impone l’esigenza, in funzione anche di una stabilizzazione degli equilibri geo-politici su scala mondiale, che la Comunità europea svolga un’azione collegiale, più consistente e incisiva, a sostegno dell’evoluzione democratica e della modernizzazione del subcontinente americano. A tal fine potrebbe valere un’opera concertata fra Bruxelles e i governi sudamericani, per una precipua valorizzazione, con reciproci vantaggi, del notevole patrimonio locale di materie prime e risorse energetiche.

Stiamo intanto assistendo a una crescente penetrazione della Cina (come accade già da tempo in Africa) anche nell’economia del subcontinente americano: tanto più dopo che gli Stati Uniti, non detenendo più il controllo diretto del Canale di Panama, hanno in pratica lasciato il posto alle banche di Pechino nel finanziamento del progetto di allargamento della via d’acqua che unisce l’Atlantico e il Pacifico.

A ogni buon conto, il governo italiano ha tutte le carte in regola, anche in virtù della presenza in America latina di tanti nostri immigrati di prima e seconda generazione giunti ad affermarsi in vari settori della vita economica e di quella pubblica, per promuovere e assecondare una politica sistematica di maggior partecipazione della Ue al processo di sviluppo economico e di consolidamento delle istituzioni democratiche in corso nell’emisfero occidentale.