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Sintetizzato in laboratorio il «batterio minimo»

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biotecnologie

Sintetizzato in laboratorio il «batterio minimo»

Reuters
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La vera o la più importante scoperta che il gruppo di Craig Venter ha fatto sintetizzando in laboratorio il primo organismo con il minimo numero di geni necessari per sopravvivere è che «le conoscenze attuali della biologia non sono sufficienti per sedersi a un tavolo, progettare un organismo vivente e costruirlo”. Infatti, Jcvi Syn3.0, che è il batterio costruito nei laboratori del J. Craig Venter Institute (Jcvi), il cui genoma è stato ridotto a un numero di 473 geni necessari e sufficienti per la sopravvivenza e la replicazione, deriva da un lavoro certosino per tentativo ed errore. I ricercatori guidati dallo scienziato e imprenditore, che nel 2010 avevano sintetizzato artificialmente il primo cromosoma batterico (Syn1.0), tentarono inizialmente di montare dal basso il genoma, cioè scegliendo i geni sulla base delle informazioni relative, per sintetizzare dei cromosomi artificiali da trasferire nella cellula di un batterio, privata dei suoi cromosomi.

Ma quell'approccio è fallito. E hanno dovuto procedere dividendo il genoma di Syn1.0 con i suoi 901 geni in 8 sezioni e quindi provando a togliere pezzi o a distruggere il funzionamento di geni, per capire quali fossero essenziali. Il risultato è un genoma con 531.000 basi (meno del più piccolo genoma naturale che ne ha 600mila, per 525 geni) – il nostro ne contiene 3 miliardi per 20mila geni circa. Un fatto interessante è che così procedendo si è visto che il batterio ha bisogno di un 30% di geni che ancora non si sa a cosa servono.
Cosa ci si potrà fare con il nuovo organismo creato da Venter & Co? Moltissimo, sia per quel che riguarda la ricerca di base, sia sul piano della applicazioni. La ricerca sulla vita artificiale mette ancora più in chiaro che la vita come la conosciamo oggi, noi inclusi, è il risultato di un processo evolutivo e che non c'è spazio scientifico per le teorie creazioniste. Non esiste un progetto da scoprire dietro alla vita e all'evoluzione. Inoltre, i metodi sviluppati per costruire genomi sintetici potranno essere usati per studiare altri genomi, molto più complessi e con molte più informazioni.

Capire come funziona la vita, ai livelli genetici e biochimici, è essenziale per qualunque applicazione. Questo è un fatto che si stenta a comprendere, ma che capisce bene un geniale imprenditore come Venter, che ha investito nel progetto 40milioni di dollari. Ora brevetterà Syn3.0 e commercializzerà un dispositivo biologico utile per innumerevoli usi. Si può, infatti, considerare questo primo genoma minimo artificiale una sorta di chassis, cioè una struttura portante essenziale, sulla quale si potranno montare diversi geni di interesse funzionale. Per esempio se si volesse creare un batterio disinquinante, oppure una batterio che sintetizza un nuovo farmaco, come nuovi antibiotici di cui abbiamo bisogno con urgenza, etc.

Queste ricerche sollevano quesiti morali, che però riflettono anche percezioni distorte dei rischi o credenze poco utili per capire i rischi autentici. Si dice che manipolando e creando la vita in laboratorio, l'uomo gioca a fare Dio. Ma qualunque cosa sia Dio, non c'è alcuna prova che abbia creato la vita, che è più verosimilmente il risultato di processi fisico-chimici e dell'evoluzione per selezione naturale. Questo fatto è corroborato anche dalle ricerche sui genomi minimi. Quindi l'uomo non può giocare a fare Dio e la paura delle novità è un'istanza conservatrice naturale della nostra specie, che per fortuna non ha prevalso altrimenti saremmo rimasti a prima dell'invenzione della ruota. Se queste tecnologie porteranno poi anche alla manipolazione dei genomi umani, non si vede davvero che male ne possa venire, dato che il primo e principale obiettivo sarà quello di curare gravissime malattie genetiche – e non è chiaro come si possa essere moralmente contro questo obiettivo – mentre non ci sono elementi di conoscenze e tecnologie al momento utili per realizzare gli scenari distopici che stimolano così tanto la fantasia dei bioeticisti.

Per quel che riguarda i rischi più plausibili, cioè che la nuova bestia sfugga al controllo o sia usata per creare nuove armi biologiche, sappiamo che non esiste attività umana esente da rischi, e nessuno mette fuorilegge le motociclette per il fatto che usarle è tra le attività umane più rischiose in assoluto nel mondo sviluppato. Né si è deciso di mettere al bando lo sviluppo degli aerei sapendo che potevano essere usati anche da kamikaze. Si possono utilizzare diversi sistemi per non consentire a quei batteri di sfuggire al controllo o essere usati in modo dannosi, ma è anche possibile che qualche problema sorgerà. Si tratta di fare un bilancio tra rischi e benefici. E, una volta studiata la questione, sarà facile capire che i vantaggi che possono venire dalla vita artificiale sono largamente superiori a qualunque svantaggio razionalmente immaginabile.

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