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L’inchiesta DEL SOLE 24 ORE

Così la holding monegasca Unaoil gestisce i maxi-appalti del petrolio in Iraq

Il ministro del Petrolio iracheno Abdul Kareem Luabi
Il ministro del Petrolio iracheno Abdul Kareem Luabi

Al numero 74 di Boulevard d'Italie, a Montecarlo, si trova una palazzina moderna di tre piani relativamente anonima. È la base operativa di una famiglia di origine iraniana. Padre e due figli. Gli Ahsani. Nei salotti del Principato sono conosciuti, ma fuori da quel ristretto circolo, che peraltro è lo stesso del principe Albert, pochi sanno chi siano. O cosa faccia esattamente la loro holding a conduzione familiare, la Unaoil.

Agli Ahsani è sempre andato bene così. Volando basso e sfuggendo ai radar, nel corso degli ultimi due decenni sono riusciti a costruire un portafoglio clienti che include grandi multinazionali attive nel più ricco e difficile settore al mondo, quello petrolifero. La formula del loro successo? In una brochure monegasca il pater familias, Ata Ashani, ha spiegato che «avendo esperienza in Paesi ritenuti ad alto rischio, abbiamo imparato ad apprezzare il valore di stabilità e accesso».

Dopo aver analizzato decine di migliaia di email della società monegasca, il team investigativo del gruppo editoriale australiano Fairfax Media ha invece raggiunto una conclusione ben diversa. «Unaoil ha operato per anni come stanza di compensazione di tangenti a cui, consapevolmente o meno, si sono appoggiate alcune delle maggiori società al mondo per ottenere appalti per un valore complessivo di svariati miliardi in Paesi che vanno dal Kazakhstan all'Iraq, dalla Siria all'Algeria, passando per Libia, Yemen, Emirati Arabi Uniti e Iran», ci spiega Nick McKenzie, giornalista di Fairfax Media. «La conseguenza è stata la stessa dappertutto: si è gonfiato il costo di grandi progetti industriali o infrastrutturali, impoverendo i cittadini e arricchendo un ristrettissimo circolo di funzionari pubblici o governativi».

Non è ancora chiaro se l'intenzione dei clienti di Unaoil fosse stata quella di ingaggiare un legittimo consulente o se fossero consapevoli che Unaoil aveva funzionari pubblici sul libro-paga, ma l'eventuale circonvenzione delle norme anti-corruzione da parte di società multinazionali non sarebbe certamente cosa nuova. Negli ultimi anni due colossi europei, la tedesca Siemens e la francese Alstom, sono stati condannati a multe astronomiche per aver sistematicamente distribuito tangenti in giro per il mondo. Entrambe le società si erano servite di una rete di intermediari con accesso ai decision maker locali quasi sempre ingaggiati per gestire un singolo progetto in un singolo Paese.

Gli Ahsani avrebbero invece invertito l'equazione, creando un singolo gruppo di consulenza con capacità di “accesso” in svariati Paesi che si è messo al servizio di multinazionali diverse. Spesso anche in competizione tra loro.
Il Sole 24 Ore ha contattato Unaoil per chiedere la sua risposta a queste accuse, ma la nostra richiesta non ha finora ricevuto alcuna replica.

Tra le tante società che si sono servite del gruppo Unaoil ci sono le americane Weatherford e Kbr, l'australiana Leighton Holding, la cinese Sinopec, le coreane Hyundai e Samsung, le britanniche Rolls-Royce e Petrofac, la tedesca Man Turbo e le italiane Saipem, Rosetti Marino e Valvitalia.

Nei messaggi di posta elettronica i funzionari iracheni sospettati di essere a libro paga di Unaoil sono solitamente identificati con nomi in codice - “Teacher”, “Lighthouse”, “Ivan”, o semplicemente “M” - ma in alcune delle email, gli autori si sono lasciati sfuggire informazioni che aiutano a identificare i funzionari di cui si parla. Da queste sviste si può dedurre che “Teacher” sia Hussein al-Shahristani, l'attuale ministro dell'Educazione, che dal 2006 al 2010 è stato Ministro del petrolio e dal 2010 al 2014 vice-primo ministro, e che “M” sia il suo successore al Ministero del petrolio Abdul Karim Luaibi. Il Sole 24 Ore ha inutilmente cercato di contattare i due funzionari in Iraq per avere una loro dichiarazione.

A identificare “Lighthouse” e “Ivan” sono invece stati gli stessi funzionari di Unaoil: si tratta di due altissimi dirigenti della compagnia petrolifera nazionale irachena South Oil Company (Soc), rispettivamente Dhia al-Mousawi (dal 2015 divenuto anche vice-ministro del petrolio) e Oday al-Quraishai.

Nelle loro comunicazioni elettroniche, gli uomini di Unaoil cercano di astenersi dal parlare apertamente di denaro per i funzionari pubblici iracheni. Viene piuttosto usato il termine in codice di “giorno (o giorni) di vacanza”. Secondo gli inquirenti, un giorno corrisponderebbe a un milione di dollari. E dai calcoli di McKenzie risulta che i funzionari pubblici iracheni avrebbero ricevuto un totale di almeno 25 milioni di dollari attraverso intermediari diversi.

La più evidente dimostrazione della spudoratezza e della potenza di fuoco di Unaoil in Iraq viene da una mail inviata dall'emissario di Unaoil in Iraq al capofamiglia Ata Ahsani. Ecco il testo: «In una chiacchierata che ho fatto stasera con Lighthouse è emerso che Tpic [società di petrolifera turca, Ndr] sta per vincere un ordine da $ 325 milioni per la perforazione di 45 pozzi nel sud dell'Iraq. Lighthouse dice che hanno fatto tutto alla luce del sole e che non è a conoscenza di alcun legame particolare con soggetti iracheni che li abbiano sponsorizzati. Ho chiesto a Lighthouse di bloccare tutto fin quando non gli do io l'ok a procedere. Ma dobbiamo muoverci con urgenza e contattare questa azienda per spiegare che Unaoil può rendere la sua vita molto più facile con il Ministero, la Soc, etc… Per favore fatemi sapere entro domani, perché Lighthouse sarà con me tutto il giorno e quindi saremo in grado di muoverci con prontezza su Tpic».
Nell'Iraq di Unaoil non c'era spazio per chi voleva competere senza aiutini.

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