L’idea a un primo sguardo può sembrare un vezzo: festeggiare i “50+1” dell’azienda. Ma dietro la scelta c’è un messaggio: si festeggia il passato, con il traguardo del mezzo secolo di attività, ma si guarda avanti. Vincenzo Boccia l’ha voluto dare con questo slogan nel 2012, nell’evento organizzato in azienda, a Salerno, tra le rotative all’avanguardia e i murales di nove writers che hanno reinterpretato la B del cognome. E si ritrova tra le righe del programma preparato per la corsa alla presidenza di Confindustria.
Quell’«ossessione per la crescita» che va a braccetto con la «nostalgia di futuro», messa a conclusione del testo. Di sè Boccia dice: «Sono abituato da sempre a ragionare anticipando. Non vedo l’ora di partecipare a questo futuro».
A guardare i numeri dell’azienda l’evoluzione si vede: oltre 54 milioni di investimenti negli ultimi cinque anni; un fatturato di oltre 40 milioni di euro, di cui oltre il 20% destinato all’export e che si è incrementato di oltre il 200% negli ultimi dieci anni; 160 dipendenti, aumentati dell’85% sempre nell’ultimo decennio; uffici in Francia, Germania, Danimarca e Libano; un piano strategico che punta a sviluppare i mercati esteri, oltre quello nazionale ed europeo.
La ricetta che Boccia ha sempre messo in pratica, sia quando, poco più che ragazzo (oggi ha 52 anni), è entrato alle Arti Grafiche Boccia, sia da amministratore delegato è che qualsiasi situazione si affronta investendo e innovando, processi e prodotti. È stata la scelta fatta di fronte alla crisi dell’editoria, è stata la reazione, sua e di tutta la famiglia, quando nel 1996 c’è stato un forte momento di difficoltà. In quell’occasione il padre, Orazio, Enzo, come viene chiamato, e il fratello, Maurizio (loro appena trentenni) decisero di vendere tutto, compresa la casa, di rinunciare ai compensi. «O ricchi pescatori o poveri marinai», rispondeva Orazio alla moglie quando veniva rimproverato di pensare solo all’azienda.
E questo hanno scelto tutti insieme: ci sono voluti sei anni per far riemergere l’azienda. Ma poi, dal 2001 al 2006, in un settore cresciuto in media dell’1% all’anno, la Arti Grafiche Boccia è riuscita a quadruplicare il fatturato, a diversificare l’attività anche nelle riviste periodiche specializzate, ad entrare nel segmento stampa per il settore agroalimentare e i quotidiani.
L’etichetta rossa della Ferrarelle, quelle di salse e marmellate, le stampe dell’Ikea piuttosto che i volantini di Carrefour, accanto a riviste che parlano di ville, di rock, album di figurine Panini. Il livello di fidelizzazione dei clienti è del 90 per cento. Nello stabilimento vicino Salerno, 25mila metri quadrati di superficie, ci sono impianti giganti all’avanguardia, Heidelberg, Komori, Cerutti. E AGB è stata tra le aziende selezionate da Intesa Sanpaolo per partecipare ad Expo 2015 all’interno dello spazio espositivo The Waterstone.
Traguardi significativi per una piccola tipografia fondata dal padre, cresciuto in un orfanatrofio di Salerno talmente duro che veniva chiamato il Serraglio. Dal padre ha imparato una lezione fondamentale: che l’anima imprenditoriale è un po’ come il coraggio, ce lo devi avere. Dagli anni dell’università, economia e commercio a Salerno, gli è rimasto un altro insegnamento: trasformare i vincoli in opportunità, come diceva un suo professore. Lo ha fatto da imprenditore, lo ha applicato nella sua attività associativa. Boccia, presidente designato di Confindustria, appena entrato in azienda non ci pensava ad iscriversi, per una sorta di soggezione.
Poi, spinto da un amico, è andato ad ascoltare un convegno dei Giovani, a Capri. E nel dibattito ha ritrovato i temi di tutti i giorni, l’attenzione alla realtà delle piccole imprese. Si è associato: Giovani, Piccola, prima locale, poi nazionale. Nel novembre del 2009 è diventato presidente della Piccola, dopo Giuseppe Morandini. È stato Boccia, nel 2010, dare il via alla Giornata nazionale delle Pmi, aprendo i cancelli delle aziende. Per mettere al centro la questione industriale, diffondere la cultura d’impresa. Temi affrontati accanto a quelli molto pratici del credito, dagli accordi per le moratorie all’impegno per rendere più forte la struttura finanziaria delle pmi. L’ossessione della crescita, appunto: «le piccole imprese devono diventare medie, le medie grandi, le grandi multinazionali».
Ama le citazioni Boccia: e ripete spesso una frase di Confucio che dice “chi è maestro dell’arte del vivere fa poca distinzione fra il proprio lavoro e il proprio gioco, la propria fatica e il proprio divertimento. Quasi non sa quali dei due perseguire, semplicemente ricerca il proprio ideale di eccellenza in tutto quello che fa, lasciando agli altri decidere se stia lavorando o giocando”. È sposato, con Gabriella, ed ha due figlie, Federica e Sara. Lo seguiranno in azienda? Si vedrà: «se avranno passione, faranno questo mestiere», ha risposto una volta Boccia. «Perchè un imprenditore che ha passione non ha più paura di nulla, nemmeno dell’impossibile».
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