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Zaha Hadid, gran dama dell’architettura emotiva

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Scenari

Zaha Hadid, gran dama dell’architettura emotiva

  • –Fulvio Irace

A Salerno l’aspettavano il 22 aprile per inaugurare la nuova stazione marittima progettata nel 2000 a seguito di un concorso internazionale che l’aveva vista vincitrice. È la quarta opera eseguita in Italia, insieme al Maxxi di Roma e alla torre di City Life nell’ex area della Fiera a Milano: la più piccola,( insieme al Museo Corones sulle alpi di Brunico) ma forse la più bella per la sinuosa silhouette che si infila nel molo della città come il profilo di una nave leggera.

Ma quella che doveva essere una festa, sarà una commemorazione perché, a soli 65 anni, la gran Dama dell’architettura internazionale si è spenta per un infarto all’ospedale di Miami dove era stata ricoverata per una bronchite.

Il suo talento era indiscutibile, come il suo temperamento difficile e battagliero, inevitabile strumento di attacco in un mondo, come quello dell’architettura, che rimane ancora terribilmente condizionato dalla cultura maschile.

Nata a Bagdad il 31 ottobre 1950 da una famiglia benestante, dopo gli studi di Matematica all’Università americana di Beirut,Zaha fa il passo decisivo della sua vita, trasferendosi a Londra che nel 1972 era forse l’unica città già globale in Europa. La sua scuola fu l’Architectural Association, autentica fucina di talenti stravaganti e creativi, come il suo amico e primo compagno di studi, Rem Koolhaas, non a caso come lei anticonformista globetrotter capace di trovarsi a proprio agio nelle più disparate situazioni politiche culturali. Fu nel 1983 il concorso per The Peak ad Hong Kong a segnalarla come astro nascente della nuova architettura: progetto teorico e d’avanguardia, ma proprio per questo in grado di segnare l’immaginario mondiale per le sue linee spezzate e ribelli, che lei associava alla pratica estetica della scrittura del suo Paese. Da allora la sua carriera è stata tutta in discesa: nel 2004 le viene assegnato il Pritker Price e nel 2016 la Riba Royal Gold Medal , per la prima volta assegnati a una donna, mentre nel 2008 Forbes l’ha inserita tra le 100 donne più famose del mondo.

La sua forza stava nel potere di trasformare l’architettura in un linguaggio di forte impatto emotivo : un vorticare organico di linee ondeggianti che sfruttano le tecniche più sofisticate del digitale per sovvertire i canoni tradizionali dell’architettura fatta di travi e pilastri.

Il Museo Messner Corones si incastra sulla vetta del monte e ne esce, come un serpente di montagna, sui lati esposti a valle, senza una sola linea retta, in modo da sembrare quasi un inserto naturale. Anche la Guangzhou Opera House, il Rosenthal Center for Contemporary Art di Cincinnati o il London Olympic Aquatic Centre- tra le sue opere più recenti e mediaticamente esposte – hanno la stessa facilità di movimenti e come il Maxxi a Roma propongono al pubblico un’esperienza dello spazio assai anticonvenzionale: nei suoi edifici infatti sono banditi stanze e corridoi. Tutto scorre fluido e senza intoppi, come se il cemento diventasse duttile e plasmabile sino ad assumere la parvenza di un nastro irrequieto.

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