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Terzo settore, la delega prova ad accelerare

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Terzo settore, la delega prova ad accelerare

La fine di marzo ha portato in dote al non profit la concreta prospettiva di veder approvata entro pochi mesi la riforma del Terzo settore. Il disegno di legge delega governativo, che aveva esordito due anni fa, dopo il sì dell’aula di palazzo Madama, avvenuto mercoledì scorso, deve ora ritornare in terza lettura alla Camera, dove è calendarizzato per maggio. È plausibile, considerato il lungo e faticoso processo di mediazione che ha portato al testo attuale, un passaggio più rapido dei precedenti. Ciò significherebbe da un lato il via libera definitivo entro l’estate, dall’altro una prevedibile accelerazione nella stesura dei decreti delegati, alcuni dei quali potrebbero entrare in vigore per fine anno.

Se questa tabella di marcia è realistica, si potrà segnare il 2016 come momento di svolta, dopo fasi alterne – le buone premesse del 2014, le complicazioni e i ritardi del 2015 – che non hanno fin qui consentito il giudizio d’insieme su un testo compiuto e assestato. Da oggi, se non altro, si può parlare di un corpus di disposizioni che, rompendo la trentennale tradizione delle leggi settoriali (volontariato, associazionismo di promozione sociale, Ong, impresa sociale e via elencando), identificano il Terzo settore come area di riferimento comune e la nuova legge come fonte normativa prevalente. Questa è, sotto il profilo politico, la novità più rilevante della riforma, come sottolinea il sottosegretario al Lavoro Luigi Bobba, principale artefice del testo e protagonista dell’iter parlamentare: «Siamo riusciti a dare una carta d’identità al Terzo settore, con una definizione unificante già nel primo articolo. Ora bisognerà arrivare a un Codice unico e questo sarà il compito specifico di uno dei decreti d’attuazione, ma nella delega l’impronta è precisa».

A questo argomento Bobba aggiunge anche una considerazione d’ordine finanziario, destinata a stoppare le polemiche di quanti hanno lamentato i rischi di una riforma a saldo zero. «Tra legge diSstabilità per il 2016, fondi di dotazione contemplati nel disegno di legge e fondo di garanzia a rotazione per le imprese sociali il non profit potrà contare su oltre 900 milioni di risorse», ricorda.

A proposito di risorse, il testo licenziato dal Senato prevede la nascita della Fondazione Italia Sociale, l’ente - prefigurato dal consigliere di palazzo Chigi, nonché finanziere e filantropo Vincenzo Manes - che si proporrà come catalizzatore di finanziamenti privati su progetti a elevato impatto sociale. «Non sarà una realtà sostitutiva o concorrenziale rispetto a quelle oggi operanti - assicura Bobba – ma, secondo gli esempi già esistenti all’estero, dove analoghe fondazioni nazionali di matrice pubblica hanno dato ottimi risultati, sarà un aggregatore, organizzatore e moltiplicatore di iniziative filantropiche».

Un altro capitolo chiave della riforma è quello sull’impresa sociale, dove si è fatto spazio al principio di una limitata possibilità di redistribuzione degli utili, da precisare ulteriormente in sede di decreto attuativo. Di segno positivo le prime valutazioni. Per Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà-Confcooperative e portavoce dell’Alleanza delle coop sociali, «l’allargamento dei settori di attività ammessi, la facoltà di attrarre capitali e finanziamenti “pazienti”, ossia a basso rendimento e a lungo termine, la semplificazione e la chiarezza delle procedure per acquisire la qualifica di impresa sociale sono segnali importanti».

«I cittadini – spiega Guerini – potranno così auto-organizzarsi, ad esempio per valorizzare i beni culturali e ambientali abbandonati con azioni di sviluppo locale, oppure per affrontare le nuove povertà con percorsi integrati di inclusione sociale e lavorativa, o ancora per progettare servizi domiciliari e residenziali per le famiglie che devono fronteggiare il fenomeno della non autosufficienza».

Tra le molte novità rilevanti, che meriteranno ovviamente una valutazione più dettagliata, non si può infine tralasciare il Servizio civile universale che, per le sue caratteristiche - flessibilità, apertura agli extracomunitari residenti, estensione all’ambito Ue, certificazione delle competenze – rappresenta un forte investimento sulle reti di coesione sociale e sulle giovani generazioni. Se i fondi pubblici lo consentiranno, l’obiettivo dei centomila posti per il 2017 può rivelarsi realizzabile.

elio.silva@ilsole24ore.com

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