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Azzardo greco e rischio tedesco per l’euro

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ristrutturazione del debito di atene

Azzardo greco e rischio tedesco per l’euro

È una storia vecchia quella della ristrutturazione del debito greco. Presto però potrebbe tornare a incendiare l’eurozona, con una nuova minaccia di default. Potrebbe, in un contesto europeo e generale diverso, oggi molto più fragile e denso di incognite per la modesta ripresa economica in atto, l’inflazione sotto zero, la disoccupazione in calo ma troppo alta, l’instabilità cronica del settore bancario, i molti interrogativi sulla dinamica dei paesi emergenti, per non parlare delle incertezze sull’esito delle presidenziali americane e relativa tenuta dei legami transatlantici.

Già l’estate scorsa, quando fu scongiurata in extremis l’uscita della Grecia dall’euro Christine Lagarde, suscitando i malumori tedeschi, aveva espresso l’estrema riluttanza del Fondo monetario a partecipare al terzo salvataggio del paese, a meno che prima non si fosse concordato un adeguato taglio del suo debito per renderlo realisticamente sostenibile.

Da allora la posizione del Fondo non è cambiata. E nemmeno quella della Germania. I negoziati tra Grecia e creditori intanto procedono al rallentatore tra mille tensioni e una scadenza capestro all’orizzonte: in luglio Atene dovrà ripagare una grossa tranche del suo debito. Senza aiuti, la prospettiva dell’insolvenza non è remota ma reale.

Potrebbe essere quella la miccia di un’altra estate bollente in un’Europa che per ora appare solo assorbita dalla doppia emergenza terrorismo- rifugiati ma che il 23 giugno dovrà anche misurarsi con il rischio Brexit e relativi contraccolpi.

Alla vigilia del vertice franco-tedesco di domani, degli incontri di primavera del Fmi prima e poi dei ministri Ecofin il 22, dove si parlerà della questione greca, il campanello d’allarme è partito dal Fondo. Meglio, da una teleconferenza, il cui contenuto avrebbe dovuto restare riservato ma è trapelato sulla stampa. Offrendo tre conferme più che notizie: l’immutata resistenza di Atene a negoziare seriamente sulle riforme, pensioni in testa, se non sull’orlo del baratro, del fallimento appunto. La profonda divergenza di vedute e aspettative tra Fmi e Europa, soprattutto Germania. La tentazione del Fondo di mettere Berlino alle strette, costringendola a decidere se sarebbe più costoso tirar dritto senza Fmi oppure tagliare il debito greco per tenerlo a bordo.

Dilemma simile a quello del luglio scorso, quando Angela Merkel dovette scegliere se fosse più caro cacciare la Grecia tenerla nell’euro. Scelse la seconda opzione. Probabile che anche questa volta finirà con la remissione parziale del debito, confezionata in modo che tale non sembri.

Ma il braccio di ferro con la Germania, che non vuole rinunciare alla partnership con il Fondo ma nemmeno digerire il taglio del debito ellenico, che potrebbe essere più flessibile sulla riforma delle pensioni greche ma non al prezzo di abbatterne di più il debito, come sostiene l’Fmi, promette di avvelenare il clima della trattativa su tutta la linea: europea e internazionale.

In ballo c’è molto più della Grecia. C’è il futuro della politica economica e finanziaria dell’eurozona, cioè il discrimine tra la spinta allo sviluppo di un’economia che cresce troppo poco e il solito mantra dei conti in ordine e delle riforme, necessario ma non sufficiente a ridinamizzare in tempi brevi lo spompato motore europeo.

C’è il futuro della politica monetaria espansiva e non convenzionale della Bce, che quasi certamente sarà ulteriormente accentuata, visto che inflazione e crescita per ora non reagiscono più di tanto. C’è il futuro dell’unione bancaria, nata zoppa e “nazionalizzata” e per questo volano di sviluppo non molto affidabile. C’è il futuro del governo globale dell’economia che perde colpi e per questo avrebbe bisogno urgente di un coordinamento rafforzato delle politiche economiche da parte di tutti i protagonisti del G-20.

Sui quattro dossier pendono sonori e per ora immutati quattro “nein” tedeschi. In fondo niente di nuovo nemmeno in questo caso. Di nuovo c’è che questo 2016 annuncia troppi rischi, incertezze e instabilità per consentire a un paese il lusso di restare un’isola avulsa dagli imperativi della solidarietà collettiva. In un mondo complesso e globalizzato c’è disperato bisogno di azioni coordinate che mettano fine al disordine mondiale. Se l’azzardo greco è serio, il rischio tedesco alla lunga può far saltare il banco: dell’euro e dell’Europa. Di sicuro non aiuta la stabilità internazionale.

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