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Il Papa: «A Lesbo fra i profughi»

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primo approdo dei migranti in grecia

Il Papa: «A Lesbo fra i profughi»

Il Giubileo di Francesco è anche (e per lui soprattutto) la visita costante in luoghi di sofferenza. E uno dei luoghi simbolo del dolore umane da tempo è l’isola greca di Lesbo, al centro dei flussi di disperati in fuga dalla guerra in Siria. È lì che il Papa con ogni probabilità si recherà per una visita-lampo di un giorno, venerdì 15 aprile. L’annuncio ufficiale non c’è ancora ma da fonti greche della chiesa ortodossa arrivano conferme, e lo stesso da ambienti del governo di Atene. «È un argomento di cui si sta parlando, ci sono contatti in corso. Non smentisco le voci, ma al momento non posso dichiarare altro perché non ci sono decisioni prese, date fissate né programmi definiti», ha commentato il direttore della Sala stampa, padre Federico Lombardi.

Da quando è stato eletto Francesco ha posto i rifugiati al centro della sua pastorale: fu a Lampedusa il suo primo viaggio fuori Roma nel luglio 2013, quando denunciò la globalizzazione dell’indifferenza, diventata una delle parole-chiave del pontificato. Ma in molte altre occasioni ha messo i migranti al cuore della pastorale: così è stato nel viaggio in Messico a febbraio, culminato con la preghiera all’Altare del Migrante davanti al confine blindato di Ciudad Juarez, ma anche più di recente con la messa dell’ultimo Giovedì Santo, il 24 marzo, in cui al Cara di Castelnuovo di Porto si è inginocchiato a baciare e lavare i piedi ai profughi ospitati. Vicino agli ultimi, quindi, ma con un’enorme valenza “politica”, visto che quello delle migrazioni è uno dei capitoli più complessi dei rapporti tra stati, specie nella Ue. Lesbo da tempo è l’isola al centro dei flussi di profughi siriani che dalla Turchia puntano all’Europa a bordo di barconi, anche in condizioni drammatiche: la visita verrà fatta da Bergoglio proprio mentre entra in vigore l’accordo tra Ue e Turchia in materia di immigrazione, che prevede l’espulsione dalla Grecia verso la Turchia di tutti i migranti irregolari arrivati dopo il 20 marzo passando attraverso il confine turco. Sull’accordo la Chiesa cattolica non ha nascosto fin dall’inizio la sua contrarietà. Il giorno stesso della sottoscrizione, il 18 marzo, il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, aveva affermato che di fronte al «grave dramma» di tanti migranti «dovremmo sentire umiliante dover chiudere le porte, quasi che il diritto umanitario, conquista faticosa della nostra Europa, non trovi più posto». Il segnale quindi che arriverebbe dal Papa sarebbe davvero esplicito, all’Europa ma anche agli altri responsabili di quanto sta accadendo in tutta l’area, e che quindi comprenderebbe anche la Turchia, con cui solo di recente è tornato un po’ il sereno. L’organizzazione del viaggio si presenta molto complessa, e deve tenere anche della difficile situazione sull’isola, e dei malumori della popolazione locale legati alla presenza dei profughi: anche agli abitanti il Papa vuole portare la sua vicinanza. Secondo le notizie finora uscite a ricevere il Papa, oltre all’arcivescovo di Atene Ieronimos II e al Patriarca ecumenico Bartolomeo – incontrato dal pontefice più volte, sia a Gerusalemme che a Istanbul, oltre che a Roma - dovrebbero esserci il presidente greco Prokopis Pavlopoulos e il premier Alexis Tsipras. «Il significato di questo incontro è dare una risposta cristiana ad un problema che sconvolge in questo momento non solo l’Europa ma tutto il mondo. Una risposta al grande problema dei profughi provenienti da tutte le parti del mondo. Queste persone trovano il primo approdo nell’isola di Lesbo per questo l’incontro avverrà qui», ha detto l’analista del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, Nikos Tzoitis, a Tv2000, confermando la notizia della visita. «Al momento non c’è un programma ufficiale ma sicuramente - ha spiegato Tzoitis - ci sarà la visita al campo profughi di Lesbo, seguita da una preghiera e una dichiarazione congiunta per dare una risposta comune al fenomeno migratorio. L’iniziativa è partita da tutti: da Papa Francesco che ha espresso una precisa volontà, dal capo della Chiesa Greco-ortodossa di Atene e con la benedizione del Patriarca ecumenico di Costantinopoli».

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