Le carte panamensi hanno fatto scoprire al mondo un nome - Mossack Fonseca - e uno strumento - la società di facciata offshore. Ma nel mondo dei professionisti della gestione di fondi neri, o anche solo grigi, erano noti entrambi da almeno due decenni. Non c’è praticamente inchiesta giornalistica o giudiziaria di dimensioni internazionali in cui non emerga quel nome o quello strumento. Anzi, più spesso che no, appaiono entrambi.
La settimana scorsa il Sole 24 Ore ha svelato le macchinazioni di una sospetta centrale di smazzettamento mondiale chiamata Unaoil e gestita da una famiglia di origine iraniana, gli Ahsani. Ebbene, seppur di base a Montecarlo e a un tiro di schioppo dalla Svizzera – due Paesi noti come paradisi fiscali – dalle email interne in nostro possesso emerge che gli Ahsani fossero tra i tanti clienti di Mossack Fonseca. I diligenti avvocati e commercialisti dello studio di base a Panama erano infatti i loro agenti ai Caraibi, come lo stesso direttore legale di Unaoil ha scritto in un suo messaggio di posta elettronica datato 7 giugno 2011.
Nel gennaio scorso, la polizia brasiliana ha perquisito gli uffici della controllata locale di Mossack Fonseca a San Paolo dopo aver appurato che persone coinvolte nel più grande scandalo di corruzione della recente storia carioca, quello del colosso petrolifero Petrobras, si erano servite di società di facciata costituite da quello studio.
Lo stesso aveva fatto Farid Bedjaoui, il faccendiere legato all’ex ministro del Petrolio algerino Chakib Khelil. Avendo avuto bisogno di dare una “sciacquata” ai 198 milioni che Saipem aveva pagato alla sua Pearl Partners Ltd, Bedjaoui ha utilizzato società costituite proprio da Mossack Fonseca quali Sorung Associates e Minkle Consultants Sa.
Un tempo, per chi aveva fondi segreti tutto ciò che occorreva, era portare i soldi in un’agenzia di una banca elvetica e aprire un conto. Magari cifrato. E si era a posto. Ma da decenni non è più così. La Svizzera non offre garanzie sufficienti. A seconda delle preferenze linguistiche, i conti si possono ancora aprire a Lugano, Ginevra o Zurigo, ma devono essere intestati a società di facciata controllate da fiduciari che operano senza lasciare tracce documentali. E tra questi fiduciari, che in inglese si chiamano Trust & company service provider, o Tcsp, Mossack Fonseca era probabilmente il più noto e prolifico. Lo attestano le oltre 210mila società di cui email e documenti interni stanno ora rilevando i beneficiari o controllori.
Ai nomi “pesanti” emersi finora, Il Sole 24 Ore è in grado di aggiungerne altri tre: Flavio Briatore, David Mills e Silvio Berlusconi. Il contesto riguarda uno dei grandi misteri italiani: il versamento di 600mila dollari con cui, secondo la Procura di Milano, l’ex Pm avrebbe corrotto l’avvocato scozzese per spingerlo a testimoniare il falso in due processi degli anni Novanta – quello per le tangenti alla Guardia di finanza e il cosiddetto All Iberian.
Nel 2009 Mills è stato condannato sia in primo grado che in appello ma l’anno successivo, accogliendo la richiesta del procuratore generale, la Cassazione ha annullato la sentenza di condanna “per intervenuta prescrizione del reato”. Nel febbraio del 2012, la stessa cosa è avvenuta per Berlusconi, quando il giudice Francesca Vitale ha dichiarato “il non doversi procedere” perché “il reato è estinto per intervenuta prescrizione”.
Ma alcuni fatti erano nel frattempo stati accertati dalla Procura. E il principale era che David Mills si era servito di una società offshore costituita nelle Isole Vergini britanniche, e inizialmente associata a Briatore, per “shakerare” i soldi di alcuni suoi clienti e farne perdere le tracce. Secondo i pm Alfredo Robledo e Fabio De Pasquale, in quella società di facciata erano transitati anche 600mila dollari con cui Berlusconi era accusato di aver corrotto l’avvocato scozzese tramite il suo amico e collaboratore Carlo Bernasconi, scomparso nel 2001.
Prima che facesse una clamorosa marcia indietro, lo stesso Mills lo aveva ammesso in un interrogatorio avuto il 18 luglio 2004: «Sono stato sentito più volte in indagini e processi che riguardavano Silvio Berlusconi e il gruppo Fininvest, e pur non avendo mai detto il falso ho tentato di proteggerlo nella massima misura... È in questo quadro che, nell’autunno del 1999, Carlo Bernasconi... mi disse che Silvio Berlusconi, a titolo di riconoscenza per il modo in cui io ero riuscito a proteggerlo nel corso delle indagini giudiziarie, aveva deciso di destinare a mio favore una somma di denaro... In effetti una consistente somma di denaro era stata immessa in Struie [Holdings] da Bernasconi già dal 1997 ma fu solo nel 1999 che Bernasconi mi autorizzò a disporne nella misura di 600mila dollari».
E chi era stato il Tcsp che aveva costituito Struie Holdings? Mossack Fonseca, of course.
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