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Il doppio tempo del Governo

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politica 2.0

Il doppio tempo del Governo

Ieri il Def, la prossima settimana il sì finale alla “nuova” Costituzione. I due obiettivi di Renzi marciano con un tempo doppio: più lento il Pil, più spedite le riforme.

Diceva Renzi nella conferenza stampa di ieri dopo il varo del Def: «La revisione al ribasso della crescita è un fatto di serietà». Ed è vero. Lo scostamento tra le previsioni e la realtà è stata sempre una costante di tutti i Governi ben oltre i numeri indicati in questi anni da Renzi e Padoan. E, quindi, va dato atto del rigore ma soprattutto delle peggiorate condizioni internazionali in cui è maturato il Documento varato ieri. La rilevanza politica però è un’altra. Perché la scommessa della crescita e dell’occupazione è uno dei due pilastri su cui prende linfa un Esecutivo non battezzato dalle urne.

È stata la misura degli 80 euro che ha dato la spinta al premier verso il 40,8% delle europee, non solo la promessa di una nuova legge elettorale e di un nuovo assetto costituzionale. Le riforme sono state la condizione di nascita del Governo Renzi, la ragione per la quale si è approdati a un nuovo Esecutivo senza passare dalle elezioni, e ora il traguardo è a portata di mano. La prossima settimana dovrebbe esserci il voto definitivo alla Camera – la sesta lettura – dopo il quale scatteranno le procedure per indire il referendum confermativo che dovrebbe tenersi a ottobre. Ma per quella data, caricata dallo stesso Renzi di un peso politico decisivo per la sua permanenza al Governo, coinciderà ancora un appuntamento economico: la legge di stabilità.

Un incrocio di tempi tra i due vagoni centrali del Governo che per ora marciano a un ritmo diverso. Più stentato il Pil, più spedite le riforme. Una crescita che rallenta e delude, non per responsabilità solo del Governo ma delle peggiorate condizioni internazionali - dal rallentamento cinese a un’inflazione che resta bassa – mentre legge elettorale e, ora, riforme istituzionali rispettano la tabella di marcia. Però la mancanza di sincronia tra le due scommesse “capitali”, se mancherà ancora in autunno, potrebbe rendere molto complicato quel test politico così vitale per il premier.

Renzi lunedì pomeriggio sarà nell’Aula di Montecitorio per segnare la rilevanza politica dell’ultimo passaggio legislativo della riforma costituzionale. «Prenderò la parola anche io nel dibattito, perché voglio che resti agli atti il valore di questa importante legge», faceva sapere. E di certo sarà meno sbrigativo e tirato di quanto non lo fosse ieri durante la conferenza stampa dopo il varo del Def. Lì aveva una strada in salita, comunicare un rallentamento, lunedì sarà in discesa. Avrà un obiettivo raggiunto da raccontare in Parlamento e all’opinione pubblica. È vero, il Movimento 5 Stelle metterà in scena polemiche e proteste. Già ieri hanno scritto al capo dello Stato per chiedergli un “monito” per rinviare il voto sulla riforma a dopo la mozione di sfiducia al Senato, fissata per il prossimo 19. Ma è un gesto che ha poco senso istituzionale e politico. E tra l’altro non è questo tipo di opposizione che impressiona Renzi.

Perché il premier sa che il suo problema è una velocità da recuperare altrimenti rallenta anche il suo secondo vagone. Difficile che possa funzionare una campagna referendaria che avrà schierata tutta l’opposizione contro, se i dati sulla crescita e l’occupazione resteranno sotto le aspettative. Difficile vincere una partita così personalizzata sul premier – che avrà come slogan degli oppositori “no all’uomo solo al comando” – se non si accenderà qualche luce sul fronte economico. Anche se i fili della ripresa non sono tutti nelle mani del Governo, la doppia velocità tra Pil e riforme potrebbe complicare la partita d’autunno.

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