Commenti

Il Qe serve ma da solo non basta per la crescita

  • Abbonati
  • Accedi
scenari e prospettive

Il Qe serve ma da solo non basta per la crescita

La politica monetaria non convenzionale del Qe è utile per aiutare il credito e rilanciare la crescita. Richard Koo, capo economista di Nomura, non ha dubbi davanti alla platea del Workshop Ambrosetti a Cernobbio sebbene Martin Wolf, economista del «Financial Times», lo abbia sfidato affermando che sarebbe stato meglio fare una politica fiscale espansiva senza tante contorsioni. «Vero – ribatte Koo – ma la Germania non lo avrebbe permesso e bene ha fatto Mario Draghi a lanciare il Qe nell’eurozona».

Anche l’ex capo economista del Fmi, Olivier Blanchard, ha partecipato alla sfida su come superare l’orizzonte del Qe prendendo le difese di Koo e affermando che le banche centrali dovrebbero concentrarsi sul quantitative easing piuttosto che sui tagli dei tassi, se sono necessarie ulteriori stimoli per aumentare le loro economie.

Blanchard ha descritto le prospettive economiche come «non entusiasmante», poiché la domanda globale è debole e la crescita è lenta, e questo può essere lo scenario con cui dovremo convivere per qualche tempo.

«La ripresa è molto lenta, alcuni temono che si arresti, ma io penso che sia semplicemente una ripresa lenta. La crescita rimarrà bassa per un lungo periodo di tempo. Di conseguenza i consumatori non corrono ad acquistare, le imprese sono caute negli investimenti e questo rallenta ulteriormente la ripresa ».

Blanchard, ora senior fellow al Peterson Institute di Washington, ha parlato al workshop Ambrosetti a Cernobbio davanti a una platea di banchieri e imprenditori. Blanchard ha detto che se la politica monetaria dovesse essere di nuovo estesa, la sua preferenza andrebbe per gli acquisti di asset come strumento principale. Quanto ai tassi negativi è troppo presto per dare un giudizio definitivo sugli effetti collaterali. «Non mi piacciono molto, penso che interferiscano in modo molto complesso con l'attività delle banche. Se devono fare qualcosa sul lato macro, preferisco di gran lunga ciò che noi oggi chiamiamo Qe regolare».

Sempre sul tema dei limiti della politica monetaria, Jacob Frenkel, presidente di JP Morgan Chase International ed ex governatore della Banca di Israele, ha ricordato che è un errore mettere tutto l'onere di rilanciare l'economia globale sulle banche centrali. Non si può utilizzare la cosiddetta politica di “lanciare denaro dall’elicottero”. «La natura dei problemi dell’economia globale di oggi non possono essere risolti dalla politica monetaria», ha detto Frenkel. «Per quanto si spinga in questa direzione, non è la Fed, non è la Bce, non è la Banca del Giappone che possono risolvere i problemi. Sono i governi chiamati a varare le misure strutturali per migliorare la produttività». «Gettare denaro dall’elicottero non è una politica – è una metafora per dire che è necessario far sì che arrivi il denaro nelle mani dei consumatori e degli investitori in modo che possano spendere e consumare e investire». «Quello di cui hanno bisogno non è il denaro ma hanno bisogno di fiducia e opportunità produttive di fronte a loro».

Anche Alberto Gallo, neo capo delle strategie macro ad Algebris, ritiene «necessario usare di più la leva fiscale a partire dalla Germania che continua a accumulare surplus. I Fondi europei del piano Juncker vanno a rilento per timore di influenzare l’esito del referendum su Brexit».

Ma se gli economisti sono pessimisti gli imprenditori presenti all’edizione primaverile del Workshop Ambrosetti sono convinti che la loro attività avrà risultati positivi nel 2016, anche se la preoccupazione maggiore resta la Cina. È quanto è emerso dal sondaggio condotto dagli organizzatori durante la sessione dedicata alle prospettive dell’economia globale e agli elementi di rischio che potrebbero impattare l’andamento delle attività. Interrogati con il televoto su quanto stia performando la propria impresa rispetto alle altre, il 43% degli intervistati ha ris€posto “meglio” mentre solo il 9,5% ha risposto “peggio”. Interrogati invece sul tema assunzioni, gli imprenditori rispondono che quest’anno aumenteranno personale o meglio, non lo diminuiranno. Il 37% promette di assumere almeno un 10% di forza lavoro in più rispetto all’anno scorso, il 12% si spinge oltre e indica che assumerà di più. Anche sul fatturato c’è ottimismo, il 37,4% sostiene che registrerà un aumento del 10% e il 30% ipotizza risultati migliori. Alla domanda su quali siano le maggiori preoccupazioni per il futuro rispetto al proprio business tra Isis, immigrazione, Qe, crisi Ucraina, elezioni Usa, crisi cinese, guerra valutaria, la platea è stata chiara: la preoccupazione resta la Cina e i suoi mercati. Alla domanda su quale potrà essere il prezzo del petrolio, la maggior parte degli intervistati ha risposto che si attesterà sui 40/50 dollari al barile. Una visione condivisa da Franco Bernabé, ex amministratore delegato di Telecom Italia, secondo cui «oggettivamente c’è una situazione di ripresa, soprattutto sul lato dei consumi ». A chi gli chiedeva come mai dai lavori del convegno emerga una discrasia fra il pessimismo degli economisti intervenuti come relatori e la platea degli imprenditori, Bernabè ha risposto che le aziende si sono razionalizzate e si sono abituate a tassi di crescita più bassi. «Le imprese sono più ottimiste degli analisti». «L’importante - ha concluso - è che non ci sia un altro shock».

© Riproduzione riservata