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Le ragioni del fondo Atlante

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Scenari

Le ragioni del fondo Atlante

Il panico bancario del 1907 negli Stati Uniti fu bloccato dal ricchissimo J. P. Morgan (fondatore dell’omonima banca) che sostenne – insieme ad un consorzio di investitori – le quotazioni delle principali banche dell’epoca. In cambio, ottenne una speciale esenzione dalle regole antitrust per consolidare ulteriormente il suo potere di mercato nel settore dell’acciaio. La reazione popolare a quest’abuso di posizione dominante fu tale che nel 1913 gli Stati Uniti crearono la Federal Reserve Bank, che sarebbe dovuta intervenire per alleviare le situazioni di panico, evitando che ad approfittarsene fossero i soliti noti.

È utile ricordare questo episodio storico nel momento in cui l’establishment italiano sta creando il fondo Atlante, per salvare le nostre banche. Innanzitutto, per la similitudine istituzionale. J. P. Morgan fu “costretto” ad agire dall’assenza di una banca centrale che fornisse credito di ultima istanza. In Europa una banca centrale esiste. Ma non esiste la certezza che possa spendersi fino in fondo per salvare le banche italiane, dati i vincoli politici. In secondo luogo, per il carattere dei protagonisti: J.P. Morgan, vecchio ma potentissimo, assomiglia molto a Giuseppe Guzzetti, l’attuale patron della Cariplo. Poi per la natura semi–coercitiva del consorzio. Si narra che J. P. Morgan chiuse a chiave nel suo studio tutti i principali membri del consorzio fino a quando non avessero firmato. Non si ha notizia che Guzzetti abbia cercato di fare altrettanto, ma dietro di lui ci sono le nostre istituzioni che fanno capire si tratti di un’offerta che non si può rifiutare. Ma l’analogia più importante tra l’Italia di oggi e il panico del 1907 è la seguente: in entrambi i casi un intervento era assolutamente necessario, il motivo del contendere è il modo in cui è stato congegnato.

Che le due popolari venete richiedessero un intervento non era un segreto: lo andavamo scrivendo da mesi su questo giornale. La cosa sorprendente non è che l’intervento sia avvenuto, ma che sia avvenuto così tardi, solo pochi giorni prima dell’aumento di capitale di Banca Popolare di Vicenza che, se inoptato, avrebbe potuto mettere in difficoltà anche Unicredit. Le due principali banche (Unicredit e Intesa) investono nel fondo Atlante meno di quello che, con tutta probabilità, avrebbero dovuto investire in Bpv e Veneto Banca. Ma questo investimento è garantito, rassicurando il mercato sulla riuscita delle due operazioni.

Un ulteriore vantaggio è che Unicredit e Intesa non dovranno aggiustare continuamente al valore di mercato la loro partecipazione. Se le azioni di Bpv e Veneto Banca dovessero crollare, le due principali banche italiane non dovrebbero contabilizzare subito le perdite, con conseguenze negative sul capitale di vigilanza.

Ma il vero motivo sottostante al fondo Atlante sono i crediti inesigibili: i cosiddetti non performing loan (npl). A lungo le banche avevano sperato di trasferire il peso di questi npl in una grande bad bank nazionale. E in un primo momento si e pensato di dare ricorso a una clausola di garanzia dello stato ma questo, a causa delle regole europee non è stato possibile.

A novembre, nel fallimento delle quattro banche regionali, il valore dei loro npl è stato fissato a 17,5 centesimi per ogni euro di valore nominale, un prezzo che sembra eccessivamente basso. Se applicato a tutto il sistema bancario, questa valutazione avrebbe effetti molto negativi sul capitale di vigilanza di tutte le principali banche. Il fondo Atlante evita che queste valutazioni diventino “di mercato” e permette alle banche di non svendere ad altri i propri npl.

Ma il fondo Atlante permette anche alle banche di vendere i propri crediti più dubbi - a un prezzo superiore a quello attuale di mercato – ad assicurazioni e fondi pensione, rischiando di incidere sul valore dei portafogli dei loro assicurati e pensionati. Per le istituzioni, dal governo alla Banca d’Italia, (che partecipano tramite la Cdp) il vantaggio è di restituire valore agli npl e di evitare lunghe e destabilizzanti inchieste sulle eventuali responsabilità degli errori passati. Più che Atlante, il personaggio mitologico che sosteneva il mondo, il fondo dovrebbe chiamarsi Lete, il fiume dell’oblio che cancella tutti i ricordi.

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