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Il baratto che non si può accettare

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Scenari

Il baratto che non si può accettare

La proposta è quasi provocatoria nelle attuali condizioni di fragilità dell’economia e della finanza europee, ma dopo due anni di incubazione, la presidenza olandese dell’Ecofin e il governo tedesco vogliono stringere i tempi su quello che è uno dei progetti più temerari di riforma dell’euro-area: l’abolizione della condizione di non rischiosità dei titoli pubblici detenuti dalle banche. Berlino in particolare intende condizionare il proprio via libera all’assicurazione comune dei depositi bancari, pur già prevista dal progetto di unione bancaria, alla controversa proposta di applicare un rischio ai titoli di stato dei diversi Paesi dell’euro-area detenuti dalle banche europee. Lo “scambio” era nell’aria da mesi, ma Jeroen Dijsselbloem, che presiede Ecofin ed Eurogruppo, vorrebbe avviare il confronto tra i ministri finanziari già nel fine settimana.

È ormai nel linguaggio comune dei responsabili dell’euro-zona che sia necessario procedere a una condivisione dei rischi in parallelo a una loro riduzione. Le due politiche – condivisione e riduzione – funzionano infatti solo se realizzate insieme. Ma nei fatti prevale invece l’idea che i rischi vadano prima nazionalizzati, poi ridotti e solo eventualmente condivisi. O forse mai condivisi: la proposta di attribuire un rischio ai titoli pubblici nazionali renderebbe infatti ancora più difficile realizzare tecnicamente gli eurobond, spesso evocati dall’Italia.

A differenza di oggi, le banche sarebbero obbligate ad accantonare capitale a fronte del rischio sovrano in particolare dei Paesi più deboli.

La proposta ha intenti positivi: in teoria il credito si sposterebbe verso l’economia privata, inoltre le banche potrebbero liberarsi subito di ingenti quantità di titoli pubblici con guadagno, prima che i tassi risalgano (e il prezzo dei titoli scenda), rafforzando la posizione patrimoniale. Ma i benefici sarebbero neutralizzati dall’aumento dei rischi per la stabilità dell’euro-area. Sul breve termine ci potrebbe essere una corsa alla vendita dei titoli con grandi aumenti di volatilità. Un premio di rischio aggiuntivo sui titoli pubblici si sommerebbe a ogni allargamento degli spread. Infine la gerarchia finanziaria tra i Paesi – in ragione dei loro spread – si cristallizzerebbe, fissando anche una gerarchia politica, al cui vertice ci sarebbero i ministri delle finanze dei Paesi più solidi.

Berlino vede segnali di instabilità fiscale e finanziaria nei Paesi periferici che si manifestano in un allargamento degli squilibri e dei flussi finanziari tra i sistemi bancari di diversi Paesi, contabilizzati nel sistema dei pagamenti Target 2 ed è preoccupata dalle notizie di fragilità delle banche. Il varo del fondo Atlante può giocare un ruolo importante nel contrastare questi timori, ma un contributo nel rompere il legame tra rischi bancari e rischi sovrani sarebbe dovuto venire dalla condivisione dei rischi attraverso la comune assicurazione dei depositi europei già formalizzata nel progetto di unione bancaria, sottoscritta da tutti i governi e rimasta inattuata. Quello era lo “scambio”: ogni Paese riduce i rischi delle proprie banche e insieme si condividono i rischi residui. Ma in Germania c’è un consenso unanime tra i parlamentari nazionali ed europei di ogni partito contro l’assicurazione dei depositi europei. La tutela del risparmio nazionale ha già motivato il duro attacco del ministro Schäuble contro la politica dei tassi negativi della Bce.

L’inasprimento dei criteri di rischiosità dei titoli pubblici è invece un elemento non concordato tra i Paesi europei e oggetto di negoziato nei Comitati di Basilea che ne ipotizzano l’applicazione solo in tempi lunghi. Berlino vuole anticipare i regolatori di Basilea. Nel progetto originale del ministero delle Finanze del 2014 era prevista anche l’uniformazione della tassazione dei titoli pubblici con quella dei titoli emessi da privati. Inoltre Berlino aveva chiesto alla Bce di applicare una ponderazione dei rischi paese per paese anche nelle normali operazioni di mercato aperto.

Nei giorni scorsi (come scritto dal Sole 24 Ore di sabato), Dijsselbloem ha pubblicato un paper con cinque opzioni per la gestione del legame tra rischi bancari e rischi sovrani. La prima opzione è quella di lasciare le cose come adesso. Ma tre opzioni prevedono la ponderazione dei rischi sovrani. Si tratta di una scelta con implicazioni politiche rilevanti e conseguenze finanziarie molto incerte. Non può passare come uno “scambio” qualsiasi, a fronte di un impegno come l’assicurazione comune dei depositi che era già stato preso da tutti e che ha invece come controparte la creazione di un fondo di riduzione dei rischi e di rafforzamento patrimoniale come quello appena varato dall’Italia.

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