La comunità internazionale dei regolatori del sistema bancario e finanziario si muove con estrema cautela sulla questione dei titoli pubblici nei portafogli delle banche, consapevole che ogni restrizione delle regole sul possesso può avere un impatto sistemico.
«In tempi di crisi - sostiene un rapporto pubblicato l’anno scorso dall’European Systemic Risk Board (Esrb), l’organismo sui rischi sistemici creato presso la Banca centrale europea e presieduto da Mario Draghi - ogni considerazione di nuove misure che impongano oneri alle banche e/o rendano più difficile il finanziamento degli Stati può avere un impatto negativo sui mercati, il che può esacerbare la crisi. Anche se viene consentita una transizione molto lunga, gli effetti di annuncio possono avvenire immediatamente».
Il problema è stato messo in luce dalla crisi finanziaria globale e poi dalla crisi dell’euro: il caso Grecia, per esempio, ha messo a nudo il fatto che il debito sovrano non può essere sempre considerato a rischio zero, come avviene ora nel trattamento per i requisiti di capitale. La modifica della regolamentazione dell’esposizione delle banche al rischio sovrano attraverso il portafoglio titoli è sul tavolo del Comitato di Basilea, che riunisce le autorità di vigilanza dei maggiori Paesi, dal 2015. Fin dall’inizio, però, il Comitato ha affermato che l’esame della questione avrebbe dovuto essere «attento e graduale». È impensabile che l’iniziativa europea possa precedere quella globale allo studio a Basilea, perché le banche europee si troverebbero in svantaggio rispetto alle concorrenti internazionali se dovessero essere loro imposte regole più stringenti. E nel Comitato di Basilea, l’opposizione alle modifiche è forte, da parte per esempio di Paesi come il Giappone. «La coerenza delle regole a livello globale – ha detto il vicepresidente della Bce, Vitor Constancio – è la chiave per assicurare un mercato senza distorsioni alla concorrenza».
In Europa non c’è solo l’opposizione di Paesi come l’Italia e altri, ma anche la cautela di istituzioni come la Bce, che fra l’altro è ora responsabile della vigilanza degli istituti più importanti. «La questione ha tre dimensioni - ha dichiarato il mese scorso Benoit Coeuré, il membro del comitato esecutivo con la responsabilità per i mercati - c’è la questione del rischio sovrano per le banche, ma dobbiamo anche considerare le conseguenze per il finanziamento degli Stati e il funzionamento dei mercati finanziari, che hanno bisogno di attività prive di rischio come strumenti di liquidità. Se ci si concentra su un solo aspetto del problema e si ignorano gli altri, si corre il rischio di trasferire il rischio invece di ridurlo.
Il rapporto dell’Esrb evidenzia proprio questi due elementi: l’impatto del cambio di regole sul mercato dei titoli di Stato, che avrebbe l’effetto di far salire i rendimenti, riducendo i margini di manovra o addirittura buttando fuori dall’accesso al mercato quei Paesi che abbiano le finanze pubbliche in condizioni più precarie; e l’interazione con la regolamentazione sulla liquidità, che impone alle banche di detenere strumenti liquidi in percentuale dell’attivo e che sarebbe ostacolata da limiti al possesso di titoli pubblici.
L’Esrb ha condotto anche alcune simulazioni sull’impatto delle diverse opzioni di cambiamento delle regole, e in particolare l’imposizione di requisiti di capitale sul portafoglio di titoli di Stato, oppure di limiti all’esposizione nei confronti del debitore sovrano. Nel primo caso, le banche europee si troverebbero a dover raccogliere 250 miliardi di euro di capitale addizionale, con gli istituti italiani e francesi in prima linea. Imponendo invece un criterio di diversificazione che costringa le banche a ridurre l’esposizione ai titoli di Stato sotto il 25% dei mezzi propri, le banche europee si ritroverebbero con un eccesso di debito pubblico in portafoglio pari a 716 miliardi di euro, il 43% dell’esposizione totale ai titoli pubblici. Si tratta di valori medi: per alcune banche il portafoglio di titoli di Stato in eccesso arriverebbe fino al 90% dell’esposizione al sovrano. Le banche più pesantemente coinvolte sarebbero quelle tedesche (303 miliardi), italiane (120) e spagnole (99). Il rapporto, con notevole understatement, parla di «significativo aggiustamento di portafoglio».
La Bundesbank, e ora la presidenza di turno olandese dell’Unione europea, sembrano ritenere che dalla modifica delle regole sull’esposizione sovrana passi una riduzione del rischio che debba fare da preludio alla sua condivisione attraverso la creazione di uno schema europeo di garanzia dei depositi, la “terza gamba”, finora non attuata, dell’unione bancaria. La Bce insiste molto sulla necessità di fare progressi su questo punto. «Ci può essere una moneta unica - ha detto recentemente Draghi - solo se i depositanti hanno lo stesso livello di protezione ovunque si trovino».
Il Fondo monetario ha insistito la scorsa settimana, nel suo Global Financial Stability Report, che la creazione di uno schema comune di garanzia dei depositi può avere un ruolo decisivo, fra l’altro, nell’indebolire il legame fra i rischi del debito sovrano e quelli delle banche.
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