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Grandi problemi, scarse risorse

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atlante e dintorni

Grandi problemi, scarse risorse

Nella mitologia greca, Atlante era un gigante condannato da Zeus a sostenere l’intero mondo sulle sue spalle. È infatti raffigurato mentre tiene, a fatica, l’intero globo con il capo ricurvo.

Calato nel capitalismo senza capitali dell’Italia moderna, Atlante diventa un fondo che con pochi soldi e tanta creatività finanziaria deve aiutare le banche in crisi a ricapitalizzarsi e l’intero sistema a smaltire i crediti deteriorati. Il tutto con poco più di 4 miliardi di euro, sommati alle garanzie statali sulle cartolarizzazioni (Gacs) e alle riforme varate dal Governo per velocizzare i tempi del recupero dei crediti. La domanda è: riuscirà il moderno Atlante nell’impresa, come fece il suo alter ego mitologico? La risposta più corretta a questa domanda, probabilmente, l’ha data il presidente Bce Mario Draghi qualche giorno fa: «Si tratta di un piccolo passo nella giusta direzione». Piccolo però.

Un primo obiettivo Atlante lo raggiunge di certo: quello di evitare il cosiddetto «tail risk», cioè il rischio «estremo». Se l’aumento di capitale della Popolare di Vicenza non fosse andato a buon fine (e senza l’intervento di Atlante la banca sarebbe finita in bail-in), l’effetto sfiducia sull’intero mercato italiano sarebbe stato devastante. Il rischio, che avrebbe avuto Veneto Banca come vittima successiva, è stato scongiurato. Già questo è un risultato importante, che ha fatto ottenere ad Atlante un coro di consensi anche dall’Europa.

Ma evitare i «rischi estremi» non significa risolvere i problemi. Soprattutto il principale delle banche italiane: cioè quello dei crediti in sofferenza che zavorrano i loro bilanci. Quando la Spagna si trovò ad affrontare lo stesso inconveniente, aiutò le banche (con soldi europei, dunque pubblici) con la bellezza di 41 miliardi di euro: dieci volte tanto i 4 miliardi (tutti privati) messi in dotazione del fondo Atlante. È vero che oggi gli aiuti statali non sono più permessi. È vero che l’Italia ha sempre avuto un debito pubblico che impediva (anche quando le norme lo avrebbero consentito) di aggredire il fardello dei crediti deteriorati. Tutto corretto: ma la sproporzione numerica resta evidente. È vero anche che Atlante, come si spiega nell’articolo a fianco, userà le leve della finanza per creare un effetto moltiplicatore. Ma per quanto si possano moltiplicare i pani e i pesci, tra gli addetti ai lavori in pochi credono che si possa davvero arrivare a smobilizzare 40-50 miliardi di euro di crediti deteriorati lordi dai bilanci delle banche come auspicano i promotori del fondo. Al massimo gli esperti ritengono più credibili 15-20 miliardi. Che non sono pochi, ma neppure risolutivi. Infine non può sfuggire il fatto che ancora una volta vengono usate le leve della finanza più o meno creativa per muovere tanti soldi con pochi capitali. Perché questo è il problema dell’Italia: le iniziative, anche lodevoli, sono sempre finanziate con il minimo indispensabile. L’italica “coperta” è sempre corta, che i soldi siano pubblici o privati. Non è colpa di nessuno, bene inteso. Ma questa è la realtà.

Lo stesso discorso vale infatti per le riforme della giustizia varate dal Governo in questi mesi, che dovrebbero aiutare a velocizzare i tempi del recupero dei crediti deteriorati. Gli addetti ai lavori le salutano tutte con favore. Chiunque abbia mai messo piede in un Tribunale sa però che il problema non sta solo nelle leggi, ma nella macchina stessa della giustizia. Che avrebbe bisogno di fondi. Insomma: di soldi. Se un Tribunale è carente di cancellieri, di giudici o di personale, modificare una legge non basta: resterà carente di cancellieri, di giudici o di personale. Se un Tribunale ha strumenti informatici obsoleti, inadeguati per un mondo 2.0, riformare la legge non basta: servono investimenti in informatica. Per di più le riforme varate nel decreto di questi giorni (come quelle sul pegno non possessorio) sono utilissime solo per il futuro: non vanno - a meno di dettagli ancora da svelare che cambino la prospettiva - a velocizzare i tempi di recupero per i crediti in sofferenza che già oggi zavorrano i bilanci delle banche. Insomma: la direzione è giusta, il mercato apprezza. Gli addetti ai lavori ritengono che un minimo «riprezzamento» del mercato dei crediti deteriorati sia già in atto. Ma da qui a sollevare le sorti del mondo, come faceva Atlante nella mitologia greca, ce ne passa.

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