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INTERVISTA

Ettore Sequi, ambasciatore italiano in Cina: «Molte opportunità e il Made in Italy può essere la risposta ai nuovi bisogni»

Ambasciatore Sequi, qual è oggi, a suo avviso, il sentiment della business community italiana rispetto ai rapporti tra Italia e Cina?
La Cina sta cercando di superare il suo modello di crescita fondato su investimenti ed esportazioni a basso costo per adottarne uno di sviluppo centrato sulle produzioni ad alto valore aggiunto e sui consumi interni. Si tratta di una transizione epocale, accompagnata da una straordinaria espansione della classe media. Con 250 milioni di cittadini mediamente benestanti ipotizzati per il 2022, la Cina diventerà il più grande mercato mondiale per i beni di consumo. Già nel 2015, con 109 milioni di consumatori adulti, la classe media cinese ha superato per la prima volta quella degli Stati Uniti. Questa fase costituisce un’occasione irripetibile per il nostro sistema imprenditoriale, cui non manca – come ho la fortuna di osservare ogni giorno – la capacità di adattarsi al contesto cinese. È tuttavia indispensabile, in un Paese come questo, saperci muovere come “Sistema Paese”, mettendo a fattor comune risorse e competenze tra Pubblico e Privato.

Ci sono criticità segnalate in maniera particolare da alcuni settori o categorie di imprese? Se sì, quali?
Citerei il sistema di corporate governance e alcune rigidità sperimentate nel regime delle joint venture, le barriere non tariffarie nell’accesso al mercato, la proprietà intellettuale. Registriamo però anche importanti sviluppi, sia sotto il profilo normativo che giudiziario, come dimostrano recenti successi nella soluzione di contenziosi legali, riportati da aziende italiane.

La Cina e le riforme, che conseguenze vede per le nostre aziende e, più in generale, per le imprese straniere presenti nel Paese?
Il governo cinese ha lanciato un ambizioso programma di riforme strutturali sintetizzato nel 13° programma quinquennale (2016-2020). L’ambizione è migliorare la competitività, ridurre la sovraccapacità produttiva e sostenere la crescita delle industrie emergenti. Ciò apre spazio alle capacità tecnologiche delle imprese italiane. Sono già molti i successi: gli elicotteri venduti da Agusta Westland, la fornitura da parte della SCM delle scatole di trasmissione per il bullet train cinese CRH5, la commessa vinta da Petroltecnica per la bonifica di terreni altamente inquinati, l’eccellenza produttiva nel packaging e food safety del Gruppo Goglio. Il mercato cinese riconosce il valore dei prodotti italiani, ma il nostro obiettivo è crescere ulteriormente. Il “Made in Italy” può essere la risposta ai nuovi bisogni.

La dispersione su un territorio così ampio storicamente ha impedito la formazione di veri e propri distretti, a parte qualche eccezione come Suzhou. Ci sono segnali di cambiamento?
La difficoltà di insediare nuovi distretti è reale, non solo per le nostre aziende. L’aumento dei costi di produzione porta ora le stesse aziende manifatturiere cinesi a delocalizzare all’estero. Oggi sono cambiate le motivazioni alla base della presenza diretta in Cina: non più risparmio sui costi ma vicinanza e accesso al consumatore cinese. Chi viene qui, come di recente Ferrero, lo fa per cogliere le immense opportunità offerte da un mercato domestico in espansione, puntando sulla qualità.

Il Go West può rappresentare per l’Italia una reale alternativa?
Non parlerei di alternativa per le aziende italiane, ma di ulteriori opportunità che si aprono in province interessate a collaborazioni internazionali. C’è spazio per l’Italia in questa strategia. Ce lo siamo ricavati con scelte mirate e tempestive: è attivo da due anni il Consolato Generale a Chongqing e abbiamo aperto ben 11 nuovi centri visti in importanti capoluoghi della Cina centrale e occidentale, tra i quali Changsha, Xi'an, Chengdu e Kunming. In queste aree l’Italia, con il supporto della presenza istituzionale sul territorio, ha tutte le carte per soddisfare le richieste di collaborazione.

Il sistema di aree tematiche varate per canalizzare le opportunità di business Italia-Cina. Come l’ambasciata sta portando avanti la strategia?
All’inizio del 2016 abbiamo lanciato la “Road to 50”, una strategia che mira ad approfondire le relazioni bilaterali con l’orizzonte del 2020: l’anno in cui celebreremo il 50° anniversario delle relazioni diplomatiche, ma anche l’anno in cui sarà completato il XIII° programma quinquennale. La Road to 50 mira ad approfondire la collaborazione in una serie di settori per noi strategici, che coincidono con vari settori definiti prioritari nel programma quinquennale: sanità, agroalimentare, urbanizzazione e tecnologie verdi, aviazione/aerospazio, cultura e industrie creative. L’anno della sanità italiana in Cina, lanciato a gennaio in occasione della visita del Ministro Beatrice Lorenzin, è un esempio. Stiamo ora lavorando per sviluppare un progetto analogo nel settore delle tecnologie verdi dove la tecnologia italiana puòtrovare ampio spazio di affermazione.

Il Business Forum Italia-Cina è nato come strumento per facilitare le occasioni di business soprattutto per le piccole e medie imprese. Che fare per rilanciarlo?
Il Business Forum (BF) è una piattaforma che deve permettere alle imprese dei due Paesi di conoscersi meglio e di cogliere le opportunità di collaborazione. La prossima riunione del 5 maggio a Roma è un momento importante per dare slancio a questo strumento e la nomina di Marco Tronchetti-Provera alla guida da parte italiana è un segnale forte dell’impegno italiano.

Chiamare a raccolta le imprese per fare insieme il punto della situazione. Yanqi Lake può diventare un metodo di lavoro permanente?
L’iniziativa del raduno con gli imprenditori italiani in Cina, promossa dall’Ambasciata lo scorso settembre, è stata un vero successo. Ci siamo ritrovati un fine settimana fuori Pechino per confrontarci in modo informale, ma soprattutto per fare teambuilding. Da quell’incontro sono nate idee e collaborazioni concrete. Abbiamo quindi deciso di rendere il raduno un metodo di lavoro permanente ed è già alle porte il secondo appuntamento. Nello stesso spirito, fin dal mio arrivo ho potenziato i rapporti tra le istituzioni italiane in Cina. La rete diplomatica - Ambasciata, Consolati assieme ad ICE - ha ora un board di coordinamento strategico, che si riunisce in videoconferenza, per discutere iniziative e progetti per sostenere meglio il nostro business, garantendo un livello elevato e omogeneo di servizi.

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