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L’orizzonte di Atlante va ben oltre la Borsa

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credito e mercati

L’orizzonte di Atlante va ben oltre la Borsa

Per chi vede l’albero cercando l’orizzonte, quella di ieri è stata certamente una brutta giornata: la Borsa che respinge la quotazione della Popolare di Vicenza per mancanza di requisiti, i titoli delle banche in caduta libera a Piazza Affari, l’indice delle Blue Chip, l’Ftse-Mib, che chiude la seduta con un ribasso di circa l’1%, il peggior risultato giornaliero in Europa e il secondo a livello mondiale dopo il -3% segnato da Tokyo. Ma questo è l’albero: a ben guardare, la foresta racconta molto di più.

Innanzitutto, consente di non fermarsi all’andamento dei titoli bancari per giudicare l’efficacia del Fondo Atlante sui mercati. Non solo perché rischi e benefici reali del fondo salva-banche saranno evidenti e misurabili (anche nei prezzi di Borsa) solo nel medio-lungo periodo. Ma anche perché la sua missione non è certamente quella di alimentare speculazioni finanziarie: tra promesse, false partenze, paure e illazioni, le banche hanno già pagato un prezzo altissimo nei listini di Borsa.

Insomma, chi sostiene che quella di ieri è stata una gionata negativa provi a immaginare che cosa sarebbe successo senza Atlante: UniCredit, in qualità di garante, avrebbe dovuto farsi carico della ricapitalizzazione della ex Popolare di Vicenza, sborsando quasi un miliardo e mezzo per avere il 91% di una banca su cui non ha il minimo interesse. Il mercato sarebbe stato implacabile non solo con Piazza Cordusio, che avrebbe persino corso il rischio di fare a sua volta un aumento di capitale, ma anche con le altre banche che a vario titolo sono sotto osservazione. A cominciare da Banca Intesa, che tra non molto dovrà affrontare la ricapitalizzazione di Veneto Banca in qualità di garante.

Detto questo, un problema però esiste: basteranno i soldi a disposizione? All’estero, come in parte in Italia, gli operatori finanziari e gli analisti hanno evidenziato alcune criticità: tralasciando i dubbi sugli aiuti di Stato o quelli sui conflitti di interesse - tutti da verificare - quello più concreto riguarda la dotazione: i quattro miliardi raccolti finora sono effettivamente pochi. Tra l’acquisto dei titoli inoptati appena fatto e quello che già si profila con l’aumento di capitale di Veneto Banca pari a un miliardo (ed eventualmente anche quelli di Cari Cesena e Cassa Rimini), Atlante ha già ipotecato più della metà della sua intera dotazione. Il tutto, senza contare la missione sulle sofferenze. È chiaro che l’apporto di nuovi investitori è più che necessario: 6 miliardi sono il minimo da raggiungere. Negli ultimi giorni si è parlato a Bruxelles di un possibile intevento di sostegno dell’Europa attraverso un investimento diretto della Bei nel fondo Atlante: un piano del genere è nell’interesse non solo dell’Italia ma anche dell’Europa e della stabilità finanziaria dei mercati. Il sistema bancario italiano è solido e con Atlante ha dimostrato - insieme al governo - di saper affrontare e risolvere i suoi problemi, ma se la stabilità del sistema è davvero così importante, allora è il momento che anche l’Europa batta un colpo.

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