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L’umanesimo di Francesco per un’Europa senza guida

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identità e diritti

L’umanesimo di Francesco per un’Europa senza guida

L’Europa premia il Papa. Il Papa offre il premio per l’Europa. È abbastanza inusuale che un Papa accetti un premio. Il premio internazionale Carlo Magno 2016, che ieri Papa Francesco ha accettato - in precedenza, nel 2004, era stato dato a Giovanni Paolo II giunto alla fine della vita -, non ha un significato celebrativo. Il Papa l’ha accettato offrendolo per l’Europa. È stato accolto come occasione di dialogo con le istituzioni e le nazioni europee.

In mattinata, prima di ricevere il premio, Papa Francesco aveva ricevuto in udienza le tre massime autorità dell’Unione europea: Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo; Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo; Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea. Poco dopo, distintamente, Angela Merkel in questi giorni a Roma. Un’Europa carente di identità e di leadership. Un’Europa che è giunta al punto più basso del processo di realizzazione del proprio disegno unitario, anzi a un passo dalla sua dissoluzione, con la Gran Bretagna che si interroga se uscire, l’Austria-Ungheria che si trincera dietro il filo spinato, e la Grecia in preda a un dramma economico-sociale dal quale non riesce a risollevarsi; un’Europa che non sa più immaginare se stessa va dal Papa.

Ricordava Karl Löwith, in uno scritto del 1940 dedicato all’unità europea e alla sua dissoluzione, che il «nucleo della sua unità non va assolutamente inteso in senso materiale; esso rimanda invece a un comune modo di sentire, di volere e di pensare sviluppatosi nel corso della storia europea, e a una determinata modalità di concepire e dare forma a se stessi e al mondo. L’Europa: questo è lo spirito europeo e il suo comune custode». Non c’è in nessuno dei leader europei attuali neppure l’ombra di una tale consapevolezza culturale e spirituale.

Papa Francesco, a differenza dei suoi predecessori, non è un europeo. Egli guarda all’Europa da una prospettiva eccentrica, per questo ne riconosce l’identità profonda come un’identità eccentrica, come unità nella diversità. «Dopo anni di tragici scontri - ha detto Francesco nel suo discorso di ringraziamento - culminati nella guerra più terribile che si ricordi, è sorta, con la grazia di Dio, una novità senza precedenti nella storia».

«Le ceneri delle macerie non poterono estinguere la speranza e la ricerca dell’altro, che arsero nel cuore dei Padri fondatori del progetto europeo. Essi gettarono le fondamenta di un baluardo di pace, di un edificio costruito da stati che non si sono uniti per imposizione, ma per la libera scelta del bene comune, rinunciando per sempre a fronteggiarsi. L’Europa, dopo tante divisioni, ritrovò finalmente sé stessa e iniziò a edificare la sua casa». Poi ha aggiunto: «Quell’atmosfera di novità, quell’ardente desiderio di costruire l’unità paiono sempre più spenti».

Già nel discorso al Consiglio d’Europa, il 25 novembre del 2014, Papa Francesco aveva domandato, di fronte alle nuove responsabilità del continente, dove fosse quella forza ideale che aveva animato e reso grande la sua storia. Ieri ha ripetuto: «Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà? Che cosa ti è successo, Europa terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati? Che cosa ti è successo, Europa madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro fratelli?».

Egli è tornato su quella che per lui è la figura chiave di un cristianesimo post-moderno: il concetto di dignità. La dignità come punto di espressione dell’identità cristiana, come punto di congiunzione tra la dimensione religiosa dell’essere umano e le molteplici espressioni culturali della storia europea. Il Papa non intende dunque rinunciare al rapporto reciproco tra Europa e identità cristiana. Al centro di questo ambizioso progetto, carico di conseguenze politiche e culturali, vi è la fiducia nell’uomo, non tanto in quanto cittadino, né in quanto soggetto economico, ma nell’uomo in quanto persona dotata di una dignità trascendente. Dignità è parola chiave che il Papa sceglie per declinare l’insieme dei diritti e della promozione umana. Egli non ne accetta tuttavia la chiusura in un umanesimo di impronta individualistico, ma, ribadendo la dimensione trascendentale della persona, istituisce nuovamente la possibilità di poter coniugare coscienza individuale e responsabilità comune.

A un’Europa dimentica di sé, egli prospetta una «trasfusione della memoria», che consenta di «affrontare con coraggio il complesso quadro multipolare dei nostri giorni, accettando con determinazione la sfida di “aggiornare” l’idea di Europa. Un’Europa capace di dare alla luce un nuovo umanesimo basato su tre capacità: la capacità di integrare, la capacità di dialogare e la capacità di generare». L’identità europea è sempre stata un’identità dinamica e multiculturale, non il riduzionismo e l’uniformità del pensiero. La paura dello straniero non appartiene dunque alla storia europea. Il dialogo come fondamento della pace, richiede di saper costruire coalizioni non più solo militari o economiche, ma culturali, educative e religiose. Infine, perché l’Europa torni giovane e sappia nuovamente generare ha bisogni di giovani, di famiglie, di vita. Non un’idea dell’Europa basata sulla difesa del proprio spazio, ma un’Europa processuale, in grado di generare processi di cambiamento di civiltà a livello mondiale. È questa l’Europa che sogna Papa Francesco.

Questa prospettiva indicata alle autorità europee convoca direttamente la responsabilità e il ruolo della Chiesa. Il suo compito coincide con la sua missione: «L’annuncio del Vangelo, che oggi più che mai si traduce soprattutto nell’andare incontro alle ferite dell’uomo, portando la presenza forte e semplice di Gesù, la sua misericordia consolante e incoraggiante. Dio desidera abitare tra gli uomini, ma può farlo solo attraverso uomini e donne che, come i grandi evangelizzatori del continente, siano toccati da Lui e vivano il Vangelo, senza cercare altro. Una Chiesa ricca di testimoni potrà ridare l’acqua pura del Vangelo alle radici dell’Europa».

C’è dunque un legame profondo tra l’unità delle Chiese e la credibilità della loro testimonianza. C’è un legame profondo tra quella testimonianza autentica e il posto ritrovato del cristianesimo in Europa. E c’è un legame profondo tra il posto del cristianesimo in Europa e il posto ritrovato dell’Europa nel mondo.

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