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Se gli slogan diventano stretti

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politica 2.0

Se gli slogan diventano stretti

Con l’avviso di garanzia al sindaco 5 stelle Nogarin si comincia a vedere quanto sia complessa la realtà di chi amministra e quanto sia fragile lo slogan «onestà onestà».

Un urlo da opposizione, appunto, tagliato per chi non ha responsabilità e può permettersi il lusso della genericità. Ma ora che il Movimento si candida a governare perfino Roma è necessario che quello slogan venga corredato con criteri precisi e uniformi, validi per tutti, non solo per gli altri.

Ieri i 5 Stelle hanno fatto scudo sul sindaco di Livorno, da Beppe Grillo a Di Battista che ha invitato a fare le debite differenze. E cioè che gli avvisi di garanzia potrebbero essere un atto dovuto, che è stata proprio l’amministrazione pentastellata a chiedere l’accertamento della verità. Insomma,argomentazioni che si erano già sentite da esponenti politici di altri partiti e lette in tante dichiarazioni recenti o passate. Dov’è la differenza? Nel marchio 5 Stelle? Se è così la diversità diventa un atto di fede, come un tempo c’era la differenza antropologica della sinistra. Insomma può essere vero che l’avviso di garanzia a Nogarin sia diverso da tutti gli altri solo perché lo dice Grillo o Di Battista? È chiaro che questa linea non regge quando si amministrano città complesse come Livorno o più complesse come Roma dove oggi la candidata Virginia Raggi è in testa nei sondaggi. Quello che serve e non si vede è un passo in più per essere credibili – al di là delle figure carismatiche – e rendere riconoscibili i confini entro i quali il Movimento ammette o non ammette deroghe, per se stesso e per gli altri.

Il punto vero, insomma, è che il partito di Grillo non si è dotato di criteri uniformi in questo settore come in altri e di volta in volta scrive regole estemporanee. Un modo di procedere troppo occasionale e poco strutturato che rischia di scontrarsi con la realtà più articolata di chi ha deciso di fare un salto di qualità. E di aspirare al governo della Capitale. Se la spiegazione degli avvisi di garanzia di Livorno – ma anche delle molte difficoltà a governare la città – è che la colpa è di chi c’era prima, tanto vale non correre nemmeno per Roma dove questo è un fatto già assodato dalle inchieste giudiziarie e dallo stato in cui è ridotta.

Ecco perché quello slogan urlato ai funerali del guru dei 5 Stelle ora appare in tutta la sua fragilità. Perché quelle due parole urlate davanti alla bara di Casaleggio – onestà onestà - coprono tutte le contraddizioni di una forza politica che non ha ancora scelto se stessa e i suoi elettori. Perché portare delle differenze, selezionare reato da reato, avviso di garanzia da rinvio a giudizio e questo da una sentenza, comporta uno sforzo in più e un rischio in più. Quello di cercare un consenso meno facile tra elettori e sostenitori, saziati agevolmente dal Vaffa o dallo slogan sull’onestà ma più difficili da trattenere o convincere con un supplemento di ragionamento.

E questo vale per l’ambito della giustizia quanto per quello della politica estera o dell’immigrazione. Perché come spiegano molti politologi, l’unicum dei 5 Stelle tra i paesi occidentali, è di essere una forza populista sia di sinistra che di destra. Un po’ Podemos , un po’ Front National. Non si è ancora capito il posizionamento sull’Europa visto che il Movimento sta con l’Ukip di Farage ma poi l’aspirante leader Luigi Di Maio loda Cameron contrario a Brexit. E non si capisce se sull’immigrazione le posizioni siano le stesse di Salvini e Le Pen oppure no. E infine, sul lato sinistro, il deciso schieramento a favore dei diritti civili, unioni e adozioni, è stato poi rivisto e corretto all’ultimo momento e dopo la lettura di sondaggi.

E dunque i distinguo di ieri sul caso Nogarin sono l’inizio di un lavoro più duro che aspetta i 5 Stelle se dalla piazza vogliono arrivare al governo di Roma o del Paese. E restarci più di una stagione.

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