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Obama andrà a Hiroshima

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Obama andrà a Hiroshima

  • –Marco Valsania

Barack Obama, ancora una volta, fa storia: sarà, ha annunciato ieri la Casa Bianca, il primo presidente americano in carica a visitare Hiroshima, teatro della tragica e controversa esplosione della prima delle due bombe atomiche – e la prima al mondo in assoluto – sganciate dagli aerei statunitensi sul Giappone al finire della Seconda Guerra Mondiale. L’obiettivo: sottolineare, pagando tributo all’orrore di allora, l’impegno odierno a favore della non proliferazione, del disarmo nucleare, più in generale della pace. E rafforzare, forse e soprattutto, accanto agli appelli morali gli inviti politici a soffocare nuovi, potenziali focolai di gravi crisi internazionali, dall’importanza del successo dell’accordo nucleare con l’Iran alla minaccia dei missili nordcoreani, fino alle tensioni militari nel Mar Cinese Meridionale dove nelle ultime ore vascelli della marina statunitense e cinese si sono nuovamente incrociati al largo di isole rivendicate da Pechino.

Hiroshima per Obama, al tramonto della sua presidenza, è il simbolo di quella che vorrebbe fosse una delle sue “legacy”, delle sue durature eredità politiche. Oggi è una città rinata dalle devastazioni, con oltre un milione di abitanti. Rinata senza poter è voler mai dimenticare però il 6 agosto del 1945, quando alle 8:15 del mattino “Little Boy”, l’ordigno a bordo del B-29 dell’aviazione militare statunitense Enola Gay, portò dal cielo morte e distruzione – dimezzando una popolazione allora di 340.000 persone – che sarebbero riverberate per generazioni. Oggi l’Hiroshima Peace Memorial Park nel cuore della città è occasione di doloroso omaggio alle vittime, per tutti come per Obama, ma ricorda ancora a nuove generazioni l’orrore di continue corsa agli armamenti e agli arsenali nucleari.

Obama, hanno detto i suoi consiglieri, non risolverà il dibattito storico sulla necessità e le ragioni di quella bomba. Non si scuserà, cioè, per il passato, un “rischio” che per mesi ha diviso gli stessi stretti collaboratori del presidente sull’opportunità della visita. «Non riesaminerà la decisione di usare la bomba atomica – ha dichiarato il vice-consigliere per la sicurezza nazionale Ben Rhodes –. Offrirà piuttosto una visione per il nostro comune futuro». Un futuro, ha chiarito la Casa Bianca, che agli occhi dell’amministrazione deve «perseguire la pace e la sicurezza globali senza arsenali nucleari». Obama «accenderà i riflettori sul terribile costo umano delle guerre».

Il Primo ministro giapponese Shinzo Abe, che accompagnerà Obama nella visita alla città-simbolo il 27 maggio, ha accolto il messaggio del presidente, evitando a sua volta accuratamente di chiedere o suggerire scuse che aprano nuove ferite: «Il Giappone è il solo Paese a essere stato colpito da una bomba atomica – ha fatto sapere –. Abbiamo una responsabilità di assicurare che quella terribile esperienza non venga mai più ripetuta da nessuna parte. Vorrei compiere ogni sforzo assieme al Presidente Obama a favore dell’avvento di un mondo senza armi atomiche e abbiamo l’opportunità di rafforzare questa missione». Anche se il sindaco di Hiroshima è stato meno magnanimo: dal presidente americano ha detto di desiderare e aspettarsi nuovi passi concreti di denuclearizzazione in occasione del suo arrivo.

L’amministrazione Obama è stata di sicuro artefice, durante due mandati, di nuove politiche sul nucleare militare. Nelle scorse settimane Obama ha ospitato a Washington l’ultima edizione del summit internazionale sul tema da lei inaugurato: davanti a oltre 50 leader mondiali ha rivendicato l’importanza di affrontare la nuova, difficile sfida di tenere materiali e armi atomiche fuori dalle mani di organizzazioni terroristiche, una minaccia resa urgente da Isis, oppure di paesi inaffidabili. Ma anche i limiti della sua azione sono parsi evidenti al cospetto di assenze eccellenti all’appuntamento, a cominciare dalla Russia.

Né mancano all’interno degli Stati Uniti discussioni sulle più recenti, se spesso poco appariscenti, strategie atomiche statunitensi: l’amministrazione ha avviato il più grande progetto di ammodernamento di questi armamenti sperimentando nuove generazioni di piccole bombe di precisione e guidate. Sul fronte domestico, inoltre, l’avanzata di Donald Trump come candidato repubblicano alla presidenza a novembre ha portato alla ribalta le sue dichiarazioni su un eventuale ricorso ad armi atomiche in Europa e in Asia.

Obama ha tuttavia una lunga storia a favore della non proliferazione nucleare che probabilmente lascerà traccia. Il suo Premio Nobel per la pace del 2009, in parte, venne già motivato con la sua attività in questo ambito. Né il significato della prossima visita – che avverrà al termine di un viaggio asiatico che lo porterà dal Vietnam il 21 maggio al Giappone e dal G7 appunto a Hiroshima – può essere sottovalutato. Il lungo trauma, umano e politico, della bomba per molti anni ha tenuto lontano i dignitari americani da Hiroshima e Nagasaki. Tra le poche eccezioni l’ex presidente democratico Jimmy Carter nel 1984 e lo Speaker della Camera Nancy Pelosi nel 2008. Un silenzio diplomatico ufficiale che è stato rotto, proprio dall’amministrazione Obama, nel 2010 con l’allora ambasciatore a Tokio John Ross e poi con il suo successore Caroline Kennedy. Il Segretario di Stato John Kerry ha partecipato a una cerimonia nella città il mese scorso. Finché, tra qualche settimana, sarà Obama a spezzare l’ultimo tabu, a diventare il primo Commander in Chief degli Stati Uniti a esporsi in prima linea alla memoria tuttora radioattiva di “Little Boy”.

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