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Il Papa, la Chiesa e l'ascolto del presente

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testimonianze dai confini

Il Papa, la Chiesa e l'ascolto del presente

  • –di Nunzi Galantino
Ansa
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Che ci fa un vescovo come me in un teatro, a Roma? Incontra un colto signore sui novant'anni, giornalista da tutti apprezzato e con posizioni non sempre da tutti condivise. Ci siamo ritrovati seduti su due austere ma comode poltrone al Teatro Eliseo, per un “Processo al Potere”.

Questa volta il processo riguardava il “Potere” di papa Francesco. L'invito era di quelli che difficilmente si possono declinare; veniva da Lucia Annunziata nell'ambito di una interessante iniziativa, condotta da lei, e organizzata dall'editore Laterza. A dire il vero, un po' di imbarazzo me l'ha creato la presentazione fatta di me dall'intervistatrice. «L'ultimo degli ultimi della lista, divenuto Segretario Generale della Cei, pescato mentre faceva il vescovo in una diocesi della Calabria, Cassano all'Ionio, da Papa Francesco».

Ha detto così! A parte la retorica che può accompagnare queste parole, effettivamente, dopo i miei faticosi e straordinari anni trascorsi a Cerignola, come Parroco, sono stato nominato Vescovo in Calabria. Ed ero lì quando mi raggiunse la telefonata di papa Francesco, che mi chiedeva di andare a Roma. È cominciata così la mia nuova avventura e il mio nuovo servizio alla Chiesa e accanto a papa Francesco. Dalla poltrona sistemata sul palcoscenico scruto le prime file, ma si vede poco a causa dei fari; però mi sento sostenuto dalle parole dell'Annunziata e sostenuto dagli apprezzamenti dell'anziano e importante signore! Mi sono sentito fortemente responsabilizzato nel mio ruolo di attore nel “Processo al Potere”.

Devo confessare che, nel passato, non ho sempre condiviso le analisi del giornalista mio interlocutore, anzi non ho mancato talvolta di disapprovarle pubblicamente. All'Eliseo abbiamo dialogato soprattutto avendo in mente la Chiesa di Francesco, ognuno partendo dai propri punti di vista, un po' lontani; ci siamo ritrovati comunque nell'individuare, in questa Chiesa, la Chiesa dell'accoglienza, quella che non accetta i muri di un'Europa recentemente ottusa; una Chiesa capace anche di chiedere perdono e dire “scusa, permesso, grazie”. Non ho condiviso alcune affermazioni del Direttore, così pieno di esperienza. Non ho condiviso, ad esempio, la sua visione di un Dio fin troppo omologato e indifferenziato, che riduce le diverse tradizioni religiose a una questione meramente nominalistica. Come ho avuto da ridire quando il gesto del Papa che siede in Piazza San Pietro a “confessare” i giovani viene derubricato a “intervista”.

Ma quanta gioia mi ha procurato percepire che l'incontro con Francesco sta sostenendo la sua ricerca e la sua lettura della presenza della Chiesa in questo nostro mondo. Per fare questo ci vuole intelligenza, ma bisogna coltivare anche qualche scampolo di umiltà. Non lo so se quel mercoledì sera era il momento giusto per farlo, ma ho sentito forte la necessità di confermare, a di là di letture superficiali e talvolta tristemente faziose, la straordinaria continuità tra Papa Benedetto e Papa Bergoglio. Papa Francesco sta lì perché il papa emerito ha rinunziato all'esercizio del ministero petrino. E, stando alle sue parole, lo ha fatto per il bene della Chiesa nella quale, accanto a tante belle realtà, ha anche con chiarezza intravisto segni chiari di “sporcizia”.

Solo un uomo dotato di invidiabile libertà interiore, frutto di grande preghiera e spessore culturale poteva prendere la decisione di farsi da parte “per il bene della Chiesa”! Francesco ha ripreso la Chiesa proprio là dove l'aveva lasciata Benedetto, cercando di tirarla fuori dalle secche in cui umanamente si era cacciata. Lo sta facendo con scelte che rimettono continuamente al centro il Vangelo, che non si ispirano allo Spoil system. Sono le scelte di un uomo che continua a credere che la Chiesa non è né sua né di qualche altro, ma appartiene al Signore che l'ha voluta. Qualcuno fa fatica a capirlo e ancor più ad accettarlo. Ma chi ha il cuore libero penso non stenti a seguirne le indicazioni, anche se mettersi subito in cammino accettandole - beh! – è ogni giorno una bella sfida.

A un certo punto, mentre io cerco di dire queste cose, l'anziano giornalista che è accanto a me, racconta un piccolo aneddoto e riferisce di una telefonata con Francesco e della risposta che questi da a chi lo accusa di essere “comunista”: «Il mio messaggio parte dal Vangelo, che posso farci se il Vangelo piace ai comunisti?». Umberto Eco avrebbe detto: «L'ironia è la mia religione!». Beh, non è una religione, però l'ironia è un sistema di vita e di certo fa un gran bene al nostro prenderci così sul serio. Ah… Non so se avete capito, il giornalista di cui ho parlato sin qui, il raffinato signore dai capelli bianchi, era Eugenio Scalfari! Quella sera il focus dell'incontro all'Eliseo era il potere religioso e la Chiesa di Francesco; questi ha mostrato tutta l'autorevolezza del suo potere con quella domanda posta ai “grandi” d'Europa mentre gli veniva conferito il premio Carlo Magno: «Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell'uomo, della democrazia e della libertà? Che cosa ti è successo, Europa terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati? Che cosa ti è successo, Europa madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro fratelli?».

Anche ora che scrivo e rileggo quel discorso, con le sue tante citazioni, mi pare chiara la tipologia di “potere” di Francesco. La stessa scelta delle citazioni non è stata casuale: lo scrittore Elie Wiesel, Robert Schuman, Erich Przywara con l' opera L'idea di Europa e l'Evangelii gaudium. Cosa mostrano queste citazioni? Papa Francesco ha un'idea ben precisa di Europa: una convivenza fra varie istanze e livelli; egli non dimentica mai la deriva dell'economia liquida e non scorda il posto della creatività e della bellezza; non smette di soffrire per i giovani sfruttati e che non trovano il loro posto nel mondo. Il Papa auspica un'Europa che possa ricordare il principio della generatività e così, con quest'idea di Europa generativa, leggiamo con amarezza le rassegne stampa, mentre dall'estero giungono immagini sconfortanti di Atene e delle strade battute dai numerosi profughi che l'attraversano. Cosa fa l'Europa? Sta accadendo quello che la tragedia greca aveva messo in scena: l'Europa non si sta rivelando grata nei confronti della madre, anzi è una Europa matricida che si afferma per negazione. L'Europa che recide, però, è anche la stessa che impoverisce la sua storia. Papa Francesco auspica una “trasfusione di memoria”, riprendendo Wiesel, e questo auspicio potrebbe attecchire soprattutto nei nostri ragazzi, perché i loro padri sono stanchi e storditi da un'Europa in cui pochi credono ancora, visto che la demagogia va prendendo il posto della realtà. Contro i mistificatori sarebbe opportuno porsi “in ascolto del Presente”, come recitava il tema del Congresso nazionale della FUCI, la gloriosa Federazione Universitari Cattolici Italiani; quella, tra gli altri, di Moro, Lazzati, Fanfani, Montini.

Ascoltare il Presente vuol dire partecipare attivamente a tutto ciò che in esso si muove. L'ascolto del Presente non può essere frutto di una generica disponibilità a farsi raggiungere da ciò che ci capita intorno. Ad ascoltare il Presente ci si educa coltivando “relazioni educative”, non solo tra generazioni, ma anche tra persone con sensibilità diverse. Ricordando che una relazione non è “educativa” quando attraverso di essa transitano solo diktat ideologici più o meno affascinanti oppure una serie di imposizioni più o meno etiche e rassicuranti.

Nunzio Galantino è Segretario Generale della Cei

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