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Innovazione, la partita decisiva dell’Italia

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L'Editoriale|lo scenario

Innovazione, la partita decisiva dell’Italia

Il ministro dello Sviluppo oggi in Italia non ha un compito facile. Negli ultimi dieci anni il nostro reddito pro capite è sceso di quasi il 10% e ora è più basso che nel 2000. Ma anche prima della crisi, l’Italia era il fanalino di coda tra i Paesi europei. Quali dovrebbero essere le priorità del neo-ministro, per invertire questa tendenza?

Sul suo tavolo il ministro troverà molti dossier aperti: la questione dell’Ilva e di altre imprese in crisi, l’accesso al credito per le piccole e medie imprese, il disegno di legge sulla concorrenza, la rimozione di impedimenti burocratici. Alcune sono questioni rilevanti, altre meno. Ma la vera priorità, quella che davvero fa la differenza tra sviluppo e stagnazione, è un’altra. Per tornare a crescere in modo duraturo, l’Italia deve espandere i settori e il numero di imprese che producono innovazione.

“Le economie avanzate crescono perché innovano. Le imprese che innovano guadagnano di più, pagano di più i loro dipendenti, crescono più in fretta”

 

Le economie avanzate crescono perché innovano. Le imprese che innovano guadagnano di più, pagano di più i loro dipendenti, crescono più in fretta, attraggono talenti e stimolano la crescita di altre imprese. L’Iphone è assemblato in Cina, dove lavorano centinaia di migliaia di dipendenti. Quasi tutte le sue componenti sono prodotte a Singapore e in altri Paesi asiatici. Ma chi ci guadagna di più dalla vendita di un Iphone non si trova in Asia: sono gli azionisti e i dipendenti della Apple a Cupertino, in Silicon Valley, dove l’Iphone è stato concepito e creato. Chi innova cattura il valore dell’innovazione e cresce più rapidamente. Gli altri si accontentano delle briciole.

Innovare significa creare nuovi prodotti e nuovi servizi, e sfruttare il valore commerciale di una nuova idea. I settori dell’innovazione includono il manifatturiero avanzato, l’economia digitale, le scienze della vita (medicina, biologia, farmaceutica), la robotica, i nuovi materiali. Ma anche molti servizi producono innovazione, in finanza, nella logistica, nei trasporti, nella comunicazione, nell’intrattenimento, Anche nel turismo (si pensi a Airbnb).

L’innovazione non arricchisce solo chi la fa, ma anche chi interagisce con lui. Enrico Moretti, economista a Berkeley, ha stimato che ogni nuovo posto di lavoro creato nel settore dell'innovazione fa nascere cinque altri posti di lavoro: nei settori che producono servizi sussidiari (legali, finanziari, di trasporto), ma anche servizi personali (sanità, intrattenimento, istruzione). La ragione è che chi innova dà lavoro, si arricchisce, e spende.

Cosa si può fare per facilitare l’espansione dei settori legati all’innovazione? Per rispondere, occorre partire da due premesse. Primo, l’innovazione la fanno le persone, e alcune persone in particolare: i giovani di eccezionale talento, i più istruiti, i più vicini al mondo della ricerca. Secondo, le persone istruite e di talento sono attirate da individui simili a loro. La chiave del successo di Silicon Valley, Londra, New York, Boston, è che hanno creato una massa critica di individui alla frontiera della conoscenza nei loro settori, che interagiscono, imparano gli uni dagli altri, emulano chi lancia una nuova start-up, si specializzano nell’assistere l’innovazione. Anche nell’era di internet, la prossimità fisica è fondamentale per trasmettere le conoscenze, e ciò vale soprattutto nei settori che innovano, cioè producono e sfruttano la conoscenza e le nuove idee.

Per far crescere i settori e le imprese che innovano, dunque, occorre innanzitutto attirare e accumulare capitale umano. Esattamente il contrario di quanto sta facendo il nostro paese, che ogni anno vede crescere l'esodo di giovani talenti, che spende sempre meno in ricerca, e dove l'istruzione avanzata è sempre più lontana dalle migliori pratiche internazionali.

È questa la priorità più importante per una politica dello sviluppo: promuovere e coordinare interventi per attrarre capitale umano e facilitare la crescita dei settori che innovano. Vi è più di uno strumento per farlo: aumentare i finanziamenti alla ricerca, investire nelle università, un vero credito d’imposta per chi fa ricerca e innovazione, esenzione totale per le start up, concedere agevolazioni fiscali agli scienziati e al personale qualificato che si trasferisce nel nostro paese, migliorare la qualità della vita e i servizi di base nelle nostre città. Molti di questi strumenti sono trasversali a diverse aree di intervento, ed esulano dalle competenze dirette del ministero dello Sviluppo. Ma è indispensabile il coordinamento e l’impulso da parte di un attore consapevole e lungimirante. Se vuole davvero incidere sullo sviluppo economico in modo duraturo, è questo il ruolo più importante per il neo ministro.

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