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Bond periferici «cercasi» per il QE

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MERCATI E LIQUDITÀ

Bond periferici «cercasi» per il QE

Mentre la Fed si prepara ad alzare i tassi, formalizzando così il rientro della politica monetaria americana alla normalità, la marcia dell'Eurozona sui territori inesplorati del Quantitative Easing sembra non solo lontana dalla meta, ma anche costellata di incertezze e imprevisti tecnici. Come quello accaduto il mese scorso. Di cui ancora si sa ben poco.

Come ogni mese dal marzo 2015, la Bce informa il mercato sugli acquisti di Titoli di Stato europei così come stabilito dal programma di Quantitative Easing. Dai 60 miliardi al mese della prima fase, la Bce ha aumentato due mesi fa il plafond a 80 miliardi, accentuando così la discesa dei tassi di interesse a zero o sotto-zero in gran parte dell’Eurozona. Tutto è filato liscio fino ad aprile, quando si è verificato una sorta di corto circuito: il taglio degli acquisti di bond sovrani periferici - nello specifico quelli di Portogallo e Irlanda - e il parallelo aumento di quelli emessi dai Paesi più forti, come Germania, Olanda e Francia. Mai prima d’ora era accaduta una cosa del genere: non solo perchè il QE è stato pensato proprio per aiutare i Paesi più indebitati o con i mercati più illiquidi a finanziarsi a basso costo, ma anche perchè l’aumento degli acquisti di Bund tedeschi - ormai a zero o sottozero su ogni durata - è totalmente inutile (se non dannoso) per Berlino e per il mondo finanziario germanico. Che del QE e dei tassi a zero è noto che farebbero volentieri a meno.

Il mercato ama ricamare su ciò che non capisce, ma spesso non sbaglia: la tesi degli analisti è che senza lo «strappo» di aprile la Bce non avrebbe raggiunto gli 80 miliardi prefissati nell’impegno di spesa mensile del QE. «Abbiamo una domanda da 80 miliardi di euro per la Bce - ha scritto persino il Wall Street Journal - Per quale motivo sono stati tagliati gli acquisti di bond periferici a vantaggio dei bond tedeschi? È forse perchè scarseggiano i titoli irlandesi e portoghesi, o perchè ne ha già troppi e non può comprarne altri?».

A legittimare gli interrogativi del mercato è infatti il manuale d’uso del QE, in base al quale gli acquisti mensili di bond sovrani sono regolati da fattori tecnici e soprattutto da regole rigidissime su valori e quantità. La più importante è la «Capital Key», che impone alla Bce di limitare il perimetro degli acquisti di bond al valore delle quote di capitale che ogni paese dell’Eurozona detiene nella Banca centrale. E in ogni caso, la Bce non può mai detenere più di un terzo del debito emesso da ogni paese-membro. Il QE non è una manovra inedita, ma quello della Bce si muove in territori inesplorati: i suoi acquisti riguardano ben 19 Titoli di Stato diversi, mentre per la Fed (o per la Banca Centrale del Giappone nel QE sui Samurai Bond) l’unico titolo di Stato da acquistare era quello americano.

Nel buio informativo, si dovranno aspettare i dati sul QE di maggio per avere un’idea più precisa su quanto è avvenuto il mese scorso. Per ora, la sensazione è che la carenza di bond sovrani per il QE ipotizzata l’anno scorso si stia concretizzando. Del resto, anche nell'Eurotower sono consapevoli che il serbatoio del debito non è uguale per tutti gli Stati: tra una manovra straordinaria e l’altra, la disponibilità di bond periferici si sta esaurendo. Dal 2011 si cerca di tenere insieme l’Eurozona con operazioni come il Securities markets programme (Smp), le Outright monetary transaction (Omt) e con le varie operazioni di rifinanziamento a lungo termine come il Long-term refinancing operation, o Ltro, il Targeted long-term refinancing operation, o Tltro. Poi, dall’anno scorso, con l’offensiva finale del QE. Il risultato è che nessuno può dire oggi con esattezza a quanto ammonti lo stock di debito sovrano accumulato nei forzieri di Francoforte, nè quale paese periferico sia vicino al limite del 35% del debito custodito dalla Bce. Una cosa quasi certa, invece, è che il problema non dovrebbe riguardare l’Italia. Il flottante in circolazione dei BTp resta abbondante nonostante il super-compratore a Francoforte, essendo l'Italia super-indebitata: questo è tecnicamente un punto a favore importante in un mercato internazionale dei bond scosso da violenti strappi di volatilità.

Proprio per la mancanza grandi alternative ai BTp, Francoforte continua ad allargare il perimetro dei titoli acquistabili nel QE: da fine giugno, non a caso, i bond societari entreranno nel bacino dei titoli Sovrani. Si tratta di un mercato stimato tra i 470 e i 580 miliardi di euro, di cui però non è chiaro chi beneficerà davvero. I grandi emittenti corporate in Europa sono le aziende tedesche e francesi, ma i veri protagonisti sono le multinazionali americane: in maggio hanno emesso bond per quasi 240 miliardi di euro, nuovo record storico su base mensile. Se qualcuno teme che la bolla americana dei bond si trasformi presto in una bomba a orolgeria per l’Eurozona, lo strappo di aprile è un segnale da non sottovalutare.

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