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I compiti fatti e quelli ancora da fare

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ITALIA E CRESCITA

I compiti fatti e quelli ancora da fare

Le recenti valutazioni dell'Fmi sui profili di medio-lungo termine dell'economia italiana sono incoraggianti e hanno trovato una conferma indiretta persino nel giudizio del ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble,secondo il quale siamo «sulla strada giusta». L'Italia non è più un osservato speciale degli organismi internazionali, di quelli europei e della Germania, ma ha ancora tanti problemi da risolvere come è emerso anche dalla assemblea di Confindustria.

La Germania
Essendo questo il Paese che crea l'opinione sugli e degli altri Stati europei, è molto importante che Schauble sia andato oltre un generico incoraggiamento all'Italia affermando di non aver fatto obiezioni in sede europea alla recente flessibilità di bilancio consentita al nostro Paese. In tal modo, il ministro delle Finanze tedesco ha dato un’apertura più generale ad un’interpretazione meno fiscale del Patto di Stabilità e Crescita. Qui anche l’opera tecnico-politica di Padoan sui metodi di calcolo dei deficit strutturali e sulle flessibilita ammissibili ha avuto il suo peso. Più in generale, la nostra impressione (o forse la nostra speranza) è che in Germania ci si renda conto di come le sole politiche fiscali restrittive non terranno assieme l’Europa senza la quale la stessa Germania soffrirebbe.

“è molto importante che Schauble sia andato oltre un generico incoraggiamento all'Italia”

 

La sua manifesta e ripetuta preoccupazione per l’eventualità del Brexit e la regia ragionevole per sbloccare la tranche di aiuti alla Grecia, de facto arrivando ad un “taglio” sul debito via tassi di interesse, dimostrano che la Germania sta cambiando.Noi siamo stati spesso critici nella crisi verso i tedeschi ma quando esaminiamo da vicino la grande capacità innovativa della sua manifattura intersecata con la tecnoscienza adesso incentrata sulla industria 4.0 non possiamo che ammirarli. Così come dobbiamo ammirarli sulla riunificazione tedesca e su come adesso affrontano sul loro suolo l’integrazione degli immigrati. Per l’Italia un buon rapporto con la Germania è importante come i Presidenti Ciampi e Napolitano hanno sempre sostenuto.

Il Fondo Monetario Internazionale

L’Fmi segnala che l’Italia deve sfruttare al meglio i fattori positivi rivenienti dalla politica monetaria a tassi zero e dai prezzi delle materie prime compressi che compenserebbero i fattori negativi quali il rischio di Brexit, i problemi migratori nonché il rallentamento della crescita dell’economia mondiale. Noi crediamo invece che nella migliore delle ipotesi per l’Italia i fattori positivi e negativi si pareggiano ma che sul versante negativo vada messa anche la situazione della Governace europea ammaccata dalla lunga crisi e dalla recente incapacità di gestire le immigrazioni con la conseguente diffusione della euro-sfiducia. Non concordiamo perciò con chi in Italia ritiene che la nostra ripresa dal 2015 sia dovuta quasi tutta ai favorevoli fattori esogeni. Non è così e il problema della nostra crescita sta prevalentemente nelle scelte europee e nelle nostre scelte nazionali. Consideriamo queste ultime.

Infodata: Fmi, le sofferenze risultano pari all'11,2%, sopra la media Ue. Dove va il credito delle banche italiane?

L’Fmi ritiene che il Governo abbia perseguito una serie «impressionante» di riforme per l’eliminazione di molte rigidità strutturali preesistenti alla crisi e che raggruppiamo in cinque tuttora in itinere: la riforma del mercato del lavoro con il Job Acts; le riforme istituzionali (compresa quella costituzionale in corso) e della pubblica amministrazione; la riforma delle banche popolari e del credito cooperativo; la riforma fiscale; la riforma del bilancio dello Stato. Se si entrasse nel cronogramma di queste riforme si potrebbe obiettare che c’è ancora strada da fare anche perché (sarebbe bene ricordarlo sempre) la difesa delle rendite di posizione è molto tenace.

L’Fmi, dopo aver auspicato che «per il futuro si mantenga un ampio sostegno politico a favore di un vasto pacchetto di riforme» considera in dettaglio tre riforme tutte orientate a rilanciare la crescita in quanto, se i ritmi rimanessero intorno all’1% annuo, solo intorno al 2025 si ritornerebbe ai livelli di reddito del 2007. Le riforme da farsi sono dunque: quelle per rilanciare la produttività; quelle per rafforzare il sostegno delle banche alla ripresa; quelle per la sostenibilità fiscale.Ci fermiamo sulla produttività che è stato anche uno dei punti centrali della notevole Relazione del neo-presidente di Confindustria Boccia e delle concomitanti considerazioni fatte dal ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda

Rilanciare la produttività

L’Fmi si concentra sull’apertura alla concorrenza nei mercati dei prodotti e dei servizi, sulla rapida esecutività della riforma della pubblica amministrazione che avrebbe effetti grandi sia sul costo del fare impresa sia sull’attrattività degli investimenti, sulla contrattazione che connetta i salari alla produttività. Putroppo l’Italia ha una produttività totale dei fattori e del lavoro che è pressoché ferma da qualche lustro per un inestricabile concorso di cause sistemiche, settoriali e fattoriali.

È perciò confortante che dagli imprenditori dell’industria (che rimane il settore più forte dell’economia italiana anche perché è veramente l’unico sottoposto alla concorrenza internazionale) vengano due raccomandazioni in parallelo. La prima riguarda il livello di contrattazione. Qui i sindacati devono abbandonare l’opposizione a commisurare salari e produttività comprendendo anche l’importanza per i giovani della correlazione tra qualificazioni,produttività e retribuzioni. A loro volta le imprese potranno sopravvivere e crescere solo attuando quanto chiesto dal neo-presidente di Confindustria e cioè innovando, capitalizzandosi, investendo in risorse umane. Non è facile, specie dopo una crisi epocale, ma non c’è alternativa; così come è necessaria la crescita dimensionale delle imprese. Su tutto ciò il ministro Calenda è stato categorico prefigurando un’azione governativa per spingere le imprese italiane verso fabbrica intelligente, l’innovazione combinatoria, il 4.0. Sono le prospettive congiunte di industriali e governo per ridare spinta all’Italia e sono benvenute.

Dalla crisi al rilancio

Quando Giorgio Squinzi divenne presidente di Confindustria nel 2012 eravamo in piena crisi. Squinzi fissò una serie di obiettivi che via via si stanno realizzando: quello del pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni verso i privati; quello della semplificazione burocratico-legislativa; quello della riduzione della fiscalità sui fattori di produzione; quello dell’ammodernamento delle imprese per crescere in quantità e qualità con l’innovazione e l’internazionalizzazione. Le sue richieste sono state forti ma fiduciose nelle nostre imprese e nel nostro lavoro, nel nostro Paese e nell’Europa. Bisogna dargliene atto ringraziandolo con stima.

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