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Italia schiacciata anche dal debito di etica pubblica

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imprese & legalità

Italia schiacciata anche dal debito di etica pubblica

  • –di Lionello Mancini

«Ognuno faccia la sua parte». Se questo monito venisse messo in pratica solo metà delle volte in cui lo si ripete, le cose nel mondo andrebbero molto meglio. Perché sono in tanti a dirlo, ma non sempre credendoci e di solito pensando a qualcun altro, come si nota, per esempio, con la disunione europea sull’esodo di profughi e migranti. Ma proprio come per i conti pubblici, sul nostro Paese grava un enorme debito di etica, che ne zavorra ogni tentativo di riprendere la corsa al pari degli altri.

L’Italia vive una diffusa soggezione all’illegalità, tanto “dal basso” delle singole quotidianità, quanto “dall’alto” dell’inadeguatezza normativa e della burocrazia paludosa, sommate ai pessimi esempi provenienti dai costumi politici. Tutti ostacoli che altri Paesi hanno superato da tempo, grazie alle loro poche regole sintetiche e chiare, oltre che rispettate con sufficiente scrupolo o, in alternativa, fatte rispettare con fermezza.

Come fanno? Chi sgarra sa di giocarsi la reputazione, sa che verrà escluso dalle stanze dei bottoni, fino a rischiare la sanzione penale certa e senza sconti. Fare “la propria parte” dove domina un solido senso della comunità e dello Stato significa attenersi alle regole, perché è più conveniente che non violarle.

Più o meno il contrario di quanto accade in Italia. Perché chi dovrebbe guidare il Paese con buone leggi opera poco e male. Cosicché l’intrico è ormai a livelli disarmanti per quantità e qualità, dimentico delle promesse di semplificazione, di chiarezza, di efficacia. Non sono rari i casi in cui lo scrupolo legalitario finisce per essere penalizzante e svantaggioso; come è costoso e dai ritorni incerti misurarsi con norme (la 231/2001, per dire) di fatto inapplicabili per le incognite inafferrabili che riserva, mentre Codici e Testi unici non sistematizzano, ma ingarbugliano e alcune fondamentali normative sono così giovani (la 190/12, per esempio) da essere tuttora in rodaggio.

Perciò, la necessaria adesione formale alle leggi in Italia non è sufficiente per dire “ho fatto la mia parte”. Cosa sono, altrimenti, l’elusione, l’abuso del diritto, i rapporti di lavoro border line, le autocertificazioni bugiarde, la stalla che diventa una villa condonata, il disinteresse tutto italiano per i precetti che non prevedano sanzioni? Occorre con sincerità prendere atto che la provocazione urticante lanciata da Davigo non vale solo per i politici: troppi i cittadini che “hanno solo smesso di vergognarsi” pur non rinunciando a coltivare le proprie minuscole o grandi convenienze, ben consapevoli dei danni, non solo economici, provocati alla comunità.

Le periodiche polemiche sul “circo mediatico-giudiziario” non sorgerebbero se giornalisti, magistrati, avvocati, poliziotti – a turno o in combutta – rispettassero le rispettive regole deontologiche e i loro codici etici, sufficienti a non usare come manganelli avvisi di garanzia e brogliacci di intercettazioni. L’abusivismo edilizio sarebbe un fardello più leggero se professionisti e tecnici non ne agevolassero la diffusione. E gli impiegati pubblici “collezionisti” di badge altrui sarebbero indicati con disprezzo dai colleghi.

L’elenco è lungo e arcinoto. Meno noti, anche perché più rari, sono i tentativi di “fare la propria parte” non approfittando delle smagliature di norme assenti o deformi per farsi gli affari propri. Sono gli esempi dei piccoli sindaci che “osano” demolire le case abusive, dei magistrati sordi a insinuazioni e insulti che interpretano la legge senza parzialità, l’esempio delle associazioni che hanno per prime pensato codici etici stringenti e delle imprese che hanno voluto il rating di legalità, dei commercianti che denunciano le estorsioni. Fino ai più casi dei primi whistleblowers, così rari da essere descritti come eroi dai media.

Questo significa, oggi, fare la propria parte in Italia. Agire con fermezza e rigore morale, nel rispetto delle leggi o surrogandole con regole autoprodotte; sfidare ambienti indifferenti, irridenti od ostili senza autoassolversi perché il mondo gira ancora in direzione contraria. Asticella alta, ma sotto la quale si manca al personale dovere civico.

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