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Ora la vera partita si gioca su risorse e bonus fiscali

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Italia

Ora la vera partita si gioca su risorse e bonus fiscali

  • –di Elio Silva

Se la bontà delle riforme legislative si potesse misurare con l’applausometro, la nuova legge sul Terzo settore sarebbe da primato. Tutti (o quasi) i commenti al voto parlamentare di mercoledì 25 scorso, che ha sancito il sì definitivo alla delega proposta dal Governo due anni fa, sono improntati a grande soddisfazione e alla consapevolezza che è stato compiuto un passo di portata storica per la costruzione di un quadro normativo più semplice, omogeneo e trasparente.

Alcuni giudizi tradiscono, in realtà, una componente tattica: poiché la vera sostanza della riforma sarà contenuta nei decreti d’attuazione, attesi entro i prossimi dodici mesi, il plauso ai criteri generali fissati nella delega può rivelarsi propedeutico alla richiesta di poter interloquire in modo efficace nella “fase due” della nuova era, secondo schemi di rappresentanza che hanno già dato buoni frutti durante l’iter parlamentare.

Anche al netto di questi posizionamenti strategici, però, l’impianto della nuova disciplina, orchestrato dal sottosegretario al Lavoro, Luigi Bobba, con l’ausilio di un manipolo di parlamentari, tra i quali il presidente del Centro nazionale per il volontariato, Edoardo Patriarca, e i due relatori Stefano Lepri (Senato) e Donata Lenzi (Camera), è uscito promosso dagli stakeholders delle organizzazioni, sia nella parte che riguarda il non profit redistributivo basato sull’associazionismo, sia per le misure sull’impresa sociale.

Per il volontariato, in particolare, si disegna un futuro nel segno della semplificazione, con la previsione di un Registro unico, incardinato presso il ministero del Lavoro, diviso in sezioni, ma finalmente omogeneo nei criteri di iscrizione, gestione e accessibilità.

La giungla dei registri è stata più volte denunciata, anche dalle colonne di questo giornale, come un grave ostacolo all’efficienza e alla trasparenza della vita associativa. Non sarà facile disboscarla anche perché, a tutt’oggi, i criteri di immissione dei dati nelle piattaforme informatiche, su base regionale o provinciale, sono diversi e non permettono un’agevole implementazione su scala nazionale. Una formulazione chiara nei decreti attuativi può, però, dare la spinta decisiva all’armonizzazione.

Anche i Centri di servizio, oggetto di una profonda revisione nelle funzioni, negli ambiti territoriali e nella governance, si stanno già da tempo esercitando nell’allineamento alle nuove disposizioni, applicando il principio delle “porte aperte” a tutte le organizzazioni non profit e non più solo al volontariato.

In questo caso la preoccupazione riguarda, semmai, la tenuta finanziaria, perché, a fronte del forte incremento di competenze e attività, le risorse garantite in base alle attuali norme dalle fondazioni di origine bancaria rischiano di diminuire drasticamente. La gestione della transizione richiederà, dunque, grande equilibrio e senso di responsabilità.

Ma è probabilmente sul terreno delle agevolazioni fiscali che si gioca la partita più difficile: la legge delega richiede espressamente, nel contesto del Codice unico del Terzo settore, il riordino e la revisione organica della disciplina tributaria speciale, un passaggio che, se si intendono osservare le premesse, non potrà essere indolore.

Un esempio per tutti: i criteri di accesso al 5 per mille, strumento innegabilmente funzionale a stimolare la generosità dei contribuenti, ma che ha visto moltiplicarsi di anno in anno i pretendenti fino a determinare una vera e propria “bolla” di aspettative , puntualmente tradite dai ritardi nei rimborsi e dalla selva dei vari altri “per mille” che il legislatore stesso ha alimentato.

Basterebbero questi temi a qualificare la riforma come punto di svolta per l’intero Terzo settore. In realtà, però, ci sono anche altre disposizioni di rilievo, che intervengono su segmenti specifici, ma non meno importanti. Si può richiamare, per esempio, l’istituzione del servizio civile universale, che consentirà ai giovani italiani, ma anche agli stranieri con il permesso di soggiorno, di dedicarsi ad attività di pubblica utilità acquisendo al tempo stesso esperienza e competenze utili per la propria crescita personale e professionale.

L’impresa sociale, dal canto suo, potrà crescere in settori di attività fin qui non previsti e farà i conti con una prima, parziale, apertura al tema della remunerazione del capitale dei soci, peraltro tutta da decifrare in fase di stesura del relativo decreto delegato.

Debutta, inoltre, la Fondazione Italia Sociale, fortemente sostenuta dalla presidenza del Consiglio e digerita con qualche difficoltà nei diversi passaggi parlamentari, immaginata come motore filantropico destinato a implementare e accelerare interventi innovativi a elevato impatto sociale e occupazionale.

L’elenco potrebbe essere ancora lungo e consente di apprezzare la ragionevole fondatezza degli applausi. La partita, però, non è finita e l’applausometro, almeno per un anno, è destinato a rimanere acceso.

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