Le valutazioni sull’Europa in senso ampio e le proposte per superare la sua fragile ripresa sono una parte molto interessante delle Considerazioni del Governatore della banca d’Italia, Ignazio Visco. La sua tesi, che noi condividiamo appieno, è che le misure d’emergenza possono bloccare una crisi ma non sono conclusive se non vengono completate in modo organico. Sullo sfondo, non esplicitato, ci sono i sistemi federali o confederali dove le unioni monetarie sono affiancate da quelle fiscali e di bilancio mentre l’eurozona (e la Ue) hanno solo l’euro e quelle (incomplete) dei mercati e bancaria. Giusto è stato quindi il richiamo di Visco al documento dei 5 presidenti delle istituzioni europee “Completare l’Unione economica e monetaria dell’Europa” ed anche il richiamo al disegno politico di Altiero Spinelli. Nel seguito noi ci interesseremo però di un solo aspetto della relazione di Visco: quello degli eurobond. Espressione tuttavia che lui non usa.
Le proposte sugli Eurobond
La presa di posizione di Visco è netta su tre punti complementari. Il primo è la necessità della «introduzione di strumenti di debito comuni e contestuali decisioni sul trattamento dei debiti nazionali preesistenti, nella prospettiva di un debito unico dell’area».
Il secondo punto è che al momento della crisi dei debiti sovrani « quattro anni fa sottolineavo in questa stessa sede la necessità di accrescere le risorse comuni; ciò anche attraverso l’istituzione di un fondo in cui far confluire parte dei debiti sovrani da redimere nel tempo».
Il terzo è che la gestione di questi debiti richiede «modalità ben definite e senza trasferimenti di risorse tra Paesi, sostanziando una forma di unione di bilancio non disgiunta da regole cogenti, da poteri di controllo e intervento».
È noto che sugli eurobond, variamente intesi, ci sono molte proposte.Vale la pena ricordare che già nel 1993 Delors li propose e che dal 2010 al 2013 se ne interessarono il Parlamento e la Commissione. Anche Romano Prodi e lo scrivente avanzarono proposte su queste colonne nel 2011 e 2012.
Nel febbraio 2016 il ministro Padoan nel progetto per «Una strategia europea condivisa per crescita, lavoro e stabilità» ha proposto alle istituzioni europee che «progetti per migliorare il potenziale di crescita dell’Ue potrebbero essere finanziati da emissioni di debito comune (“eurobond”)». A sua volta in aprile il presidente Renzi ha proposto alle istituzioni europee il “Migration compact” con la richiesta che vengano «emessi migration bond europei per finanziare la gestione delle migrazioni negli Stati membri e più in generale gli obiettivi del “migration compact”». Adesso dall’Italia sono state inviate alla Eurozona tre proposte forti che possono anche fare leva su fatti economico-istituzionali del fondo Esm e della Bce.
I Fondi europei
Infatti adesso i Fondi salvaStati europei (l’Efsf provvisorio e l’Esm durevole), sono innovazioni già ben rodate ma anche sottoutilizzate. L’Esm è una organizzazione intergovernativa disciplinata da un trattato internazionale tra gli Stati dell’Eurozona (firmato nel febbraio 2012, sdoganato anche dalla Corte costituzionale tedesca e reso compatibile con i Trattati europei) che ne sono azionisti nelle proporzioni in cui lo sono nel capitale della Bce (con alcuni aggiustamenti). Il capitale è di 700 miliardi di euro di cui 80 versati e 620 garantiti. Il finanziamento avviene mediante emissioni obbligazionarie sul mercato e i prestiti non possono eccedere un totale di 500 miliardi di euro.Le sue emissioni obbligazionarie sono già Eurobond per andare in soccorso a quei Paesi della Uem che si trovino in difficoltà con le finanze pubbliche o che debbano ristrutturare un sistema bancario potenzialmente destabilizzante a livello euro-sistemico. Limitiamoci qui a sottolineare due aspetti.L’Esm (che può ancora concedere prestiti per 370 miliardi avendo impegnato gli altri per soccorrere vari Paesi) emette obbligazioni ai rating massimi e ottimamente accolte dal mercato. Recentemente ne ha collocata una a 40 anni al tasso dell’1,85% e un’altra a 16 anni al tasso dell’1,125%.Istituzionalmente è un formidabile strumento che, con adeguate modifiche statutarie e del Trattato istitutivo, potrebbe operare quale fondo di consolidamento di parte dei debiti pubblici nazionali, di finanziamento degli investimenti secondo il Piano Juncker (altra innovazione depotenziata), per aumentare il ruolo dell’Eurozona nei mercati finanziari mondiali dove la liquidità trabocca, per alleggerire la Bce da un ruolo che non può diventare taumaturgico.
Una ipotesi su Bce e Esm
La Bce (e il Sebc) con il Qe e il Pspp (Public sector purchase programme) ha già acquistato 640 miliardi di titoli di Stato europei di cui 117,7 italiani. In base a una analisi che ho in corso con Attilio Bertini a marzo 2017 il totale supererebbe 1400 miliardi (di cui 260 italiani e 300 francesi) se si superasse con gli acquisti il tetto ora vigente del 50% dei titoli eleggibili (quelli con durata tra 2 e 30 anni) per la Spagna (che arriverebbe a 187) e la Germania (che arriverebbe a 380).Non sarebbe meglio che la Bce cedesse questi titoli all’Esm scambiandoli con le emissioni obbligazionarie di questo Fondo? In tal modo la Bce deterrebbe Eurobond che hanno una liquidità e un rischio minore di quelli dei singoli Stati. Il Fondo Esm dovrebbe modificare lo statuto (e il trattato istitutivo) anche per consolidare i titoli di Stato detenuti e di conseguenza per imporre agli Stati regole rigide di gestione del debito pubblico sul Pil. Il che sarebbe più facile avendo meno titoli sul mercato.
Più Eurozona per più crescita
In prospettiva il Fondo Esm dovrebbe però diventare il ministero del Tesoro e delle Finanze dell’Eurozona assorbendo anche una parte delle tassazioni nazionali (da ridurre) per fare investimenti europei meno esposti ai venti elettorali che spesso trascurano il lungo periodo di cui ora abbiamo bisogno per reimpostare una euro-crescita sostenibile. Con il nuovo Esm si potrebbe raggiungere una leva maggiore di quelle dei singoli Stati anche se non eccessiva come quella prevista dal Piano Juncker.
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