Commenti

L’exploit del contrabbando di benzina

  • Abbonati
  • Accedi
Italia

L’exploit del contrabbando di benzina

Esplode il contrabbando di benzina e gasolio. Non è più un contrabbando di dimensioni fisiologiche, non la solita rivendita di gasolio agricolo (con tasse minime) spacciato per diesel: è un fenomeno nuovo, enorme e drammatico che distrugge i motori dei consumatori inconsapevoli, che devasta l’ambiente e che arricchisce bande criminali. Petroliere ombra arrivate da paesi in mano a ribelli decapitatori, cisterne cariche di prodottacci inutilizzabili dell’Europa Orientale, furti da depositi e magazzini regolari, ma — quel ch’è peggio — furti ottenuti tagliando i 2.690 chilometri di oleodotti italiani e lasciando sgorgare benzina o gasolio nei fiumi e nei campi coltivati.

Gli attacchi agli oleodotti fino a qualche anno fa erano una decina l’anno. Nel 2015 le forzature delle tubazioni sono state 157.

Si stima che circa il 20% del mercato, pari a circa le vendite della prima compagnia petrolifera del mercato italiano, sia stato occupato da questi traffici di carburanti bruciamotore che tolgono risorse allo Stato, e cioè alla comunità. Stima approssimata: un miliardi di euro in meno all’Erario.

Il fenomeno è stato segnalato dalla Guardia di Finanza nella Relazione 2015. Ha destato l’allarme dei benzinai. Ha stimolato un documento congiunto dell’Unione Petrolifera e dell’Assopetroli.

Ecco una nota di Roberto Di Vincenzo della Fegica Cisl, uno dei principali sindacati dei benzinai: «Secondo stime ancora caute, oltre il 10% del prodotto è già nelle mani della criminalità organizzata e almeno altrettanto arriva da scali compiacenti, europei e non».

I dati

La Finanza nel corso delle 3.700-3.800 operazioni annuali in genere scopriva frodi fra le 50mila e le 70mila tonnellate di carburanti l’anno. Per esempio nel 2010 aveva scoperto traffici illegali per 70mila tonnellate, per 57mila nel 2011, nel 2012 altre 72mila tonnellate, 50mila tonnellate nel 2013.

Poi, il botto. Nel 2013 quasi un raddoppio rispetto al 2012, 100mila tonnellate.

E nel 2014 s’è sfiorato un altro raddoppio, 190mila tonnellate di “prodotti energetici consumati in frode”.

Gli oleodotti tagliati

GLI ATTACCHI ALLA RETE DEGLI OLEODOTTI
*STIMA (Fonte: Survey LIP 2015)

Qualche furto dalle tubazioni c’è sempre stato. In genere, una decina l’anno. Ma da 2012 il fenomeno è diventato disastroso.

In Italia ci sono 2.690 chilometri di oleodotti, soprattutto in Lazio, Toscana, Liguria, Piemonte, Lombardia e Veneto, di cui 857 portano greggio ma 1.833 chilometri sono pieni di carburanti finiti, come benzina, gasolio o cherosene per aerei.

Il cherosene per aerei, appunto: due anni fa i ladri tagliarono l’oleodotto che da Civitavecchia alimenta l’aeroporto di Fiumicino e, riempite le taniche, lasciarono che il tubo sgorgasse. Inquinamento gravissimo di corsi d’acqua e del mare nella zona di Maccarese, Arrone, Fregene. Non fu un caso isolato.

La conduttura che porta il gasolio da Livorno a Calenzano viene tagliata in punti diversi ogni qualche settimana: per esempio (sono solamente alcuni casi) nel maggio 2015 tra Santa Croce sull’Arno e San Miniato, nel luglio 2015 a San Miniato, nel settembre 2015 a Ponte a Elsa, nell’ottobre 2015 a Villanuova, Empoli. E poi nel marzo 2014 un oleodotto nel Piacentino, nel maggio 2015 in Lombardia fra Bareggio e Cisliano. Nel febbraio scorso a Tortona quarto attacco in pochi mesi all’oleodotto che unisce Genova con la raffineria pavese di Sannazzaro (Eni).

Proteggere un’infrastruttura lineare è quasi impossibile. Basta che i ladri si spostino di cento metri per trovare un punto più isolato in cui scavare il terreno e tagliare il tubo. Non a caso l’Eni sta istallando sul tratto padano della conduttura fra Genova e la raffineria di Sannazzaro un sistema di sensori multipli vibroacustici.

Che cosa si ruba

I prodotti più depredati sono gasolio e cherosene , perché facili da rivendere. Il cherosene viene diluito e spacciato per gasolio (s’immagini l’effetto sui motori). Più raro il furto di benzina, esplosiva.

In genere i ladri arrivano di notte in un luogo sperso nelle campagne, scavano il terreno, arrivano alla conduttura, con una saldatura innestano sulla tubazione un rubinetto e poi, alè, riempiono “bonze” di plastica per mille-3mila litri. La notte dopo tornano a fare il pieno, finché il prelievo non viene scoperto.

Le navi e i treni

Intenso l’andirivieni di treni cisterna o di camion cisterna pieni (ufficialmente) di oli lubrificanti d’importazione. Provenienza spesso l’Albania o la Slovenia. In realtà le cisterne sono piene di gasoliacci di qualità modesta, oppure diesel miscelati con lubrificanti usati. Sdoganati, vengono cambiati i documenti e quei prodotti, rimiscelati, allungati e drogati, ricompaiono nei distributori compiacenti di carburanti. I furbetti del rifornimento pensano di risparmiare quando fanno il pieno dall’amico che ha il deposito nel sottoscala, e dopo qualche rifornimento farlocco devono rivolgersi disperati al meccanico. Stesso destino dal meccanico per i consumatori in buonafede che trovano un distributore che pratica prezzacci appetitosi, assai più bassi degli altri.

Altri prodotti arrivano di contrabbando via nave. Petroliere con bandiere ombra - arrivate da India, Cina ma spesso dalle coste di Paesi petroliferi agitati dalle bande ribelli più spietate e assetate di sangue e di soldi - sdoganano il carico in Europa, spesso a Malta o a Cipro; poi il carburante viene rivenduto in Italia con documenti diventati regolari.

C’è un viavai di bettoline da 5mila tonnellate che approdano ai porti italiani con i documenti resi regolari da intermediatori presentabili.

La raffineria clandestina

Le cronache sono impressionanti nei numeri. Ogni qualche giorno la Finanza scopre un traffico abusivo di prodotti petroliferi. Dal 1° gennaio 2015 al 20 aprile scorso erano stati censiti 71 casi. I più recenti: il 12 aprile a Catanzaro, il 19 aprile a Genova, il 27 aprile scorso a Nocera Inferiore. Ma si fanno scoperte più interessanti: in febbraio è stato trovato un distributore clandestino di benzina a Palermo, in marzo sono stati scoperti un distributore segreto di carburanti in un garage di Roma e addirittura una raffineria clandestina di petrolio a Nola.

L’allarme delle aziende

L’Unione petrolifera (le compagnie) e l’Assopetroli (il commercio indipendente di prodotti petroliferi) hanno lanciato un allarme e hanno proposto al Governo un documento in cui chiedono semplificazione e revisione normativa per rendere tracciabili i flussi e per consentire di identificare i trafficanti. Servono interventi sul regime di circolazione comunitaria dei prodotti e delle cosiddette lettere d’intenti per contrastare l’evasione dell’Iva. Secondo il presidente dell’Unione petrolifera, Claudio Spinaci, l’obiettivo è «cercare di arginare un fenomeno in continua crescita i cui effetti sono devastanti per un mercato che è già ai limiti della sostenibilità economica». E Andrea Rossetti, presidente dell’Assopetroli, avverte che è «un problema di scottante attualità». Roberto Di Vincenzo della Fegica Cisl in un suo documento protesta contro le «frodi carosello o la commercializzazione di gasolio sporcato con lubrificanti, le une e l’altra in larga parte ormai controllate da organizzazioni malavitose».

© Riproduzione riservata