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Lezione francese per la Pa digitale

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lo scenario

Lezione francese per la Pa digitale

Il giudizio trova d’accordo gli organismi internazionali nelle loro pagelle periodiche: dalla Commissione Ue all’Ocse passando per la Banca Mondiale il ritardo italiano nella digitalizzazione della pubblica amministrazione è noto e i miglioramenti di anno in anno vanno a passo lento. Basti pensare che nel 2015 solo il 24% degli italiani dichiarava di aver avuto «interazioni con la Pa negli ultimi 12 mesi». Ben lontano dall’oltre 80% di Danimarca ed Estonia, ma anche dagli altri big, come Francia (63%), Germania (53%), Gran Bretagna (49%) e dalla media Ue (46 per cento). Peggio di noi fanno solo Bulgaria e Romania. E non è tutto: dal 2008 ad oggi il miglioramento è stato di appena 4 punti percentuali. E solo il 12% ha inoltrato moduli ufficiali attraverso i siti web della Pa nell’ultimo anno contro il 42% della Francia e il 32% della Gran Bretagna. Il nostro Paese si trova poi nelle retrovie anche per l’accesso alla banda larga o per l’utilizzo dell’e-gov da parte delle imprese. Come si spiega il vantaggio degli altri Paesi e quali sarebbero i benefici della rincorsa? I ricercatori di Bem Research provano a fornire alcune risposte. «La diffusione dell’innovazione - spiegano Carlo Milani e Mariachiara Marsella, autori di un report dedicato al tema - è uno dei fattori più importanti nel determinare la capacità di crescita di un Paese e la digitalizzazione della Pa ha un ruolo particolarmente rilevante. A contraddistinguere i Paesi più virtuosi sono la disponibilità di tecnologie che facilitano l’uso dell’e-gov, la trasparenza, la formazione dei dipendenti pubblici e l’informazione dei cittadini, ma anche la semplicità, spesso con un’unica password per accedere ai servizi». Tutte caratteristiche che si ritrovano nell’esperienza francese considerata da gli addetti ai lavori un possibile modello da seguire.

Parigi da Adele al «Map»

Oltralpe la strategia di e-gov parte con il programma Adele (Administration éléctronique) nel 2004 e identifica la tabella di marcia con una serie di verifiche periodiche. L’obiettivo dichiarato - che a detta degli esperti è stato centrato - è rendere la Pa accessibile a cittadini e imprese attraverso l’uso delle tecnologie. Nel 2012 viene aggiunto un altro tassello del puzzle: l’agenda digitale. Un anno dopo arriva il «Map», il piano per la modernizzazione dell’azione pubblica per creare uno «shock da semplificazione» con 200 misure per rendere meno spigoloso il rapporto dei cittadini con la burocrazia e risparmiare 8 miliardi di euro all’anno a partire dal 2017. Tra queste l’allungamento della durata della carta d’indentità a 15 anni o la possibilità di immatricolare l’auto online. Oggi, secondo uno studio della Commissione Ue, sono 12 i servizi online per i cittadini e 8 per le imprese: dalle pratiche fiscali alla richiesta di documenti ufficiali il rapporto con la burocrazia è diventato più immediato. La cabina di regìa è affidata al premier Valls con il supporto del Segretario di Stato alle riforme e alla semplificazione Thierry Mandon. La porta virtuale di accesso è una sola: il sito servicepublic.fr che si dirama nei vari servizi disponibili.

Le mosse inglesi

L’e-gov britannico muove i primi passi nel 2001 con la creazione dell’hub «government gateway» per mettere in rete i servizi tra i vari dipartimenti e da quel momento si susseguono vari annunci e strategie. Nel 2004 il governo decide di scommettere sulla digitalizzazione della Pa per migliorare l’efficienza dei servizi. L’hub si sdoppia in «directgov» per i cittadini e «businesslink.gov» per le imprese. Nel 2009 il governo mette nero su bianco le sue priorità per un’amministrazione digitale più efficiente con l’obiettivo di ridurre la spesa pubblica di 12 miliardi nell’arco di 4 anni. Fisco e catasto sono i primi ad attrezzarsi per la migrazione online, mentre 1.500 siti del governo confluiscono in «Directgov». A livello regionale è il Galles a tirare la volàta. Nel 2012 parte la nuova strategia con una prima lista dei servizi pubblici che devono viaggiare sul digitale attraverso il portale «gov.uk». Tra i primi c’è la sanità che secondo la tabella di marcia dovrà essere completamente digitalizzata entro il 2018. Secondo una recente ricognizione della Commissione Ue in Gran Bretagna sono 11 le pratiche che i cittadini possono effettuare in tutto o in parte online e 8 quelli per le imprese. A viaggiare in rete sono ad esempio il dialogo con il fisco, la richiesta di sussidi e di certificati.

Il sistema tedesco

In Germania la storia dell’e-gov inizia nel 2001 e la responsabilità del dossier è del Ministero degli Interni, ma l’iniziativa decolla solo nel 2011 con una strategia per la costruzione di un’infrastruttura federale che porta alla creazione di GovData, il portale unico che oggi si chiama Bund.de. Qui lo scorso anno sono state effettuate 11 milioni di ricerche. Simbolo del nuovo che avanza è il debutto della carta d’identità elettronica nel 2010. Nel 2014 il programma di e-gov si arricchisce con l’agenda digitale che punta alla collaborazione tra i Länder. Oggi sono 14 i servizi che la Pa tedesca offre a portata di click: 7 per i cittadini e altrettanti per le imprese. Tra questi, oltre alle pratiche fiscali, i prestiti di libri in biblioteca, le denunce alla polizia, la registrazione dei brevetti e le dichiarazioni Iva.

«Se l’Italia riuscisse a migliorare la qualità e l’efficienza dei suoi servizi allineandola a quella europea - sottolineano gli economisti di Bem Reasearch - potrebbe risparmiare circa 8 miliardi di euro, qualcosa come lo 0,5% del Pil. Un tesoretto da utilizzare per ridurre la montagna della spesa pubblica o per migliorare l’efficienza». Come fare dunque per invertire il trend? Secondo i ricercatori bisognerebbe cominciare «da un piano di formazione su larga scala che coinvolga in prima battuta i dipendenti pubblici sfruttando anche l’attuale fase di riorganizzazione prevista dalla riforma Madia».

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