Commenti

La via cinese al neoliberismo

  • Abbonati
  • Accedi
Global view

La via cinese al neoliberismo

Il 14 dicembre del 2015, il Comitato permanente del politburo del Partito comunista cinese convocò una riunione per analizzare e discutere la situazione economica nel 2016. Questa fu la sua ultima riunione prima della Conferenza annuale sull’economia, e in quell’occasione vennero anticipate le linee programmatiche per il 2016 che la Conferenza avrebbe poi adottato. Tutti prestarono molta attenzione a quella riunione, nel cui comunicato finale si parlava spesso di “offerta” (supply) come pure di “riforma” e di “riforma dell’offerta”, mai però di supply side. (...) L’aggiunta o meno del termine “side” non avrebbe dovuto determinare una vera differenza d’interpretazione. Se si tiene conto, tuttavia, della sottile filosofia e semantica della lingua cinese, qualsiasi politica o concetto formulati dagli alti dirigenti del paese viene controllato e analizzato più volte, con molta precisione; per questo qualsiasi nuovo concetto o nuovo termine o parola mancante, specialmente nel caso di una parola chiave, fa in effetti una certa differenza. Secondo le convenzioni degli annunci programmatici in Cina, ciò potrebbe indicare che il concetto di supply side non era pienamente appropriato e andava adattato. Ma, ovviamente, un nuovo concetto appena proposto non poteva scomparire in un tempo così breve, altrimenti l’autorità di chi lo aveva formulato sarebbe stata probabilmente indebolita. (...)

La politica non è mai semplice, né lo sono le persone e le cose a essa collegate. L’aggiunta dell’aggettivo “strutturale” indica una netta distinzione fra la politica cinese e l’originaria supply side economics, chiaramente vicina al neoliberismo. Questo è il primo passo fondamentale per rimuovere polemiche e sospetti sul piano ideologico. La “riforma strutturale dell’offerta” è in qualche modo un concetto nuovo in campo economico. Il governo cinese ha sempre mirato al “progresso nella stabilità”. Qualsiasi politica dovrebbe pertanto contemperare questi due obiettivi poiché quando l’uno è incompatibile con l’altro, è destinata a fallire. Se tuttavia il significato di “progresso” è chiaro, quello di “stabilità” è piuttosto indistinto. Mentre il “progresso” può essere infatti misurato in base a indicatori quali il pil o. L’indice dei prezzi al consumo, la stabilità può riferirsi all’ambito economico, a quello politico e sociale o anche a quello ideologico, il che aumenta le difficoltà di elaborare politiche adeguate. Dopo un trentennio di rapida crescita, Pechino intende sempre aggiornare la sua peculiare teoria dello sviluppo con caratteristiche cinesi. E a questo scopo cerca di assimilare le teorie economiche “occidentali”, senza però copiarle. Anche qui siamo di fronte a un dilemma, perché le teorie economiche di successo hanno per lo più superato verifiche empiriche, ma possono anche evolvere e adattarsi alla situazione, che è sempre in mutamento. L’economia, insomma, dev’essere pratica mentre l’ideologia è per definizione più idealistica. Il mondo reale si trova sempre ad affrontare il problema di combinare l’aspetto pratico con quello idealistico, e questo è un dilemma particolarmente grave per un paese come la Cina di oggi. La vera riforma “strutturale”, tuttavia, dovrebbe iniziare da una modifica della mentalità. Le riforme oggi riguardano innanzitutto il modo di osservare e di pensare: il predominio dell’ideologia, infatti, potrà anche accrescere i consumi, ma rischia di diminuire l’efficienza delle riforme e dello sviluppo.

© Riproduzione riservata