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Un Paese spaccato, Cameron se ne va

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L’ANALISI

Un Paese spaccato, Cameron se ne va

David Cameron rassegna le dimissioni (Afp)
David Cameron rassegna le dimissioni (Afp)

«Non sarò io il capitano che traghetterà il nostro Paese verso la sua nuova destinazione» . Sulla porta di Downing street, affiancato dalla moglie Samantha, David Cameron ha messo fine alla carriera di premier e ha seppellito le sue ambizioni politiche, annunciando dimissioni, ( operative da ottobre) rese inevitabili dal successo di Brexit con il 52% dei consensi contro il 48 per cento. Numeri che all’alba del 24 giugno, in controtendenza con gli ultimissimi sondaggi, hanno tracciato tre macroaree di supporter dell’Europa: Londra con il 60% dei favorevoli all’Ue, la Scozia con il 62% e l’Irlanda del nord con il 57 per cento. Troppo pochi. Il resto del Paese, ovvero Inghilterra e Galles hanno sostanzialmente scelto il divorzio da Bruxelles.

Salutata dal crollo dei mercati mondiali e dal precipitare della sterlina a valori che si erano dimenticati nel tempo, Brexit rischia di azzerare l’intera classe politica del Paese. Anche sul leader laburista, Jeremy Corbyn si addensano infatti nubi spesse con i giovani turchi, e non solo, del partito che chiedono all’anziano esponente radicale di farsi da parte per aver malamente gestito la campgna elettorale. La sconfitta per Remain è infatti maturata nelle aree depresse del nord Inghilterra, terre di conquista del Labour. La replica di Jeremy Corbyn è per certi versi inattaccabile: il no all’Europa è stato (anche) un no all’austerità del governo Cameron.

La Gran Bretagna è stata piuttosto rapida nel mettere dietro le spalle le recriminazioni. Anche perché le cose da fare non sono poche se nutre qualche speranza di volere restare unita sotto una sola bandiera. A minacciare il contrario è stata la nazionalista Nicola Sturgeon, First minister del governo autonomo di Edimburgo. «È inaccettabile in base ai principi della democrazia che la Scozia – ha dichiarato con assoluta chiarezza – possa essere trascinata fuori dall’Unione europea. È chiaro che quanto è accaduto crea una quadro istituzionale radicalmente diverso pertanto un nuovo referendum sull’indipendenza scozzese è possibile ed è sul tavolo». Dovrà avvenire entro i due anni di negoziati euro-britannici previsti dall’articolo 50 dei trattati per evitare l’uscita di Edimburgo dall’Ue e poi le procedure del teorico rientro. Nicola Sturgeon è andata più in là, annunciando la sua volontà di partecipare alle trattative con i partner al fianco del futuro governo britannico. «Un tema – ha detto – che ho discusso anche con il sindaco di Londra Sadiq Khan» confermando di voler trovare una sponda nella capitale che si è confermato un bastione europeista.«Ospitiamo un milione di cittadini dell’Ue, gente che – ha ricordato il sindaco laburista - porta grandi benefici ed è assolutamente benvenuta». Londra cercherà nuovi poteri autonomi per replicare a Brexit ? È probabile.

D’altra anche Boris Johnson quando era primo cittadino della metropoli aspirava ad avere più spazio. Ora i margini per sè stesso li cercherà a Downing street. È il front runner della corsa alla successione per la leadership dei Tory e quindi per diventare premier. È stato lui a pilotare – insieme con Michael Gove – le truppe dei conservatori a rigettare l’Unione su una piattaforma che sfiora quella dell’Ukip il partito eurofobo di Nigel Farage. Ieri Boris Johnson ha voluto mettere molte miglia fra sè e Farage, il vero protagonista e indiscusso trionfatore di questo assurdo referendum. L’ex sindaco ha assunto il piglio da leader già prescelto, ha invitato alla calma e ha precisato che «non c’è alcuna fretta ad invocare l’articolo 50» che attiva l’addio del Regno dall’Unione.

«Quanto è accaduto – ha aggiunto Boris Johnson – è una grande opportunità, ma non vogliamo sollevare il ponte levatoio», ha detto, tessendo, non richiesto le lodi dell’Europa (non dell’Unione) . Non le parole – crediamo- che volevano sentire milioni di inglesi, quelli che si sono allineati dietro il biondo leader pronti a buttare a mare quarant’anni di cooperazione europea.

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