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Il voto indebolisce «la Pax americana»

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L'Analisi|Scenari

Il voto indebolisce «la Pax americana»

I mercati europei continuano a perdere. Potevamo aspettarcelo. Ma quello americano? Quello giapponese? Il rapido, forte, preoccupante contagio mondiale nel post Brexit non possiamo spiegarlo solo con l’impatto economico dell’uscita del Regno Unito sull’Europa.

C’è una componente globale, di forte incertezza politica nel nervosismo dei mercati: il timore che possa indebolirsi, nel momento in cui ne avremmo più bisogno, l’ordine mondiale, la “Pax Americana” ideata da Washington dopo la Seconda Guerra Mondiale e governata attraverso un modello egemonico che passa per il consenso.

Brexit è il primo mattone “forte” che potrebbe far partire l’effetto domino. E che parta o meno ancora non lo sappiamo. Ma tornano in mente le parole di qualche tempo fa di Jin Liqun, il Presidente della nuova banca per lo sviluppo cinese: «La storia non ha mai stabilito il precedente che un impero possa essere capace di governare il mondo per sempre».

Nel nostro caso le fondamenta dell’ordine mondiale sono state gettate oltre Settanta anni fa con gli accordi di Bretton Woods con la conferenza di San Francisco che ha portato a battesimo le Nazioni Unite. Poi, con metodo, pazienza, determinazione, si è costruito il resto, fino ad arrivare alla Banca centrale europea, fino agli accordi più recenti per la creazione di un’aerea di libero scambio nel Pacifico. Ora con Brexit, con la Gran Bretagna che per la prima volta in molte centinaia di anni potrebbe spaccarsi, tutto questo vacilla.

Non è un caso se il New York Times l’altro giorno dichiarava apertamente: «Brexit Scompagina l’Ordine del dopoguerra».

Ma l’America si preoccupa anche per le conseguenze transatlantiche. E se domani ci fosse un problema Nato per una vittoria di Donald Trump, certamente aiutato nella sua causa da Brexit? Barack Obama ha detto ieri: «Fra Stati Uniti e Gran Bretagna non cambia nulla». Vero, parleranno sempre inglese fra loro, ma cambia tutto. Prima a Londra c’era quel numero di telefono per l’Europa che Kissinger avrebbe voluto. Ora, senza quel numero, c’è la consapevolezza che le dinamiche del rapporto fra Stati Uniti e Europa mediate da Londra, possano diventare più difficili.

C’è la preoccupazione che le riforme per l’apertura, per la flessibilità e contro l’austerità possano svanire sotto la leadership di una Germania priva del contrappeso della Gran Bretagna.

È questa l’incertezza che oggi rende i mercati inquieti, perché senza la garanzia di un ordine, l’economia annaspa, gli investimenti languono e gli investitori sono pronti a pagare rendimenti negativi pur di proteggere i loro risparmi.

Gli ottimisti dicono che per l’Italia potrebbero aprirsi strade nuove, che basterà trasformare una crisi in un’opportunità, magari attirando i quartieri generali di aziende americane da Londra al nostro paese.

Ma l’equazione non è così semplice. E comunque sia, per ora i mercati non ci credono. Uno spicchio di questa preoccupazione generalizzata che colpisce sempre i più deboli lo vediamo per esempio nella crisi di sfiducia degli investitori americani per le banche italiane, che pagano un’altra incertezza, che l’effetto domino possa indebolire la Bce e sgonfiare il “salvagente” finanziario europeo che ci ha portato il «bazooka» di Mario Draghi.

La riflessione che si impone dunque è semplice: è possibile che l’ordine mondiale e quello europeo cambino davvero? E in che modo e fino a che punto?

I semi di questa sfida all’ordine mondiale c’erano già. La Russia ha invaso l’Ucraina. In Medio Oriente, anche per colossali errori di leadership americana le primavere arabe sono rapidamente appassite. Isis è spuntato all’improvviso aggiungendo un’altra testa al terrorismo di matrice estremista islamica che ha colpito il cuore dell’Europa. Il cocktail fatto da una crisi per la classe media, da rifugiati in fuga verso l’Europa e dalle generica globalizzazione, contro la quale non si può votare, hanno rafforzato i movimenti populisti.

Anche questo, la prospettiva che il vecchio ordine peggiori con autoritarismo e chiusura fa molta paura. E oltre alle parole di Jin Liqun sulla vita breve degli imperi, dobbiamo ricordare le parole di un grande “multilateralista” inglese, Winston Churcill, che questo ordine in cui ancora ci troviamo lo fondò con Franklin Delano Roosevelt: «La storia dovrebbe illuminare l’anima, ma troppo spesso viene offuscata della memoria corta».

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