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Italicum, la via stretta di Renzi Di Maio: boomerang cambiarlo

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Italia

Italicum, la via stretta di Renzi Di Maio: boomerang cambiarlo

Basta introdurre il premio alla coalizione e togliere i capilista bloccati mettendo le preferenza per tutti e andrà a meraviglia. Ma questo non risolverebbe il problema che il ballottaggio nazionale tra le prime due liste se nessuno raggiunge il 40% favorisce il Movimento 5 Stelle: allora l’ideale è introdurre un quorum, ossia se va a votare al ballottaggio meno del 50% degli elettori allora scatta la ripartizione proporzionale in base ai voti ottenuti al primo turno. No, meglio reintrodurre il Mattarellum con i collegi uninominali per il 75% e dare un premietto di maggioranza a chi arriva primo a livello nazionale. No, meglio ancora il sistema elettorale francese, con il doppio turno collegio per collegio.

Basta fare una passegiata a Montecitorio, e soprattutto a Palazzo Madama dove i numeri per la maggioranza sono risicati, per capire che ognuno ha la sua ricetta per cambiare la legge elettorale. Un Italicum ingoiato da Silvio Berlusconi e votato proprio in Senato poco prima dell’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale e quindi della rottura del patto del Nazareno. L’unico punto su cui forse si potrebbe formare una aggregazione di qualche rilievo a Palazzo Madama è la reintroduzione del premio alla coalizione invece che alla lista: lo chiede con forza la minoranza del Pd nella speranza di ricostruire il centrosinistra classico, lo chiede Forza Italia che pure l’Italicum in Senato lo votò. E lo chiedono i centristi della maggioranza: dagli alfaniani del Nuovo centrodestra a Scelta civica ai “casiniani” della vecchia Udc.Insomma, i centristi cercano casa, o nel centrodestra (la maggior parte) o nel centrosinistra (in misura minore), per poter condizionare meglio le scelte politiche della coalizione e anche per paura di non riuscire altrimenti a superare la soglia di sbarramento del 3% prevista dall’Italicum.

Ma c’è un ma: Matteo Renzi non vuole tornare alle vecchie coalizioni litigiose alleandosi con partitini a destra e a sinistra, e per di più è convinto che anche concedendo questa modifica alla minoranza interna non avrà in cambio il sostegno al referendum d’autunno sulla riforma del Senato e del Titolo V. Tuttavia sia Renzi sia il suo vice a Largo del Nazareno Lorenzo Guerini lasciano aperto qualche spiraglio per possibili modifiche all’Italicum dopo il referendum («discutiamone»), ma il messaggio non è diretto alla minoranza del Pd bensì ai centristi della maggioranza, i cui voti sono necessari necessari in Senato come ha dimostrato l’”incidente” della scorsa settimana sul Ddl antiterrorismo, quando il governo è andato sotto perché i verdiniani di Ala e gli alfaniani di Ncd hanno votato insieme a Forza Italia. E prima della chiusura estiva delle Camere, per dire, va approvato in via definitiva il Ddl sul processo penale con tutto il capitolo sulla prescrizione e sulle intercettazioni.

Quanto agli altri modelli elettorali di cui si discute, dal Mattarellum “corretto” al doppio turno di collegio francese, si tratta di modelli basati sul collegio uninominale. Ed è noto che Forza Italia ha sempre avversato e ancora avversa questo modello. Per non parlare dei centristi della maggioranza, che avrebbero ben poche chance di conquistare un numero decente di seggi con un sistema che vede uscire un solo eletto collegio per collegio.

Ma c’è un’altra e ben più solida ragione per cui Renzi non può permettersi, senza pagare un grande prezzo politico e di immagine, di cambiare le regole elettorali in corsa, e per di più senza che la nuova elettorale fin qui fortemente voluta sia stata mai testata: la ragione è il Movimento 5 stelle. Perché i grillini, anche se hanno sempre criticato l’Italicum, sono favoriti sia dal premio alla lista sia dal sistema del ballottaggio nazionale tra le prime due liste come hanno dimostrato i ballottaggi nelle grandi città del 19 luglio scorso. E ieri Luigi Di Maio, candidato premier in pectore del movimento, lo ha detto a chiare lettere: «Vogliono cambiare l’Italicum? Sarà il più grande boomerang politico della storia del nostro Paese. Cambiare una legge per danneggiare il Movimento 5 Stelle? Fate pure». Il messaggio è chiaro.

Quanto alla data in cui si svolgerà il referendum confermativo sulla riforma costituzionale, lo stesso Renzi ha chiarito che i tempi sono stabiliti dalla legge e che dunque non ci sarà alcun decreto per farlo slittare. Ma il governo ha comunque un lasso di tempo di due mesi per indire la consultazione: dal 15 ottobre al 15 dicembre. E l’approvazione della Legge di stabilità, che deve essere approvata in Consiglio dei ministri entro il 15 ottobre, non sarà estranea al timing che deciderà il premier di concerto con il Capo dello Stato. Per ora sull’agenda di Renzi resta fissato in rosso il mese di ottobre, ma da qui ad allora – anche in conseguenza della Brexit – l’esigenza di stabilità potrebbe avere il sopravvento su ogni altra considerazione.

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