Solo ieri si è saputo che domenica scorsa il governo italiano è stato autorizzato dalla Commissione europea ad utilizzare garanzie pubbliche per assicurare liquidità e sostegno alle banche. Il timore per le conseguenze del Brexit e il rischio di perdere accesso al tradizionale finanziamento interbancario sono stati tali da autorizzare uno schema di protezione per ben 150 miliardi. È rassicurante che questa volta le istituzioni europee e il governo italiano siano riusciti a collaborare senza clamore né mezze misure per prevenire un rischio che incombeva sul Paese.
Fino alla fine dell’anno il governo sosterrà con la propria garanzia il debito emesso dalle banche solvibili, secondo una modalità già in atto anche in altri Paesi. La natura eccezionale delle attuali turbolenze dei mercati consente di farlo senza violare le regole sugli aiuti di stato. Si tratta di un’applicazione pragmatica delle regole europee che getta una luce più convincente sul dialogo apparentemente dissonante di mercoledì tra Angela Merkel e Matteo Renzi.
Il programma di sostegno alla liquidità è cosa diversa dai progetti di ricapitalizzazione delle banche deboli, che invece continuano a ricadere nel controverso regime del bail-in. Ma quello che è arrivato è un primo segnale di ragionevolezza nel dialogo tra Roma e le istituzioni europee. In un momento traumatico come quello che segue il referendum britannico è importante capire che, come quasi tutto in Europa, anche quello del credito non è un gioco “a somma zero” in cui qualcuno trae beneficio dalla sofferenza di un altro.
Come ha sottolineato il Fondo monetario, anche le condizioni delle banche tedesche sono un elemento critico per l’intera area euro. Analogamente, la percezione del mercato sulle condizioni delle banche italiane è sì un problema nazionale, ma di rilevanza europea. Il livello dei crediti deteriorati italiani è un problema di policy europea.
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