Commenti

Le nuove alleanze di una Russia debole

  • Abbonati
  • Accedi
Scenari

Le nuove alleanze di una Russia debole

La sfida all’ordine mondiale, fissato nel dopoguerra sotto l’egemonia americana, passa adesso attraverso molte strade. Una di queste è certamente quella della Russia di Vladimir Putin che in gravi difficoltà economiche per le sanzioni occidentali e i bassi prezzi del petrolio, sta stringendo legami sempre più profondi con la Cina.

Mosca si è avvicinata a Pechino dopo le pesanti misure imposte nel 2014 per la questione ucraina, e che riguardano ampi settori dell’economia russa. Tuttavia, secondo il Fmi, la Russia è soltanto la 12° economia del mondo, e ciò la costringe a muoversi in una dipendenza asimmetrica con Pechino. Ampliare la cooperazione economica è, comunque, una questione strategica per entrambi i Paesi. Essi si stanno sforzando di integrare il programma di sviluppo cinese “One belt, One road” con l’Unione economica euroasiatica, guidata dalla Russia.

Le difficoltà della economia di Mosca sono tali che alcune compagnie petrolifere, come Bashneft, sono di nuovo sul mercato. Il governo ha bisogno di risorse finanziarie per coprire un deficit di 36 miliardi di dollari (rispetto ai 31 dello scorso anno) e spingere le privatizzazioni è uno dei modi per raccogliere denaro, non potendo vendere bond sui mercati internazionali a causa delle sanzioni.

Putin ambisce agli investimenti di Pechino e, in cambio, offre supporto alle dispute e ambizioni di espansione territoriale cinesi nel Mare del Sud della Cina.

In una dichiarazione congiunta, seguita al recente incontro bilaterale a Pechino, i due presidenti Xi Jinping e Vladimir Putin hanno criticato l’Occidente, accusandolo di indebolire la stabilità strategica globale.

Di fatto, vi è un’ampia comunanza di vedute fra Mosca e Pechino su questioni militari, economiche e diplomatiche. Putin e Xi Jinping rivendicano i «legittimi diritti e interessi» di tutti i Paesi nel gestire le tensioni globali e regionali e, in particolare, entrambi criticano il rilancio del sistema di difesa missilistico occidentale.

Intanto, le crescenti divergenze interstatali in Europa aumentano il potere e l’influenza della Russia che cerca di trarre vantaggio dalle divisioni continentali e dalle spinte nazionalistiche. E questa è una insidia anche per l’America, la sua prosperità e la sua sicurezza. La grande Eurasia, annunciata da Putin al Forum di San Pietroburgo, e il cui primo passo dovrebbe essere una partnership commerciale ed economica comprendente anche la Ue, dopo la Brexit potrebbe essere favorita, considerato che i più vigorosi sostenitori delle sanzioni antirusse sono proprio i britannici. Putin ha inoltre accelerato la sua strategia ispirata al “divide et impera”, in particolare facendo pressioni sulla Germania perché si rassegni a considerare l’Ucraina parte dell’orbita di influenza russa.

La più significativa area di cooperazione russo-cinese è nelle forze armate. Russia e Cina, dopo un raffreddamento dei rapporti alla fine degli anni Cinquanta, combatterono una breve guerra di confine nel 1969. Ma la fine della guerra fredda e l’emergere degli Usa come superpotenza globale le ha riavvicinate.

La Russia iniziò a riformare il suo esercito nel 2009, dopo che il conflitto con la Georgia nell’agosto 2008 ne aveva messo in luce numerose deficienze. Invece Pechino ha avviato la riforma delle forze armate verso un esercito professionale nel 2013. Le esercitazioni militari sono divenute comuni, in particolare, nella simulazione di risposte congiunte all’attacco di missili balistici occidentali.

Un’Europa indebolita e in preda a fermenti nazionalistici fa comodo agli interessi russi perché è più semplice trattare accordi con i singoli Stati anziché con una Ue coesa e forte.

Il punto è che nello scenario geopolitico mondiale si assiste a un crescente attivismo dei regimi autoritari. Così, mentre Mosca adotta misure per combattere il terrorismo che possono minare severamente le libertà di espressione, di coscienza e il diritto alla privacy, il recente riavvicinamento fra un autocrate come Recep Tayyip Erdogan e Putin, dopo le scuse espresse da Ankara a Mosca per l’abbattimento del caccia russo, nonché l’alleanza con l’Iran per la questione siriana dovrebbero far riflettere i governi europei sui rischi di uno spostamento a Est dell’asse delle alleanze continentali, e ciò tanto più nell’incertezza che Donald Trump possa essere eletto alla Casa Bianca.

L’orizzonte delle democrazie occidentali appare assai offuscato. In gioco, oltre all’economia, sono il nostro stile di vita e i nostri valori di tolleranza, libertà, eguali opportunità, difesa del bene comune che devono essere debitamente tutelati, da parte dei leader europei, da derive involutive.

© Riproduzione riservata