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«Era uno dei fondatori dell’Italia moderna»

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Cultura & Società

«Era uno dei fondatori dell’Italia moderna»

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«Con Gabriele Pescatore scompare uno dei veri “grand commis” dello Stato e direi uno dei fondatori dell’Italia moderna». Lo ricorda così Sabino Cassese, amministrativista illustre, ministro, giudice emerito della Corte Costituzionale, professore emerito della Scuola Normale Superiore di Pisa, nonché professore di “Global governance” al “Master of Public Affairs” dell’Institut d’études politiques di Parigi. «Irpino di nascita è sempre stato molto legato alla sua terra» continua Cassese.

«Entrò giovanissimo in quel “grande corpo” che è il Consiglio di Stato, di cui poi divenne anche presidente per poi essere nominato giudice costituzionale. Come presidente del Consiglio di Stato è ancora oggi ricordato per la straordinaria conoscenza sia del fenomeno amministrativo concreto, sia della giurisprudenza e della dottrina amministrativistica. Come relatore alla Corte costituzionale di questione di grande rilevanza è stato sempre apprezzato per conoscenza della materia, equilibrio e capacità di proporre soluzioni ispirate ai criteri di ragionevolezza e proporzionalità. Per cultura, intelligenza, perizia nell’amministrare ed equilibrio nel giudicare è stato sempre all’altezza delle migliori tradizioni della società irpina, che ha dato al Paese moltissimi altri illustri amministratori, la vita di uno dei quali si è più volte incrociata con quella di Pescatore: mi riferisco ad Antonio Maccanico».

Fin qui il giurista, ma Pescatore è stato anche un vero amministratore della cosa pubblica.

Fu a lungo presidente della Cassa per il Mezzogiorno. Pochi come lui hanno attraversato tutte le istituzioni italiane. Studioso preparatissimo, è stato anche in qualche modo un ricercatore-professore, perché libero docente di diritto della navigazione. Univa grandissima esperienza pratica a una capacità non comune di inquadramento teorico dei problemi amministrativi. Come amministratore pubblico ha gestito tutti gli investimenti nel Mezzogiorno della Cassa, istituita nel 1950, di cui divenne presidente dopo Carbone. La sua gestione degli interventi straordinari nel Mezzogiorno, allora concentrati nell’agricoltura e nei lavori pubblici è ancora oggi un esempio di buona amministrazione.

In che senso erano interventi “straordinari”?

La sua gestione della Cassa del Mezzogiorno si è svolta nel periodo migliore della Cassa, quando questa, ispirata originariamente al modello della “Tennesse Valley Authority”, faceva interventi limitati e, quindi prima dell’allargamento dei suoi interventi ad ambiti ulteriori come l’industria. In quel lasso di tempo la Cassa ha fatto veramente interventi di carattere straordinario, mentre successivamente la straordinarietà dell’intervento è andata diminuendo, anche perché non si facevano interventi ordinari. Quindi un altro merito di Pescatore è stato quello di salvaguardare sempre il carattere aggiuntivo degli investimenti straordinari nel Sud.

Come definirebbe la collaborazione di Pescatore con la politica?

I suoi legami con la politica sono stati molto stretti, avendo svolto compiti di ausilio di numerosi Governi, ma Pescatore ha sempre conservato una indipendenza di giudizio, una autonomia di opinioni che rispondevano alla sua figura e al suo ruolo come “grand commis”.

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