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L’incognita dell’emersione e la spinta ai «concordati»

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analisi

L’incognita dell’emersione e la spinta ai «concordati»

Non c’è dubbio che la cedolare abbia conquistato i proprietari di immobili. Anzi, è probabile che l’opzione per la tassa piatta sia già stata esercitata da quasi tutti i potenziali interessati. I 2 miliardi versati nel 2015 fanno pensare che siano rimasti esclusi solo i contribuenti nella no tax area, quelli con grandi detrazioni da sfruttare e pochi altri.

Dal punto di vista delle casse pubbliche, invece, la grossa incognita è quella legata all’emersione del «nero», da cui dipende anche il costo effettivo per lo Stato.

Per ora pare difficile ipotizzare che metà dei canoni sottoposti alla cedolare nel 2014 siano il risultato del contrasto all’evasione, quota che assicurerebbe la neutralità
in termini di gettito. Già con un tasso di emersione intorno al 25%, però, la perdita di gettito per lo Stato si dimezzerebbe da 1,6 miliardi a 800 milioni di euro.

Ma oltre al costo per l’Erario, ci sono altri aspetti che andrebbero misurati. Per esempio, alcuni osservatori speravano che la cedolare spingesse gli investimenti privati nell’acquisto di abitazioni per l’affitto. A giudicare dall’andamento delle compravendite, si direbbe che questa aspettativa è andata delusa, ma la verità è che non è facile monitorare questo effetto, visto che il mercato ha risentito anche del credit crunch e della stretta fiscale arrivata con l’Imu.

Anche l’effetto della cedolare sul livello degli affitti andrebbe approfondito. Probabilmente, se in questi anni i canoni hanno registrato un calo rispetto ai livelli pre-crisi, lo si deve più alla domanda fiacca e alla contrazione dei redditi che al trasferimento agli inquilini di tutto o parte dello sconto fiscale ottenuto dai proprietari. La riduzione delle tasse, però, ha reso meno doloroso, per i proprietari, accettare i canoni più bassi imposti dal mercato, spingendoli ad affittare anziché lasciare sfitti o mettere in vendita i loro appartamenti.

I dati raccolti con il nuovo modello Rli (introdotto dal 1° aprile 2014 per la registrazione delle locazioni) permetteranno forse di capire quanti contratti sottoposti a cedolare sono in realtà “nuovi”, cioè riferiti a case che prima erano sfitte, misurando – al di là dell’emersione – se la tassa piatta ha allargato il mercato delle locazioni (o ne ha frenato l’ulteriore contrazione).

Complice la deflazione, si rivela tutto sommato irrilevante il divieto di adeguare il canone all’inflazione. Al contrario, un chiaro contributo sociale della cedolare arriva dalla spinta alla diffusione dei contratti a canone concordato. Anche qui è impossibile dire se il taglio dell’imposta, dovuto allo scivolamento dell’aliquota prima al 15% e poi al 10%, sia stato trasferito in parte agli inquilini o sia rimasto ai locatori . Ma, anche in quest’ultimo caso, il giudizio dovrebbe essere comunque positivo, visto che i canoni concordati sono di per sé più bassi di quelli di mercato e la cedolare al 10% può renderli in certi casi più vantaggiosi degli affitti liberi.

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