«L’Unione europea ha bisogno di un bilancio europeo molto più grosso di quello attuale di quello attuale, che non supera l’1% del Pil dell’intera Unione. Una moneta unica deve avere un bilancio centrale di una certa dimensione». Carlo Cottarelli, direttore esecutivo del Fondo monetario internazionale per il Sud Europa, punta il dito su uno dei principali punti deboli della Ue, l’esiguità delle risorse comuni per mettere in atto politiche di sviluppo che possano supplire alla scarsità di investimenti privati, creare occupazione e in definitiva alimentare la crescita.
All’evento Speciale Brexit organizzato dal Sole 24 Ore ieri a Milano l’ex commissario del governo italiano per la “spending review”concorda con Alberto Quadrio Curzio che su questo argomento ha formulato da tempo una proposta concreta: gli eurobond. «Rimango convinto – ha affermato l’economista – che una spesa pubblica a livello europeo, e possibilmente a livello dell’Eurozona, sia assolutamente indispensabile per la tenuta sociale istituzionale ed economica dell’Eurozona e alla fine dell’Europa tutta perché se salta la eurozona salta l’Europa tutta».
«Non credo – ha aggiunto l’economista –che esista una unione monetaria che non abbia anche in comune una dignitosa dimensione di finanza pubblica, che vuol dire assumere debiti con l’emissione di obbligazioni per fare una spesa pubblica intelligente, non assitenziale». Un’ipotesi è che la liquidità del quantitative esasing della Bce sia destinata «almeno pro-quota all’acquisto degli eurobond emessi per esempio dall’Esm» (European Stability Mechanism noto come fondo salva-stati, ndr.) per favorire l’afflusso della liquidità all’economia reale.
Proprio alla vigilia della discussione in Commissione europea della revisione di medio termine del quadro finanziario 2014-2020, e in vista della dell’avvio, a fine agosto, della discussione sul futuro del bilancio europeo, torna di attualità uno dei temi al centro della campagna per Brexit e spesso tirato in ballo, non senza contraddizioni, nelle argomentazioni di chi si oppone – non solo in Gran Bretagna – ad una Unione sempre più stretta che comporterebbe una cessione di poteri dagli Stati membri agli organismi comunitari sempre più estesa.
«L’Esm è un’idea brillante – ha aggiunto Quadrio Curzio – ma è quiescente, sta lì inutilizzato. Perché non renderlo uno strumento di intervento proattivo su investimenti infrastrututre edilizia sociale tutto cio che da occupazione ma nello stesso tempo aumenta il capitale dell’eurozona?».
Tanto più che con il cosiddetto Piano Juncker, il Fondo europeo per gli investimenti strategici, secondo l’economista l’Europa «andrà ben poco lontano».
«Credo che si possa definire già adesso una delusione. È una goccia nel mare» rispetto ai 300 miliardi di investimenti annui che mancano all’appello in Europa rispetto al trend pre-crisi. «L’Europa continuerà a crescere a ritmi mortificanti per per un’area di 350 milioni di persone se guardiamo solo all’Eurozona. È una questione cruciale, se non sarà affrontata arriveranno altre rotture come quella che si è consumata con il Regno Unito».
L’aumento dell’occupazione è uno dei punti chiave per migliorare la distribuzione del reddito e non aumentare le disuguaglianze: «Sono problemi generati dalla globalizzazione - ha ricordato Cottarelli - ma vanno gestiti».
Quanto all’Italia e alla teoria che sarebbe stato meglio essere fuori dalla moneta unica, Cottarelli è stato abbastanza esplicito: «Non sono convinto che se l’Italia fosse fuori dalla zona euro potrebbe gestire in modo più espansivo le proprie politiche». Dentro o fuori, il debito pubblico al 130% del Pil non consente margini significativi. E non è detto che nella possibile Unione a più velocità che si va prefigurando nel dopo-Brexit non costringa il paese a dover lottare per non restare relegato nel gruppo dei più lenti.
© Riproduzione riservata