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Perché è vincente investire in cultura

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Cultura & Società

Perché è vincente investire in cultura

Le splendide immagini del Colosseo al termine di un importante ciclo di restauro hanno recentemente fatto il giro mondo.

Gli interventi sull’Anfiteatro Flavio, iniziati nel 2013, sono stati finanziati dal gruppo Della Valle che ha destinato circa 25 milioni di euro per il recupero del prospetto settentrionale e di quello meridionale, degli ipogei e degli ambulacri, per la realizzazione di nuove cancellate e di un centro servizi.

Si è parlato di nuovo mecenatismo. In parte lo è. Tuttavia si tratta anche di un ottimo esempio di come l’impresa possa investire nel patrimonio artistico-culturale – con grande beneficio del territorio – senza necessariamente rinunciare a trarne qualche vantaggio. L’aspettativa di ottenere un ritorno da un intervento a sostegno della cultura non è da considerare a priori un comportamento negativo o egoista. Al contrario, è ciò che può rendere l’investimento sostenibile nel lungo periodo.

Nel caso di Tod’s il ritorno è dato da vari diritti di esclusiva, tra cui quello sull’immagine per 15 anni e in tutto il mondo. Ma oltre a ciò, è indubbio che l’associazione del proprio marchio a un monumento simbolo di Roma e dell’Italia nel mondo, costituisca un beneficio per il gruppo marchigiano.

Diversi marchi del made in Italy rafforzano la propria identità associandosi a simboli della cultura italiana nel mondo, che sono al contempo unici e globali.

È il caso di diversi restauri. A Roma della Fontana di Trevi con Fendi e della scalinata di Trinità dei Monti con Bulgari. A Venezia del ponte di Rialto con Renzo Rosso della Diesel e di Cà Corner della Regina con la Fondazione Prada. Oltre al rafforzamento dell’identità, l’investimento enfatizza indirettamente l’elevata qualità o l’unicità del proprio prodotto, associandolo a monumenti o eventi culturali originali ed esclusivi.

Ma i motivi per cui l’impresa investe in cultura possono essere molteplici, spesso intrecciati tra loro e influenzati dalle passioni personali dell’imprenditore. Per alcune aziende l’obiettivo è rafforzare, anche simbolicamente, il legame con il proprio territorio. Perché da questo dipende fortemente l’attività dell’impresa o, a volte, come forma di “risarcimento” alla comunità per le scelte di delocalizzazione.

Per le multinazionali, sostenere la cultura locale può essere un’opportunità per integrarsi in un nuovo territorio, in cui sono state fatte acquisizioni o investimenti.

Inoltre, per quelle che operano in mercati di largo consumo, l’investimento in cultura può consentire di perseguire un ritorno d’immagine e di riconoscimento del brand a livello globale. È il caso di importanti restauri artistici come l’«Ultima Cena» di Leonardo con Olivetti, la Cappella Sistina di Michelangelo con Nippon Television, i tempi romani del Foro Boario con American Express.

È interessante come in taluni casi la cultura, in particolare l’arte contemporanea, possa diventare strumento formativo per i dipendenti, aiutarli a sviluppare creatività, a risolvere problemi, ad anticipare gusti e tendenze dei clienti. Spesso l’arte viaggia in anticipo di qualche anno sui gusti dei consumatori e può quindi fornire un vantaggio competitivo. Ciò è vero nei settori creativi, come moda e design, ma non solo.

La marchigiana Elica, leader al mondo nelle cappe per cucina, ha ideato E-straordinario, un programma di formazione del personale che utilizza l’arte contemporanea per stimolare un approccio non convenzionale alla soluzione dei problemi. Giovanni Bonotto, che produce tessuti di alta qualità a Molvena (Vicenza), espone in fabbrica alcune delle 12mila opere d’arte della collezione di famiglia, che considera una fonte d’ispirazione per la lavorazione artigianale del tessuto.

Anche nel settore manifatturiero cultura e arte, entrando in tutte le dinamiche aziendali, possono aiutare l’impresa ad anticipare i trend, accrescere il know-how, stimolare l’innovazione e la creatività, risolvere i problemi, migliorare la qualità del prodotto e del lavoro.

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