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Dagli stranieri 11 miliardi al welfare

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Scenari

Dagli stranieri 11 miliardi al welfare

  • –Rossella Cadeo

È sempre aperto il dibattito sul valore della componente immigratoria per la società italiana: andando oltre la cupa ombra gettata sull’argomento dagli ultimi tragici eventi in Europa, possono essere considerati una risorsa? Il rapporto “Immigrati, da emergenza a opportunità” del Centro studi di Confindustria, presentato lo scorso 22 giugno, propendeva per una risposta positiva, basandosi su una serie di statistiche: il contributo della popolazione straniera al Pil nel 2015 è quantificabile nell’8,7% (124 miliardi), quando nel 2008 era del 6,5% (98 miliardi); i soggetti nati all’estero (irregolari compresi) sono circa 5,8 milioni e rappresentano il 9,7% della popolazione (al di sotto della media europea, 10,3%) e quasi l’11% degli occupati totali, grazie anche alla disponibilità ad accettare i lavori meno qualificati (avere un’attività è del resto il requisito base per garantirsi il permesso di soggiorno). Di recente, poi, il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, e il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, hanno firmato un’intesa sull’inserimento lavorativo degli immigrati rifugiati.

I contributi previdenziali

Ma tra i “meriti” della componente straniera non ci sarebbe solo il contributo al progresso economico, cui si può aggiungere il contrasto al calo demografico. Un’inedita ricerca realizzata dalla Fondazione Leone Moressa mette in evidenza anche l’apporto che gli stranieri garantiscono al sistema previdenziale e che è andato incrementandosi nel tempo. Un’analisi, questa, che conferma quanto sostiene il presidente dell’Inps, Tito Boeri, secondo il quale gli immigrati versano più contributi rispetto alle prestazioni previdenziali e assistenziali che ricevono.

«Partendo dalle dichiarazioni dei redditi 2015 - spiegano da Fondazione Moressa - abbiamo potuto stimare che il contributo previdenziale dei nati all’estero (i soggetti non autoctoni, inclusi quelli con cittadinanza italiana o doppia cittadinanza) è pari a 16 miliardi di euro (il 7,4% dei contributi previdenziali totali). Circoscrivendo il calcolo ai soli cittadini stranieri (soggetti senza cittadinanza italiana) l’importo è di 10,9 miliardi (5% delle entrate contributive complessive)». Ma ecco come arriva a questo risultato la ricerca, che ha segmentato i lavoratori immigrati tra dipendenti e indipendenti (oltre che tra nati all’estero e stranieri).

Dipendenti e non dipendenti

Dalle dichiarazioni dei redditi 2015 (anno di imposta 2014) dei nati all’estero – si spiega nel rapporto – risulta un volume di reddito complessivo (compresi i redditi che non producono contributi previdenziali) pari a 46,6 miliardi.

Considerando la platea dei nati all’estero dipendenti (complessivamente sarebbero 3 milioni per un reddito dichiarato di 39,9 miliardi e una media annua di 13mila euro) si può stimare un gettito previdenziale di 14,5 miliardi di euro. Se si guarda alla sola platea dei dipendenti stranieri (1,99 milioni in base ai dati Istat-Rcfl), il contributo previdenziale stimato è di 9,4 miliardi di euro.

Ci sono però da sommare anche i contributi dei non dipendenti, ossia quelli derivanti da reddito d’impresa, da partecipazione e da lavoro autonomo. In totale altre 311mila dichiarazioni di “indipendenti” nati all’estero (per un ammontare di oltre 5 miliardi di redditi dichiarati), che alla previdenza hanno versato 1,52 miliardi di euro. Sommati ai 14,5 dei nati all’estero dipendenti danno appunto un totale di 16 miliardi.

Circoscrivendo l’analisi agli stranieri indipendenti (304mila circa sui 311mila nati all’estero) Fondazione Moressa stima che il loro contributo sia pari a 1,49 miliardi di euro: con i 9,4 miliardi derivanti dagli stranieri dipendenti si ha un totale di 10,9 miliardi.

Conclusioni

«La struttura demografica della popolazione italiana e di quella straniera fa sì che il contributo economico dell’immigrazione sia particolarmente evidente per quanto riguarda i contributi pensionistici versati – concludono i ricercatori di Fondazione Moressa -. Contributi che vanno a sostenere il sistema nazionale del welfare (pensioni, maternità e disoccupazione) che si rivolge prevalentemente alla popolazione autoctona. Infatti la voce “pensioni” è una delle voci principali della spesa pubblica nazionale e, vista l’età media, la popolazione straniera ne beneficia in misura molto marginale. Anzi, essendo prevalentemente in età lavorativa, possiamo affermare che gli stranieri attualmente siano soprattutto contribuenti».

E se è vero che questi contributi serviranno un domani per pagare le pensioni degli stranieri che in Italia invecchieranno (di certo meno favorevoli a tornare al Paese d’origine nella fase della vita in cui più avranno bisogno di un sistema di protezione sociale), è anche vero che è ora che queste entrate vengono utilizzate. «Ripartendo il volume complessivo per i redditi da pensione medi – osservano da Fondazione Moressa -, si può calcolare che i contributi dei lavoratori stranieri equivalgano a 640mila pensioni italiane. Infine un ultimo paragone: sommando i contributi versati dagli stranieri dal 2009 al 2014 e tenendo conto dell’evoluzione delle aliquote negli anni considerati, si ottiene un importo analogo a una super-manovra finanziaria (56,6 miliardi)».

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