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L’altalena tra razionalità e speculazione

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L'Editoriale|L’EDITORIALE

L’altalena tra razionalità e speculazione

«Buy on the rumor, sell on the news»: compra sulle indiscrezioni, vendi sulla notizia. In inglese o in italiano poco cambia: se il mercato varia direzione da un giorno all'altro, la migliore spiegazione è spesso la più banale. Ma nel caso dei titoli bancari europei e in particolare di quelli italiani, legare il ribaltone borsistico di ieri al sorprendente rally di luglio e soprattutto al balzo finale di venerdì scorso, non è banale affatto: giocare d'anticipo sugli stress test, comprare titoli con cui poi fare cassa, alternare pessimismo ed euforia e soprattutto mascherare comportamenti cinicamente speculativi con falsi ottimismi o rischiosità che poi svaniscono nell'arco di 24 ore, sta diventando la quotidianità di un mercato che cresce senza il supporto di fondamentali economici o finanziari e cade quando si accorge di essere salito troppo. Come giudicare, altrimenti, l'irrazionalità di un mese borsistico come luglio?

Malgrado Brexit, le incognite sulla crescita europea e sulla tenuta dell'eurozona, le paure diffuse sul terrorismo e il crollo della credibilità politica della leadership europea, gli indici borsisitici hanno chiuso venerdì ai livelli più alti dall'ottobre del 2015, cancellando così non solo le perdite della crisi cinese di inizio anno, ma anche quelle provocate dal trauma del referendum inglese. Persino le grandi banche europee, la cui solidità patrimoniale è in continua discussione, hanno chiuso il mese con il miglior guadagno dal luglio 2015: un andamento che l'esito degli stress test - e i ribassi di ieri - fanno apparire a dir poco speculativo, se non irrazionale. In realtà, è un comportamento più che razionale per chi investe guardando solo alla rotazione mensile di portafoglio piuttosto che alle regole dei fondamentali.

L’andamento delle Borse, dei titoli di Stato, delle banche, delle materie prime, dell’oro o del petrolio, insomma, non rappresenta - almeno in questa fase - il giudizio dei mercati sulla solidità dell’economia o dei profitti aziendali, ma il luogo dove vengono parcheggiati i capitali in attesa di nuove occasioni speculative.
L’eccesso di liquidità non crea solo bolle, ma anche bipolarismo finanziario: maschera comportamenti che guardano solo al breve periodo, a orizzonti nemmeno più trimestrali, ma addirittura mensili e giornalieri. Da moltiplicatore di ricchezza, le Borse diventano così moltiplicatore di incertezza: per i piccoli investitori, l’unico strada per evitare errori è l’orizzonte di lungoperiodo.

Per capire la reazione degli investitori agli stress test, insomma, si deve guardare ai problemi emersi dalle tabelle come a fatti in larga misura già noti o scontati nei prezzi delle azioni. Nel caso dell’Italia, vale addirittura il contrario: le nostre banche, escluso il Monte, sono state giudicate dall’Eba più solide della media europea, ma fino a venerdì scorso erano rappresentate come il vero, grande rischio sistemico per l’Europa. Ieri , invece,sono cadute insieme a tutte le altre. Non che il sistema bancario italiano non abbia problemi - 300 miliardi di sofferenze sono reali e concrete - ma dopo i risultati dei test sulle banche tedesche, austriache e irlandesi, si può almeno affermare che «la notizia della sua morte», parafrasando Mark Twain, «è certamente esagerata». Come esagerate erano le critiche mosse all’estero all’operazione Atlante-Mps, visto che il Monte - pur bocciato ai test - è stato ieri uno dei pochi istituti a chiudere in rialzo, confermando non solo che c’è fiducia sul piano, ma che si tratta di un modello di intervento privato ripetibili in caso di emergenza. Anche se in extremis, la soluzione è arrivata nel rispetto delle regole europee e soprattutto di mercato. Di quello buono, non quello degli hedge fund.

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