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Impresa 4.0, uno scatto per l’Italia

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Impresa 4.0, uno scatto per l’Italia

«A forza di battere sugli stessi concetti, le nostre parole d’ordine sono entrate a far parte della cultura del Paese che vuole cambiare». Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale, sente che sta avvicinandosi un momento decisivo, in cui la divisione fra un prima e un dopo può risultare netta. È la convinzione che precede l’appuntamento di domani, quando il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda illustrerà il Piano del Governo per l’Industria 4.0.

Confindustria si è nel frattempo mossa. E a cavallo fra le presidenze di Giorgio Squinzi e quella attuale di Vincenzo Boccia ha messo mani a un progetto proposto da Confindustria Digitale e fatto proprio dal sistema che ha proceduto a coinvolgere federazioni e associazioni territoriali. Un lavoro svolto in modo trasversale con la partecipazione di 19 federazioni e 10 associazioni territoriali. «Impresa 4.0 - Trasformazione competitiva digitale delle imprese e del Paese», spiega Catania, è un progetto «che entra ora nella sua fase esecutiva» con una governance «affidata a un team composto dai vicepresidenti di Confindustria Guido Pedrollo, Alberto Baban, Marco Gay e dal sottoscritto». Obiettivo? «Le Pmi italiane devono allinearsi ai livelli di competitività e produttività europei, sostenute da distretti e filiere riprogettate in ottica di ecosistemi digitali. Puntiamo a far sì che la manifattura, rinnovata e rivitalizzata in chiave Industria 4.0, passi dall’attuale 15% di contributo al Pil al 20%». Non è un’operazione da poco. «Per l’Italia, secondo la Ue, ci vogliono 6 miliardi all’anno. È una cura shock, ma è l’unica via possibile. Di questo oggi c’è una consapevolezza abbastanza diffusa».

Su questa consapevolezza si innesta il progetto di Confindustria Digitale fatto proprio dal sistema Confindustria e che poggia su due pilastri: azioni sulle imprese e proposte al mondo istituzionale. «Le politiche pubbliche di sostegno sono essenziali. Per questo abbiamo messo giù una serie di proposte molto puntuali». Tra le quali «un superammortamento per la nuova generazione di macchinari. Nel piano c’è poi la richiesta anche di contributi a fondo perduto per sostenere gli investimenti delle Pmi in progetti di trasformazione digitale. Agevolazioni e incentivi, tuttavia, «non sono sufficienti in mancanza degli interventi sul contesto». E quindi «il completamento della rete in banda ultralarga non è più differibile. Entro il 2020, come previsto dal Governo, deve essere cosa fatta. Allo stesso modo sono necessari un forte presidio del processo di regolamentazione a livello europeo sul Digital Single Market e progetti di formazione digitale nel pubblico: entro 24 mesi occorrerebbe far passare dall’aula tutti i 30mila dirigenti pubblici».

Ma le Pmi, che rappresentano la spina dorsale del sistema industriale italiano, sono pronte a fare la loro parte? «Io credo di sì. Abbiamo riscontrato che c’è contezza del fatto che non c’è da installare nuovi software o computer, ma da riprogettare il Paese in chiave digitale». Quindi «come sistema Confindustria abbiamo previsto un roadshow sui territori. Abbiamo una ventina di incontri programmati per il 2016-2017». Accanto a ciò c’è un programma per la realizzazione di piattaforme digitali di filiera «che integrino le aziende riunite intorno a ecosistemi tipici del Made In. L’obiettivo è far partire almeno 3 piattaforme entro i prossimi mesi».

Altro pilastro del Piano sta nella creazione di una rete di “Digital innovation hub”: punti di innovazione, in casa Confindustria, frutto di partenariati pubblici-privati e del coinvolgimento di imprese, università, centri di ricerca, enti locali e centri di competenze dei poli tecnologici. Sei le città battistrada (Milano, Torino, Bari, Venezia, Roma e Napoli), alle quali se aggiungeranno presto altre.

Resta il tema della formazione anche nel privato. «Il piano che abbiamo messo a punto – spiega Catania – prevede il varo di piani formativi dedicati al digitale attraverso l’attività dei fondi bilaterali. Pensiamo a un plafond di 10 milioni da Fondirigenti e 30 milioni da Fondimpresa». Ultimo, ma non ultimo «l’inserimento di almeno 1 consigliere esperto digitale nei Cda». Un piano articolato, dunque. «Il fatto che tutto il sistema si stia muovendo ci dà fiducia. Non so dire se sia l’ultima occasione. Ma non è da perdere».

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