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La «Brexit» non farà deragliare la ripresa

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La «Brexit» non farà deragliare la ripresa

Dopo lo shock dello scorso 23 giugno possiamo già verificare la reazione dei mercati inglesi: la sterlina ha perso parecchio arrivando a toccare 0,842 contro euro, l’indice di fiducia è sceso a 47,7 (sotto i 50 punti non è bello!), vista poi la probabile politica espansiva a cui dovrà sottostare la Banca di Inghilterra abbiamo il rendimento del Gilt sceso allo 0,79%, ma la borsa inglese è una delle poche ancora positive. Vero, il debito estero è a livelli un pò troppo elevati, ma i prezzi delle materie prime, al momento, non sembrano alimentare fantasmi notturni. La conclusione? Non ci capisco niente, a me sembra che tutti, o la maggior parte, stiano alla finestra con il grave rischio che sporgendosi troppo in avanti, per vedere meglio, possano finire di sotto. Insomma secondo me il bello, o il brutto, deve ancora arrivare!
Marco Nagni

Caro Nagni, la Brexit è stata un evento epocale, ma più per i suoi riflessi politici – duro colpo al progetto europeo – che per quelli economici. Certamente, è stata una decisone sbagliata di cui molti si stanno pentendo,e, fra l’altro, esiste una probabilità, forse bassa ma non disprezzabile, che l’uscita non si farà. Il referendum non è vincolante per il Parlamento, la Scozia potrebbe mettere i bastoni fra le ruote, e quando i negoziati incontreranno gli ostacoli – da quello, abbastanza divertente, sul chi pagherà le pensioni delle migliaia di inglesi impiegati dalla Commissione Ue, a quelli più seri dell’uscita del Regno Unito dall’Unione doganale – crescerà la voglia di ripensamento. In ogni caso, personalmente credo che i riflessi sulla crescita europea e mondiale non saranno così negativi come si evince dalla affrettate analisi del dopo referendum. Cioè a dire, non saranno certo positivi ma neanche tali da far deragliare la faticosa ripresa in corso. Come dice lei, la Borsa inglese è positiva (+11% dal minimo di fine gugno) ma anche quella di Francoforte lo è (+10% nello stesso periodo). E non credo che la performance di Londra dipenda dalla sterlina, anche se questa si è deprezzata, dal referendum, del 10% (in termini di cambio effettivo verso tutte le valute). La composizione dell’export inglese e l’esistenza di catene mondiali di offerta attenuano l’impatto dei movimenti valutari sulla competitività. Bisogna stare alla finestra, certo, ma il rischio che vedo non è tanto nel tassello Brexit preso isolatamente, quanto nel fatto che altri tasselli – le elezioni americane, la crisi migratoria, il contro-colpo turco, il terrorismo Isil... – si combinino col Brexit in un tutto che diventa più della somma delle parti. É vero, il bello, o il brutto, deve ancora arrivare. C’è solo da sperare che sia più bello che brutto.

fabrizio@bigpond.net.au

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