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Quanto corrono deficit e debito Usa

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politiche di bilancio

Quanto corrono deficit e debito Usa

Due recenti annunci ci hanno ricordato che negli Usa le politiche di bilancio stanno attraversando un momento delicatissimo. L’Office of Management and Budget del presidente Obama ha annunciato che il deficit del governo federale per quest’anno fiscale si aggirerà intorno ai 600 miliardi di dollari, 162 miliardi in più rispetto al 2015. E il rapporto di previsione annuale del Congresso, prevede che, se non ci sarà un cambiamento nelle politiche di bilancio, il debito salirà dal 75% all’86% del Pil nel giro di dieci anni, per poi toccare il record di 141% nel 2046, avvicinandosi ai livelli di Italia, Portogallo e Grecia.

Benché il rapporto debito/Pil Usa sia raddoppiato negli ultimi dieci anni, l'amministrazione Obama e il Congresso hanno ignorato il problema, per concentrarsi invece sulla diminuzione del deficit dal 2012 e sulla relativa stabilità del deficit in percentuale rispetto al Pil. Quel temporaneo miglioramento dipendeva dalla ripresa economica e dai voti del Congresso alla spending review sui programmi di difesa e su quelli discrezionali non militari.Ma l'aumento più a lungo termine dei deficit annui – dovuto a un invecchiamento della popolazione, ai progressi della tecnologia medica e all'aumento dei tassi di interesse – e il risultante aumento del rapporto debito-Pil erano inevitabili (ed erano stati chiaramente previsti dal Cbo e non solo). Il numero sempre più alto di anziani americani che hanno diritto alla Social Security farà salire i costi del programma dal 4,9% del Pil quest'anno al 6,3% nei prossimi trent'anni. Metà dell'aumento dei costi dei principali programmi di assistenza sanitaria, dall'attuale 5,5% all'8,9% del Pil nel 2046, dipenderà dal numero maggiore di anziani assistiti, e l'altra metà dai costi tecnologici extra per le loro cure.

La politica monetaria non convenzionale della Fed ha fatto scendere il costo degli interessi netti sul debito federale a un mero 1,4% del Pil, nonostante l'aumento del volume del debito. Ma mentre i tassi di interesse si normalizzano e il volume di crescita aumenta, il costo del servizio degli interessi sul debito nazionale dovrebbe aumentare a 5,8% del Pil.Il costo previsto degli interessi potrebbe essere molto minore se la restante previsione su deficit e debito si rivelasse corretta. Con un debito federale del 141% del Pil, quel costo degli interessi del 5,8% del Pil implica un tasso di interesse nominale medio solo del 4% e, data la previsione di inflazione del Cbo, un tasso di interesse reale di circa il 2% – simile ai tassi storici registrati quando il rapporto del debito era inferiore a 40% del Pil. Ma gli investitori in buoni del tesoro potrebbero pretendere un tasso di interesse molto più alto in cambio di un'assunzione del debito americano nei loro portafogli. In tal caso, il costo degli interessi e del debito sarebbe molto maggiore.Il fatto che più della metà del debito pubblico americano sia nelle mani di investitori stranieri potrebbe rendere il tasso di interesse ancora più sensibile alla dimensione relativa del debito. Gli investitori potrebbero temere che il governo adotti politiche che riducano il valore reale dei loro titoli. Il governo Usa non andrebbe mai esplicitamente in default, ma potrebbe adottare politiche come la deduzione della tassa sul reddito sul pagamento degli interessi che andrebbero a discapito degli investitori stranieri facendo scendere il valore delle obbligazioni. Inoltre, gli investitori stranieri potrebbero temere che livelli di debito molto elevati possano condurre a una politica monetaria inflattiva che farebbe deprezzare il valore del dollaro e diminuire il valore reale delle loro obbligazioni.Ed ecco l'implicazione sorprendente e inquietante della previsione del Cbo: da qui al 2046, la previsione di spesa per i programmi “mandatory” (quelli sempre presenti nel budget come la Social Security e i principali programmi sanitari), più l'interesse sul debito, sarebbe superiore al totale delle entrate che il governo potrebbe raccogliere con le attuali aliquote fiscali. Ed emergerebbe un piccolo deficit (1,6% del Pil) ancora prima di mettere a bilancio le spese stanziate di anno in anno per la difesa e altri programmi “discrezionali”.Non c'è modo di controbilanciare l'aumento dei programmi “mandatory” rallentando l'aumento della spesa per la difesa e altri programmi discrezionali. La spesa totale per la difesa ammonta attualmente a solo il 3,2% del Pil e si prevede che nei prossimi dieci anni scenderà al 2,6% e si stabilizzerà a quel livello per i prossimi vent'anni. Sarebbe il livello di spesa per la difesa più basso che si sia registrato da prima della Seconda guerra mondiale. La stessa riduzione è prevista per tutti i programmi discrezionali non militari, una riduzione da record.L'aspetto positivo di questo fosco scenario è che non ci vorrebbe un grandissimo sforzo in termini di riduzioni annue del deficit per prevenire l'aumento del rapporto del debito e nemmeno a riportarlo al livello in cui era dieci anni fa. Riducendo il deficit annuo dell'1,7% del Pil attraverso una combinazione tra spending review e maggiori entrate a partire dal 2017, si impedirebbe un aumento dell'attuale rapporto debito/Pil del 75%. E riducendo il deficit del 3% l'anno, si invertirebbe la traiettoria del debito riportandolo al livello in cui era nei decenni antecedenti la recessione.

Nessuno dei candidati alla presidenza ha delineato un piano o manifestato una volontà di invertire l'aumento previsto del debito nazionale, ma dovrebbe essere una priorità assoluta per chiunque entri alla Casa Bianca il prossimo anno. Dato l'urgenza di un intervento per scongiurare lo scenario peggiore, non ci sono scuse per temporeggiare oltre.

(Traduzione di Francesca Novajra)
Martin Feldstein è professore di economia
all'Università di Harvard e presidente
emerito del National Bureau of Economics Reserch
© 1995-2016 Project Syndicate

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