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Verso il referendum tra passi indietro, pericoli e acrobazie

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Verso il referendum tra passi indietro, pericoli e acrobazie

Come al solito in Italia si confondono le acque e la gente. Un esempio è il referendum sulla Costituzione che deriva dalla volontà del Governo Renzi-Boschi di mettere mano alla Costituzione per fare una riforma pasticciata (provatevi a leggere l’art.70, quello che sostituisce il vecchio «La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere», non ci si capisce nulla) e che esprime solo la volontà di egemonia di Renzi. Il bello è poi – si fa per dire – che Renzi prima ha detto che se avessero vinto i no al referendum si sarebbe dimesso e poi, vista la malaparata, ha cambiato idea dando la responsabilità all’ex presidente della Repubblica Napolitano, secondo lui il vero padre della riforma. Non bastasse, ecco che il nuovo “allenatore” del centrodestra Stefano Parisi, indicato da Berlusconi, dice che voterà no ma che subito dopo bisognerà eleggere un’assemblea costituente per riformare la Costituzione. Ma che si scherza? Il popolo alla fine non si farà prendere in giro da questi politici e voterà un no bello tondo come è già accaduto per una riforma del genere voluta dalla coppia Berlusconi-Bossi sconfitti da Prodi. Finiamola con questi giochini, ci sono problemi più importanti come il fatto che non circolano i soldi e la gente è più povera.

Alfredo Neri - Livorno

Che la situazione sia complicata non c’è dubbio. Ma bisogna discutere nel merito (questo giornale sta presentando e spiegando tutti i diversi punti di vista) ed evitare la personalizzazione dello scontro. Vero che Renzi (a mio avviso sbagliando) ha legato ai risultati del referendum sua permanenza in politica. Poi ha cambiato idea (secondo me è meglio così) e il fatto che Napolitano sia stato il primo motore della riforma è incontestabile. Quanto alla posizione di Parisi, essa è effettivamente acrobatica, ma intende evitare un “no” oltranzista e personalizzato su Renzi per non lasciare il centrodestra riformista che verrà in un angolo. Nel merito, non mancano punti oscuri e\o negativi. Sarebbe stato meglio abolire del tutto il Senato, per fare un esempio? Forse sì. Ma non cambiano i poteri del premier e un processo legislativo più definito e certo nei tempi, assieme al ritorno nei poteri dello Stato di materie come la politica energetica e le infrastrutture, sono dati positivi, la svolta attesa da tutti, compresi quelli che stanno pagando il prezzo della crisi. Sarebbe peggiore il “giochino” per cui torniamo alla casella di partenza, alla posizione-zero nella quale il Paese, nella sua transizione incompiuta, è intrappolato da decenni.

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