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Effetto Brexit sul terzo settore

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Europa

Effetto Brexit sul terzo settore

  • –Elio Silva

Come tutta l’industria dei servizi finanziari, così anche il settore della finanza etica e degli investimenti sostenibili si sta interrogando sugli scenari aperti dal voto della Gran Bretagna per l’uscita dall’Unione europea.

A prima vista gli interrogativi potrebbero apparire superflui, considerato che il trend di crescita di questo specifico segmento è particolarmente robusto e, soprattutto, è sostenuto da un livello di consapevolezza crescente da parte degli investitori. Gli asset sostenibili o a impatto sociale già oggi presenti nei grandi portafogli sono stimati in poco più di 60 miliardi di dollari a livello mondiale, ma le attese sono per un valore dieci volte superiore nell’arco dei prossimi dieci anni, sulla base del fatto che i gestori di patrimoni, soprattutto istituzionali, stanno maturando una sensibilità diversa rispetto al passato intorno alle emissioni che sono in grado di coniugare un soddisfacente ritorno finanziario e una sostenibilità ambientale e sociale a lungo termine.

Anche se tutto ciò è vero, tuttavia, gli interrogativi non mancano, per almeno tre diverse ragioni. In primo luogo va tenuto presente che la finanza etica, o sostenibile che dir si voglia, pur con strategie e obiettivi tendenzialmente più complessi rientra a pieno titolo nelle dinamiche dei mercati finanziari, cui dunque non può dirsi estranea. Inoltre, Londra è la piazza più importante a livello continentale sia per i volumi trattati, sia per le competenze, le formule e le esperienze maturate sul campo. Ultimo, ma non irrilevante fattore da considerare è il fatto che molti degli standard, o benchmark, o criteri utilizzati sono di matrice europea, o comunque rilasciati da istituzioni collegate alla Ue.

Che cosa può accadere, dunque, nel prossimo futuro? «Per gli investimenti a impatto sociale non prevedo grandi cambiamenti», rassicura Rodolfo Fracassi, Cfa Director di MainStreet Partners, una società indipendente di consulenza finanziaria che dal 2008, nel centro di Londra ma con radici italiane, opera al servizio di grandi investitori, banche e fondi, con l’obiettivo di “sposare” obiettivi sociali e ambientali con soddisfacenti ritorni finanziari. «Noi – spiega - investiamo esclusivamente in attività che realizzano un impatto positivo e misurabile sulla società e sull’ambiente. Queste attività hanno rendimenti magari più modesti, ma profili di rischio significativamente più bassi rispetto ai prodotti finanziari tradizionali. La variabile Brexit, quindi, non può influire più di tanto».

«Per fare qualche esempio concreto – continua Fracassi – abbiamo investito nella principale banca per il microcredito in Indonesia, in società di parchi eolici nel mare del Nord, in un’azienda leader in Brasile nel campo dell’educazione via Internet, in una catena di ospedali privati per i meno abbienti in India e, per quanto riguarda l’Inghilterra, in società di social housing per persone disabili. Monitoriamo attentamente il rischio politico, ma al netto di questo siamo ragionevolmente ottimisti sulle prospettive e continuiamo a ritenere Londra una postazione centrale per svolgere il nostro lavoro in modo responsabile ed efficiente».

C’è, però, anche chi si dichiara pronto ad esaminare eventuali strategie alternative. È il caso di Standard Ethics, un’agenzia indipendente di rating di sostenibilità che opera al servizio delle imprese, valutando le performance sociali, ambientali e di governance (comunemente riassunte nell’acronimo Esg) secondo linee-guida e raccomandazioni provenienti principalmente da Ocse ed Unione europea. Anche Standard Ethics ha matrice italiana ma quartier generale a Londra. Per Filippo Cecchi, responsabile dell’area Public affairs e comunicazione, «da un lato la finanza è globale, le persone si spostano ovunque e le imprese si muovono su ogni mercato. Dall’altro però la nostra agenzia è portatrice di valori europei attraverso le proprie valutazioni. Una riflessione più approfondita verrà fatta quando saranno noti i termini dell’accordo tra le parti per la Brexit e, probabilmente, la nostra scelta non si giocherà su questioni pratiche, ma sulla coerenza con i princìpi dell’Unione europea, che Standard Ethics stessa cerca di promuovere con il proprio modello di rating».

Come dire che, se il business in quanto tale non è a rischio, anzi sembra destinato a proseguire nel trend di crescita, andranno però considerate le implicazioni valoriali sulle strategie degli operatori che fin qui hanno fatto perno su Londra per la diffusione degli standard di investimenti etici e sostenibili.

elio.silva@ilsole24ore.com

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