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Non ci sono soluzioni semplici al problema delle nostre pensioni

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Non ci sono soluzioni semplici al problema delle nostre pensioni

La Banca centrale tedesca, come ha riferito Il Sole 24 Ore il 17 agosto, ha chiesto un graduale innalzamento dell’età pensionabile con l’obiettivo di portarla entro il 2060 a 69 anni. E questo nonostante i progetti del governo di Berlino prevedano già ora, ma con l’obiettivo del 2029, che i tedeschi dovranno lavorare fino a 67 anni. Anche in Italia si parla di riforma delle pensioni, ma con l’obiettivo di rendere possibile un anticipo del pensionamento accettando una riduzione delle rendite. Ma perché, in Germania come in Italia, non si rende il sistema totalmente flessibile? Si va in pensione quando si vuole e si riceve una rendita commisurata ai contributi versati. In questo modo il sistema diverrebbe sicuramente sostenibile e la politica non dovrebbe più interessarsene per i propri fini propagandistici ed elettorali. E liberando posti di lavoro si potrebbero dare maggiori opportunità ai giovani.
Giorgio Finardi

Gentile Finardi, la sua proposta sarebbe attuabile con due condizioni: in primo luogo se il sistema fosse già ora a capitalizzazione, cioè se ogni lavoratore avesse versato nella sua vita lavorativa tutti i suoi contributi a un fondo pensione, e in secondo luogo se si trovasse il modo di garantire le rendite ai milioni di pensionati che ora sono a carico degli enti previdenziali, in particolare dell’Inps. Così non è. Il sistema attuale vede la pensione di base garantita da un sistema a ripartizione per cui i contributi che vengono versati dai lavoratori sono utilizzati per pagare immediatamente le pensioni a chi ne ha diritto. E la spesa per le prestazioni sociali in Italia raggiunte il 20% del Pil e solo per tre quarti è coperta dai contributi sociali.

Tutti i sistemi pensionistici hanno bisogno di continui aggiornamenti sia per i grandi mutamenti demografici, sia per i significativi cambiamenti che avvengono nel mondo del lavoro. Basti pensare che in Italia l’aspettativa di vita supera ora gli 80 anni per gli uomini ed è vicina agli 85 anni per le donne: l’aumento dall’inizio del secolo, in soli quindici anni, è stato di tre anni per gli uomini e di poco più di due per le donne. Con un correlato miglioramento delle condizioni di vita e di salute. Sul fronte del lavoro poi si entra in media a età più avanzate non solo per le difficoltà di “trovare un posto”, ma anche per l’allungamento sicuramente positivo dei percorsi di istruzione.

È peraltro tutt’altro che scontato il fatto che pensionamenti più facili possano automaticamente aumentare i posti di lavoro per i giovani. Questi possono infatti crescere se le imprese sono dinamiche e competitive e se possono svilupparsi in un contesto favorevole: non va in questa direzione quell’aumento dei contributi e quella maggiore pressione fiscale che sarebbero necessari per compensare i maggiori oneri sul bilancio pubblico derivanti da una sempre più ampia divaricazione tra l’età del pensionamento e l’aspettativa di vita.

Ogni riforma delle pensioni deve comunque tener conto di molti fattori. Per la politica è uno dei temi più complessi: anche perché è sempre molto forte la tentazione di scelte di breve periodo destinate più che ad affrontare realisticamente i problemi, a far guadagnare (o non perdere) consensi in vista delle elezioni.

g.fabi@ilsole24ore.com

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