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Investire in prevenzione strada obbligata per ripartire

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L'Editoriale|SVILUPPO E TERRITORIO

Investire in prevenzione strada obbligata per ripartire

La tragedia del terremoto nell’area tra Rieti, Ascoli Piceno e Perugia suscita anzitutto partecipazione al dolore delle popolazioni colpite. È un sentimento autentico perché gli italiani in questi momenti drammatici si uniscono e lo dimostrano con la solidarietà concreta dei soggetti istituzionali preposti alle emergenze, quella dei volontari, quella degli operatori dell’economia (imprese, banche e sindacati), quella delle associazioni comunitarie religiose e non. Sono solidarietà nobili che contribuiscono a superare l’emergenza e che ci richiamano alle priorità e alle responsabilità.

E qui si riapre, ancora una volta, il grande libro di quanto fatto e non fatto con molti capitoli di analisi e di azione. Tra questi vi sono quelli sulle eventuali responsabilità e colpe, che non dovrebbero essere intonate al sensazionalismo, quelli di indennizzare al meglio chi ha subito danni, quelli di puntare su sistemi per prevenire o mitigare gli eventi catastrofali e le loro conseguenze. Di questi ci interesseremo con due tonalità, una storica e l’altra prospettica, parlando spesso di cifre per spiegare (pur prescindendo dal valore della vita umana) come la prevenzione costerebbe mediamente meno degli interventi ex post.

In Italia ci sono serie analisi anche se non sempre i dati collimano. Tra queste vanno menzionate quelle condotte dal Cnr insieme a Ingv e a un consorzio universitario con il supporto di Fondazione Generali, quelle di Ance, di Cresme, di Cni alle quali ci riferiremo nel seguito senza un riferimento puntuale.Si stima che quasi sei milioni di cittadini siano esposti a rischi idrogeologici e 22 milioni a rischi sismici e che nei circa 70 anni del dopoguerra fino al 2012 il danno prodotto da terremoti, frane e alluvioni abbia superato in Italia i 240 miliardi di euro attualizzati, ovvero una media di 3,5 miliardi all'anno. Si stima altresì che ogni 5 anni si verifichi in Italia un sisma disastroso. Dal 1968 al 2012 il totale di costi per le finanze pubbliche (comprese alcune previsioni di spesa) ammonta a 121 miliardi attualizzati per gli interventi di ripristino conseguenti i 7 terremoti più gravi, tra i quali ci interventi che potrebbero durare 50 anni. Emerge così anche la distinzione tra ricostruzioni efficienti e situazioni incancrenite. Né va dimenticato che tra i costi collettivi permanenti degli eventi catastrofali vi è un'accisa sui carburanti introdotta nel 1963 e che nel triennio 2010-2012 ha dato un gettito di 17,5 miliardi utilizzati (ma non bastanti) per la gestione e ricostruzione ex post di 5 terremoti e 3 eventi idrogeologici.

La prevenzione.
Di fronte a queste impressionanti cifre si pone un serio problema per le finanze pubbliche che in Italia sono sempre sotto vigilanza stretta. Se si effettua un calcolo di costi e benefici (prescindendo dal danno di perdita di vite umane) dati Usa indicano che 1 euro investito in prevenzione fa risparmiare 4 euro di costi per ricostruzione, con differenziazioni che dipendono dalla tipologia dell'intervento preventivo. Altre stime arrivano anche a un rapporto molto maggiore per l'Italia, su cui tuttavia aspettiamo conferme dalla citata ricerca del Cnr.In Italia si fanno interventi di prevenzione che data la rischiosità sismica e idrogeologica del nostro Paese appaiono largamente insufficienti e, per lo stesso motivo, sono assolutamente necessari a cominciare dalla costruzioni con criteri antisismici e dalla diffusione della consapevolezza del rischio tra le popolazioni. Anche perché ci sono catastrofi che causano danni e morti anche come conseguenza delle edificazioni più o meno abusive in zone a rischio. Certamente questo non è il caso di centri urbani con millenni di storia e con riferimento ai quali gli interventi dovrebbero, a parità di rischio, essere prioritari anche per preservare un patrimonio artistico e architettonico unico al mondo .Come ha ben argomentato ieri Giorgio Santilli su queste colonne, la prevenzione deve essere fatta su almeno due filiere: quella degli investimenti pubblici, anche con fondi europei; quella con incentivi ai privati. Sotto il primo profilo si argomenta che i fondi disponibili per interventi di messa in sicurezza del territorio vengono investiti con grandi ritardi e per importi inferiori agli stanziamenti a causa delle nostre barriere burocratico-normative. Sotto il secondo profilo concordiamo con Realacci che l'allargamento dell'ecobonus del 65% alle opere immobiliari antisismiche a livello di condominio (e noi aggiungeremmo di quartiere o di comune) sarebbe molto importante. Dovrebbe inoltre essere ripreso il percorso verso un sistema assicurativo con garanzia dello Stato contro le catastrofi che non esiste in Italia, a differenza di altri Paesi, e che ha perso slancio negli ultimi tempi dopo le proposte seguite al terremoto emiliano del 2012 e alle diffuse alluvioni del 2014.

I vincoli.
Arriviamo così ai vincoli europei e italiani di finanza pubblica convinti che le spese di investimento dovrebbero trovare nella normativa e nella prassi europea un New deal. Per gli eventi catastrofali, le regole della Ue stabiliscono che il Paese colpito possa avere temporaneamente più flessibilità di bilancio per fronteggiare l'emergenza, mentre non sono concesse ex ante delle flessibilità per investimenti di prevenzione. L'assurdità di questo criterio è resa evidente dal fatto che la prevenzione può salvare vite umane. Né si può valutare come contributo dell'Europa alle emergenze l'utilizzo del modesto Fondo di solidarietà costituito dal 2002. Comunque si giri il problema si ritorna sempre al punto di partenza. Senza una massiccia politica di investimenti infrastrutturali ecocompatibili l'Europa non proseguirà nella sua costruzione. Il Governo italiano farà la sua parte ma non avrà un compito facile in Europa perché alle deroghe fiscali per questo terremoto seguiranno ben presto i richiami al rigore. La battaglia deve perciò essere continuata su un piano alto: quello della crescita o del declino dell'Europa.

Una conclusione.
Rimanendo alla prevenzione degli eventi catastrofali la linea politico-istituzionale italiana dovrebbe anche travalicare gli schieramenti politico-partitici e quindi governativo-parlamentari che si succedono nel tempo, fissando come una costante non solo la tutela delle vite umane ma anche quella della nostra identità storico-culturale espressa da centri urbani ed opere d'arte con millenni di storia .

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