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Ancora solo parole generiche

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L'Editoriale|SCARSA TRASPARENZA

Ancora solo parole generiche

Chi ritiene che parlare senza dir nulla sia un'arte sicuramente considererà una grande artista la presidente della banca centrale americana Janet Yellen, che ancora una volta ha parlato di politica monetaria senza dare alcuna informazione rilevante sulla strategia dei prossimi mesi. Il dovere di una banca centrale dovrebbe essere quello di esplicitare prima ed essere chiamata a rispondere poi dei suoi obiettivi e dei suoi strumenti. Se però l'assetto istituzionale è debole, il banchiere centrale può esercitare il suo mandato con un eccesso di discrezionalità. È quello che continua a fare la Fed della Yellen.Ieri le parole della Yellen erano molto attese; la presidente aveva l'ennesima occasione di assolvere il primo compito di un banchiere centrale: essere trasparente. Dovere ancor più cogente se a parlare è chi gestisce il dollaro, ancora la più importante moneta.

E per l’ennesima volta tale dovere è stato disatteso, su più di un fronte. Innanzitutto il banchiere centrale deve legarsi le mani sugli obiettivi. La funzione di una banca centrale è quella di stabilizzare il ciclo economico, e impone di chiarire quali sono i bersagli macroeconomici che orientano la strategia complessiva di politica monetaria.
Nel caso della Fed, il cui mandato prevede di tutelare la crescita economica e la stabilità monetaria, la Yellen dovrebbe esplicitare quali variabili economiche rappresentano la bussola, rispetto a cui orientare e far giudicare l’operato della banca centrale. Non basta dire che «l’economia americana è vicina agli obiettivi della Fed»; occorrono numeri, non chiacchiere. Sappiamo solo che la stabilità monetaria coincide con una crescita dei prezzi al consumo del 2%,. La definizione è al contempo parziale, incompleta e omissiva.

È parziale, dato che trascura di spiegare perché l’obiettivo della crescita dei prezzi debba continuare ad essere lo stesso del periodo che ha preceduto la Grande Crisi del 2008, e invece non debba essere maggiore, oppure diverso. Il tema è stato solo sfiorato dalla Yellen. Allo stesso tempo è una definizione incompleta, perché una banca centrale con un mandato duale – come la Fed – non può continuare a non esplicitare quale sia il target in termini di crescita economica. In tutti i Paesi avanzati intenso è il dibattito su quale sia il profilo atteso della crescita economica e della produttività. Anche in questo caso la Yellen ha toccato la questione, esplicitando un consenso – ma subito chiarendone la natura istantanea e non vincolante. Infine la definizione è omissiva, in quanto sostanzialmente trascura di esplicitare il ruolo della stabilità finanziaria nell’orientare le scelte generali di politica monetaria. L’omissione è grave, perché trascura una delle lezioni più importanti della Grande Crisi: il rapporto tra dinamica delle grandezze bancarie e finanziarie, a partire dal credito, e le scelte della banca centrale. Tale rapporto era stato all’epoca trascurato, mentre i fatti ne hanno dimostrato la cruciale rilevanza. Oggi qualunque banca centrale deve chiarire qual è il ruolo della stabilità finanziaria, e quali sono le variabili di riferimento; e quali sono i rapporti tra politica monetaria, politica di macro supervisione e politica di micro vigilanza.

Ma la trasparenza deve riguardare anche gli strumenti di politica monetaria. In primo luogo, quale è la regola che guiderà il profilo dei tassi di interesse nei mesi a venire? Prima della Crisi, la Fed aveva definito dei valori di riferimento per il tasso di rendimento reale, nonché per l’inflazione, rispetto a cui la banca centrale modulava i suoi interventi. L’assenza degli obiettivi macroeconomici si riverbera negativamente anche sull’incapacità di definire una regola per i tassi di interesse (che sarebbe comunque flessibile rispetto all’andamento del ciclo economico). Inoltre una regola sui tassi di interesse sarebbe compatibile anche con livelli negativi dei tassi stessi. Invece la scansione del possibile profilo dei tassi continua ad essere a singhiozzo; affermare che le probabilità di un rialzo dei tassi sono aumentate è come dire che oggi l’arrivo del prossimo Natale è più probabile di ieri.
Anche il tema dei tassi di interesse negativi non viene approfondito, mentre uno spazio ampio è dedicato alla facoltà – ottenuta dalla Fed grazie alla Crisi – di pagare rendimenti positivi sulle riserve bancarie. Di tale facoltà vengono decantati i pregi in termini di efficacia della politica monetaria quando – quando? – inizierà il percorso di normalità. Ma i medesimi risultati si possono ottenere (e con minori costi per lo Stato) con un efficace uso di coefficienti non remunerati di riserva obbligatoria.

Analoga ambiguità si riscontra nella definizione delle misure correlate alla dimensione e alla qualità del bilancio della Fed. Rispetto alla situazione pre-Crisi, oggi il bilancio ha dimensioni eccezionali e un profilo di rischiosità meno prevedibile. Quale sarà la politica della Fed rispetto a tale problematica? Il tema della sostenibilità del bilancio Fed è molto meno tecnico e contabile di quello che può apparire. La Yellen lo tocca, ma omettendo gli aspetti più rilevanti. La credibilità di una banca centrale è anche legata alla sua indipendenza finanziaria dalla politica, e a sua volta la capacità di una banca centrale di stampare moneta, quindi di indebitarsi, non è infinita, a meno che non si pensi che chiunque sia disposto sempre e comunque ad accettare carta in cambio di cedere i suoi beni e i suoi servizi. L’indipendenza finanziaria della Fed non è alta, e potrebbe abbassarsi ulteriormente, se nel Senato americano andranno avanti le iniziative che riducono l’autonomia della banca centrale di gestire la sua profittabilità e il suo capitale. Ma una simile discussione mal si concilierebbe con l’atteggiamento di una banca centrale che sta galleggiando, in attesa di sapere a novembre chi sarà il prossimo presidente Usa. Quindi, anche sul bilancio, sì parole, ma – come al solito – vuote.

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