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il ministro dello sviluppo

Calenda: «Tempi più incerti, ma il Trattato alla fine si farà»

Carlo Calenda (Ansa)
Carlo Calenda (Ansa)

Per il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda la chiusura del negoziato entro la fine dell’amministrazione Obama è ormai «altamente improbabile, come peraltro avevo detto già due mesi fa». Anche l’Italia alza bandiera bianca dunque?. «Per nulla: il Trattato si farà, è troppo importante per non chiuderlo. Anche se, ovviamente, i tempi sono molto più incerti». Questo è piuttosto il momento delle valutazioni sugli errori fatti, «sia da parte americana che da parte europea», e delle considerazioni sull’occasione persa.

La trattativa sul Ttip poteva essere messa su un binario diverso. «La scelta migliore - sottolinea Calenda - era quella che avevo già proposto quando ho presieduto il Consiglio commercio per sbloccare l’impasse: un primo accordo parziale, sui punti su cui era già stata trovata l’intesa, per poi lavorare sugli altri capitoli facendo del Ttip un living agreement. In questo modo tra l’altro i cittadini europei avrebbero potuto concretamente constatare che ogm, servizi pubblici, diritti, cultura non sono parte del negoziato». Soluzione che non si concretizzò, con gli Usa che misero in coda il Ttip rispetto al trattato con i Paesi del Pacifico (Tpp) e la Commissione testarda nel volere un accordo su tutto o nulla.

Quanto all’esito degli ultimi round negoziali, dice Calenda, «sono d’accordo con il vicecancelliere tedesco Gabriel quando dice che ad oggi l’offerta statunitense è insufficiente e non consente a queste condizioni la chiusura». «Ma è anche vero che l’Europa, ma direi soprattutto alcuni suoi Stati membri, hanno fatto i loro sbagli. C’erano un mandato all’unanimità alla Commissione e poteri per una verifica ampiamente democratica sull’esito del negoziato da parte del Consiglio, del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali , ma nonostante questo alcuni governi hanno assecondato una campagna di opposizione fondata su una serie di false informazioni e di pregiudizi ideologici».

Secondo Calenda la battaglia contro il Ttip è diventata una battaglia contro tre grandi “nemici”, la globalizzazione, l’economia di mercato e gli Stati Uniti, senza che la Ue riuscisse a spiegare all’opinione pubblica che invece il Ttip rappresenta l’occasione storica «per l’Occidente per riprendere in mano il timone della globalizzazione» con la creazione di un’area di libero scambio fondata su standard elevati che, integrata con l’area del Pacifico coinvolta nel Tpp, coprirebbe il 60% del Pil mondiale. «Per l’Italia, particolarmente penalizzata da dazi e barriere non tariffarie, gli Usa sono il primo mercato per potenziale di crescita dell’export. Anche per questo il Ttip rimane per noi la priorità di politica commerciale».

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